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The Black Crowes feat. Drive By Truckers - Robert Randolph & The Family Band

The Black Crowes feat. Drive By Truckers - Robert Randolph & The Family Band
12 Agosto 2006 Red Rocks Amphiteathre, Denver.

An epic night of jam, music and southern roots...




La venue del Red Rocks Amphiteatre ha ospitato l'ultima data del tour estivo dei Black Crowes, un tour i cui spettacoli sono stati aperti dalla esibizione dei Drive By Truckers e da Robert Randolph & The Family Band.
Alle 19 precise, la struttura, che si riempie tutta, viene investita da un "Hawyaduuinnnmaderfackers?" che viene urlato a squarciagola da uno scatenatissimo Patterson Hood ed eccoli qui, i Drive By Truckers.

Aprono con "Lookout Mountain" (dal magnifico Dirty South) e le note investono tutti noi con una violenza inaudita. Assistere ad uno show dei Drive By Truckers è come vedersi piombare un caterpillar nel tinello di casa la sera di Natale.
I successi ci sono tutti, nessuno escluso, tenendo presente che suoneranno per un'ora ininterrotta vedendo unirsi a loro sul palco anche il chitarrista dei Black Crowes ed un paio di amici della crew per un infuocato finale a 6 chitarre. Si intuisce, lo si capisce a pelle, che questa Band ha il mood giusto, ha le giuste note nelle mani.
Cinque ragazzi che cantano il sud, che lo urlano, che lo suonano passandosi di mano in mano una bottiglia di Jack Daniel's a cui si attaccano quasi a voler chiedere più rabbia, più bruciore. A dispetto delle regole perbeniste di una america a volte così ipocrita da ubriacarsi bevendo da anonimi bicchieri di carta riempiti di nascosto.
Chi è qui apprezza queste cose, apprezza sentirsi dire le cose come stanno nella maniera più diretta. Non dimentichiamo che siamo nella giovane e democratica Denver dove tutto è assolutamente laid back.
Oggi ci sono giovani e meno giovani. Fans dei Black Crowes e vecchi hippies che vengono a passare una serata di good vibrations ma si capisce perfettamente che l'attenzione di quasi tutti è puntata su questi figli della Georgia che vivaiddio non hanno vergogna di dichiarare la loro ammirazione per il southern rock dei Lynyrd, una ammirazione che prescinde lo stile, che lo sorpassa e lo rinnova.
La rabbia dei Drive by Truckers non nasce nella iconografia del sud che tutti noi abbiamo imparato.E’ fatta di storie di provincia ma non è la provincia della "sweet home alabama": è la provincia dei bar & grill al cui ingresso c'è la lista dei giovani attualmente in guerra, è fatta di sguardi senza speranza, di occhi annichiliti dalla tv e di sabati sera passati da Applebee's. Da qui nasce la rabbia che questi giovani ci stanno vomitando addosso in questo meraviglioso pomeriggio di agosto in Colorado. Se questa è la strada del futuro del Southern Rock, i Drive By Truckers l' hanno imboccata a piena velocità.
Dopo i Drive by Truckers è la volta di Robert Randolph & The family Band:

vedi questo gigante salire sul palco vestito con una maglia dei Metz e ti chiedi “cosa ci fa qui un rapper?”, ma appena si siede sulla pedal steel guitar capisci che quel ragazzo ha un dono di Dio proprio nelle mani e lui lo sa bene: suona e sviscera note da quello strumento e più volte alza gli occhi al cielo quasi a voler ringraziare Dio dell’essere finito su quel palco e non magari in una gang. La Family Band è una macchina funky a cui è difficile resistere. Non vengono fatte eccezioni, si parte dal suo successo “I need love everyday” e si finisce con “Don’ Stop till you get enough” di Michael Jackson per poi concludere in bellezza con una Voodoo Chile durante la quale Robert Randolph sembra quasi chiedere se lassù in alto vi sia qualcuno ad ascoltare.
Ottima performance anche se a volte il vigore non è tutto, soprattutto quando non c’è una propria indipendente e fertile ispirazione compositiva. Speriamo davvero di vederlo esibirsi in meno cover e più successi personali. Robert Randolph si merita il meglio, è uno che sul palco ci mette davvero l’anima e lo si intuisce dal fatto che ha appena fatto ballare i 9mila del Red Rocks, tutte ma proprio tutte.
Appena vedi i Balck Crowes salire sul palco ti chiedi se hai per caso usato una macchina del tempo e sei tornato indietro di 30 anni, se sei durante le riprese di almost famous o se invece quei ragazzi sul palco hanno rubato i vestiti agli zii. Vedere Chris Robinson con la barba lunga a mò di messia muoversi come Robert Plant fa questo effetto.

La prima reazione è infatti quasi di divertimento, quasi a voler dire “vediamo un po’ questi Alighiero Noschese della Georgia” cosa sanno fare, ma poi il sound cresce, le canzoni non sono male. L’esecuzione è perfetta, il mood pure. Si capisce che quello che in un primo momento poteva essere preso per semplice spirito di emulazione, per il divertimento dei fratelli Robinson, pian piano diventa musica vera, reale, presente.
E presente è tutta la Band, eseguendo alla perfezione una setlist che ripercorre tutti i loro successi, da Waiting Guilty che apre il concerto fino alla immancabile Remedy con cui chiudono passando per una bella cover di It Takes a Lot to Laugh It Takes a Train to Cry . Il concerto diventa talmente bello che ti dimentichi dei vestiti degli zii, di Plant, degli Stones e degli Allmans: resti lì fermo a goderti queste canzoni che vengono eseguite con un calore tale che ben presto il concerto, complice l’incantevole scenario, assume i toni dell’epico.

Ottimo concerto insomma. Il segreto per goderseli è quello di non chieder loro nulla di più se non sudore, sangue e ottimo groove (e non è mica poco!): se è questo quello che chiederete, statene certi che i Black Crowes vi sapranno ricompensare.

Giovanni de Liguori

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