Etta’s voice is built to last forever, no matter what she sings.

Ogni disco di Etta James è una sorpresa: l’irrequieta, musicalmente parlando, cantante alterna album dal vivo, dischi di blues a tributi alle grandi cantanti jazz (Billie Holiday) a scadenza annuale.
Questo nuovo album si contraddistingue per una scelta tanto intrigante quanto azzardata di brani senza un apparente legame fra di loro: ‘Purple Rain’ di Prince e ‘Somewhere’ da West Side Story o ‘Calling You’ e lo standard ‘All The Way’ per esempio, ma basta ascoltare la title track per capire che a quasi 70 anni, Etta James è pronta ad accettare la sfida di lasciare che sia la sua voce a creare un filo conduttore emozionale fra le canzoni che compongono l’album. In ‘Holding Back The Years’ dei Simply Red sembra di ascoltare un brano di Isaac Hayes, nel lungo blues ‘Strung Out’ di Johnny “Guitar” Watson, Etta sembra essere sul palco, dal vivo, libera di esprimersi e di lasciarsi andare così come nella sua interpretazione di ‘It’s a Man’s Man’s Man’s World’, che acquista una forza ed un valore del tutto diverso cantata da una donna.

Per contro le versioni di ‘Imagine’ e di ‘Somewhere’ risultano anonime e poco convinte nelle quali la voce della cantante di Los Angeles non riesce ad “uscire”, a prenderti e stringerti forte a sé. ‘Purple Rain’ viene privata della sua ruvidezza originale acquistando un sapore più prettamente blues mentre ‘Calling You’, spogliata di ogni virtuosismo tecnico, viene giocata sull’espressività e la profondità della voce di Etta James, mai così penetrante.

‘All The Way’ è un disco di una cantante non sempre supportata da una scelta di canzoni ed arrangiamenti che lasciano troppe responsabilità alla sola voce, una voce che continua ad arrivare dritta al cuore.

Jacopo Meille