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Eric Clapton
Me and Mr.Johnson

Questi ultimi 24 mesi resteranno negli annali della musica come quelli in cui più che in ogni altro periodo dai sessanta ad oggi sia stato fatto qualche cosa di veramente propositivo e positivo per il blues dai bianchi. E dopo che perfino Martin Scorsese si era scomodato con la sua serie The Blues per la televisione pubblica PBS è oggi il momento di Eric Clapton con “Me and Mr.Johnson” dedicato per intero all’arte di Robert Johnson.
Clapton, che nell’ultimo decennio è tornato al blues più spesso di quanto le varie apparizioni al Pavarotti & friends e alle convention Ferrari ci possano far ricordare, è in buonissima forma musicale e Johnson lo conosce come le sue tasche avendolo interpretato in tutte le salse dall’epoca dei Bluesbreakers di John Mayall ad oggi. Oggi, da uomo maturo quale è, cerca di sintetizzare in un solo disco ciò che lo sconosciuto genio di Johnson gli ha comunicato in quaranta anni di carriera. Il tutto è riconducibile a un solo e semplice concetto e cioè che il blues non ti lascerà mai. Questa appena citata sembra una fase scontata, è vero, ma essa racchiude tutte le verità; a cosa servirebbe disquisire, infatti, se la sua versione“Love in Vain” è peggiore o migliore di quella dei Rolling Stones o se “Come on in my kitchen” è fedele alle istanze del blues rurale degli anni venti ?
La buona notizia è che Clapton ci sta ancora dentro e ogni qualvolta lo vedo esibirsi con la immancabile stratocaster in mano penso che egli stia ancora facendo qualcosa per non essere mai veramente felice. Ebbene sì!: prima i gruppi travagliati con cui si è esibito, poi le droghe, poi l’alcool, le donne e i tradimenti, gli amici scomparsi o il figlio Conan scomparso a soli 4 anni, le tasse o che altro sia, possa essere la sbandata per le biciclette da corsa di marca italiana o il fascino delle ultime tendenze della moda o l’amicizia con il Pavarotti di turno, Eric mi continua a dare l’idea di quello che, pur avendocela fatta, voglia o si senta in dovere di incasinarsi la vita per non essere mai troppo felice così tanto da dire addio al blues. Perciò, come se per lui l’unica felicità sia l’infelicità, ogni due o tre anni torna a suonare quei brani che suona e risuona da quaranta anni tentando di tirar fuori da essi l’essenza del blues o solo (solo?) della vita. Oggi è, quindi, la volta di Robert Johnson ma ci potete scommettere che da qui a qualche anno ci sarà un altro Robert Johnson di turno da riscoprire e un nuovo vecchio blues da risuonare. Ed è per i motivi che vi ho descritto che “me and mr. Johnson" è un buon disco al di là di ogni secondaria valutazione. Ed è per gli stessi motivi che abbraccio e condivido in pieno che continuo a nutrire stima e simpatia per lui e la sua musica.

Ernesto de Pascale


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