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Gorillaz – The Fall
thefall.gorillaz.com

Recorded on an I-Pad during the last world tour, The Fall is merely a stub. But is also the proof that the Gorillaz are still one step before the other so-called alternative bands.

All’interno della dimensione virtuale e apparentemente priva di qualsivoglia pressione esterna dei Gorillaz ogni cosa sembra possibile per Damon Albarn: anche prendere 15 brevi pezzi durante il tour mondiale dei suoi pupazzi tridimensionali, registrarli su un I-Pad e metterli in download su internet.
The Fall è il classico disco disimpegnato, un esercizio di stile da parte del musicista, un regalino ai fan (magari seguendo qualche diktat della casa discografica). Tuttavia dai circa quaranta minuti di ascolto si capisce come la creatività di Albarn sia stata in costante fermento durante il 2010.
Il successo di Plastic Beach era basato sull’elettronica, su collaborazioni importanti (i superstiti dei Clash, Lou Reed) e un sapiente lavoro multidimensionale che includeva – oltre alla musica vera e propria – dei videoclip fantastici e apparizioni ai concerti in 3-D. Qui rimane solo il terreno dell’elettronica, ancora più solcato dalle sapienti mani di Albarn, alla ricerca di quella dimensione che renda i Gorillaz ancora più estranei al mondo reale e ancora più calati in un cyberspazio di suoni e immagini: una band aliena, nel puro senso del termine.
Partiti come band a metà strada tra l’hip hop e il brit rock dei Blur, i Gorillaz di oggi hanno un sapore kraftwerkiano. The Fall è in questo senso l’album realmente più sperimentale di Damon Albarn. Un lungo tappeto di suoni riprodotti da computer, dialoghi, effetti degni di George Lucas e la voce del mentore, priva di ogni emozione, anch’essa uno strumento.
Di The Fall non verranno ricordate grandi canzoni (anche se spiccano Amarillo e il folk etilico – vagamente alla Mick Jagger – di Bobby In Phoenix) ma verrà ricordato il tentativo di Albarn di far veleggiare i suoi pupazzoni verso lidi inesplorati. Se invece di essere l’appendice dell’ultimo disco, The Fall diventasse la prova generale del prossimo potrebbe rappresentare domani un lavoro da riscoprire. Altrimenti resterà un (buon) esercizio di stile.

Matteo Vannacci

Phoner to Arizona
Revolving doors
Hillbilly man
Detroit
Shy-Town
Little pink plastic bags
The Joplin spider
The parish of space dust
The snake in Dallas
Amarillo
The speak it mountains
Aspen forest
Bobby in Phoenix
California & the slipping of the sun
Seattle yodel

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