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Esclusivo per il popolodelblues.com:
Page e plant di nuovo insieme dal vivo

Introdotti da Ahmet Ertegun, l’ottantacinquenne presidente della Atlantic Records che li ha descritti come “due dei più influenti musicisti bianchi della loro generazione ad aver aperto le porte al blues e al rockabilly della Sun record di Memphis degli anni cinquanta”, Jimmy Page e Robert Plant, l’anima dei Led Zeppelin, si sono riuniti sul palcoscenico della 35esima edizione del festival jazz di Montreux, a quasi 4 anni di distanza dalla loro ultima esibizione comune e dopo molte dichiarazioni di amore e odio l’un per altro. E dalle prime note di “Good Rockin Tonite” di Roy Brawn, targata 1948, è stato subito chiaro che i due,accompagnati da Ian Jennings e Jack Good non erano nella amena località turistica francese solo per far piacere al vecchio Ertgun e a Claude Nobs, amico e patron del festival dalla prima edizione.
Page, soprattutto lui, aveva ristudiato bene la lezione e ha affrontato classici e non con il suo unico stile chitarristico miscelato a una sapiente dose di citazioni e passaggi obbligati. Sono così scorse tra gli applausi di un pubblico cosciente di assistere a un evento unico nel genere- almeno per questo anno i due non hanno in programma altri spettacoli e mai più di questo tipo!- “That’s all right Mama” e “My Baby Left Me” del texano nero Arthur “big Boy” Crudup”… uno al quale tutti dobbiamo qualcosa ma del quale troppo poco si è detto”, ha introdotto Robert Plant, fino alla conclusiva “Baby, Let Play house”, in cui Page ha licenziato un assolo misto di tecnica, stile, classe e agganci dal passato al futuro che fanno fugare qualsiasi dubbio sul suo stato artistico. Le sorprese più belle sono però state una versione di “How Many More Years” di Chester Burnett, meglio conosciuto come Howlin’ Wolf, che il biondo Robert ha voluto presentare come “… un omaggio a un giovane lupo (Wolf), che prima di scoprire Chicago, già a Memphis andava definendo i rapporti fra rock & roll e blues”. Il brano, suonato in stile downhome, così come lo hanno reso al pubblico svizzero Page e Plant, ha fornito l’occasione ai due per zittire le critiche ancora insistenti sul loro conto da parte di quei maligni che li adducono come “ladri di classici”. Plant ha aggiunto ”…la versione che suoneremo di questo brano ha poche affinità con un’altra versione a noi molto cara (quella del primo album dei Led Zeppelin) ma la dice lunga su quanto sia stato importante per noi Howlin’ Wolf!”. Ma la festa non era finita; nel corto set di 35 minuti i due avevano trovato il tempo di inserire un brano tratto dal repertorio degli Zeppelin e quasi mai, se non mai, suonato dal mai: “Candy Store Rock”, originariamente sul disco “Presence” e introdotto da Robert “… con molte scuse a Johnny Otis”, visti i tanti riferimenti ritmici al jive dei primi Cinquanta portato al successo quell’artista nato in Grecia, ma naturalizzato californiano. Alla fine del set Plant e Page quasi si sono s scusati con il pubblico per il corto show ma la loro apparizione, inattesa e non comunicata ufficialmente se non due settimane prima, ha reso ancora più denso e interessante il programma di una serata dedicata alla Sun records iniziata da una buona esibizione dei Rythm Kings di Bill Wyman con Gergie Fame e Albert Lee in grande forma e terminata con le leggende viventi della Sun records, i chitarristi cantanti Sonnt Burgess e Billy Lee Riley ai quali si è aggiunto il mai troppo applaudito Little Milton. Page e Plant sono stai però i catalizzatori dello show e hanno lasciato un segnale preciso ai molti giovani presenti: guardare avanti conoscendo bene le proprie radici. La legacy dei Led Zeppelin è apparsa intatta e questa è una buona notizia per tutti, ed è soprattutto pronta a spiccare nuovamente il volo


Ernesto De Pascale

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