.
OBITUARY

Scompare Willie King, grande del Delta blues e voce dei poveri del Mississippi

È mancato, improvvisamente, alle due del pomeriggio di domenica 8 marzo scorso Willie King uno degli ultimi alfieri del Delta blues. È una notizia inaspettata che ha sconvolto tutto il modo del blues, me compreso. Willie King cantante e chitarrista molto attivo nel movimenti per i diritti civili degli afroamericani, è scomparso stroncato da un attacco di cuore nella sua casa di Old Memphis in Alabama. Aveva solo 65 anni. Il suo compleanno sarebbe caduto di lì a pochi giorni, il 18 di marzo. Ho conosciuto Willie qualche anno fa in Mississippi e mi aveva colpito per la sua grande semplicità che sapeva trasformarsi in forza leonina una volta imbracciata la sua chitarra. Sul palco tutta la sua rabbia nel denunciare i soprusi subiti dalla povera gente di colore che ancor oggi vive nelle baracche del Sud diventava, attraverso le corde del suo strumento e attraverso la sua voce potente e decisa, un colpo al cuore dell’establishment bianco divorato dalla cupidigia e dall’indifferenza. Willie King era l’incarnazione vivente del blues più autentico e incontaminato. Quel blues che ancora oggi si suona nei juke joint sperduti tra i campi di cotone. Lì l’aveva scoperto qualche anno fa Martin Scorsese che ne aveva fatto uno dei protagonisti del suo “Dal Mali al Mississippi” celebre primo episodio della serie di film da lui curati e dedicati al blues. Quell’incontro diede una svolta epocale alla carriera di Willie che si ritrovò, lui schivo contadino di una striscia di terra che divide l’Alabama dal Mississippi, protagonista assoluto dei palchi blues di tutto il mondo. La relativa fama non l’aveva cambiato.

Willie King e Fabrizio Poggi

Il giorno che lo incontrai mi disse che era contento di portare la sua musica in giro, ma non gli piaceva viaggiare. Quello che gli piaceva davvero era suonare per la sua gente, come aveva sempre fatto. Per loro Willie suonava tutti i weekend al Bettie’s Place, un locale scalcinato diventato mitico grazie a King e alla sua musica. Un locale dove lui suonava per pochi. E andava bene così. Il blues è anche questo.

Per la sua gente Willie aveva messo su un festival a Freedom Creek, un piccolo evento che gli serviva per raccogliere fondi da destinare alle famiglie più povere. Nella sua musica c’era il suono ipnotico di Howlin’ Wolf e John Lee Hooker ma nelle sue parole c’era la denuncia pacata, ma non per questo meno ferma e decisa, che diventò rombo di tuono nei discorsi di John Brown prima e Martin Luther King poi. Anche Willie aveva un sogno. Magari più piccolo di quello del suo omonimo reverendo. Quando l’ho incontrato per l’ultima volta in Mississippi (e non sapevo che quella sarebbe stata davvero l’ultima volta) mi è sembrato di scorgere sul suo viso e nel luccichio dei suoi occhi, qualcosa che non avevo notato prima. Qualcosa che mi appariva sotto la forma del sorriso di un uomo ha capito di essere sempre stato sulla strada giusta accanto agli ultimi di quella terra, dove cotone e blues regnano sovrani. E allora oggi, giorno di tristezza infinita, una sola cosa consola la mia anima, il pensiero che Willie se ne sia andato, forse, felice. Felice per tutto ciò quello che aveva fatto nella sua vita per aiutare e consolare chi ne aveva bisogno. Con la sua chitarra. Con il suo blues.

Fabrizio Poggi



.
.

eXTReMe Tracker