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Crosby Stills Nash live in Lucca
Entrano sul palco come se non si fossero mai incontrati prima e Stills guida subito Crosby, Nash e tutta la band in una sicura e rockeggiante “Carry On”. Inizia così un concerto di due ore e trenta caratterizzato dai cavalli di battaglia dei tre ma che ha dato modo a Stephen Stills di presentare alcuni brani dal suo nuovo album e a David e Graham di rinverdire il fresco ricordo dell’album da loro pubblicato lo scorso novembre. I tre hanno una band mista alle spalle, Stills si è portato appresso i fidi Joe Vitale alla batteria e lo straordinario hammondista Mike Finnigan (suona in “Electric Ladyland” di Hendrix, per inciso) mentre Crosby ha al suo fianco Jeff Pevar che supplirà all’andamento erratico di Stills e il figlio, Raymond, sempre abile a seguire brani più armonicamente complessi.
Per tutta la durata del concerto gli occhi sono soprattutto puntati su Stills, quello che da più tempo manca da queste parti. Nash e Crosby paiono consapevoli che resta lui, l’energia irrazionale e il talento incommensurabile dei tre, la carta che fa la differenza. Stephen è lento a mettersi in moto: parte bene ma ha, nella sua amabile imprevedibilità, problemi di tutti i tipi, oltre a difficoltà nel cantare.
Dall’album solista Stills si riscatterà con il bel blues al piano di “Ol’Man trouble” (scritta da Booker T) mentre Crosby e Nash si alternano proponendo con classe “Southern cross”, la rispolverata “Mlitary Madness” (già reinserita nella scaletta invernale del tour in duo), fino a ritrovarsi in tre in “Find the coast of freedom” (manca una voce, peccato…) per ripartire poi con “Chicago” che prende nuove motivazioni. È il finale a riservare i momenti migliori con ”Almost Cut my Hair” davvero grande in cui Stills, Pevar e Finnigan si scambiano gli assoli inseguendosi. Fa riflettere la figura di Graham Nash: una volta ammesso alla corte americana dei nostri, oggi comandante della nave a tutti gli effetti: una rivincita fra inglesi o americani o solo i tempi che cambiando,riscrivono le dinamiche dell’esistenza?
Ernesto de Pascale
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