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Luciano Vincenzoni
LUCIANO VINCENZONI: …Ma perché è stato un mio grande amico per trent’anni, abbiamo lavorato insieme. Qui dietro ce n’ho una, che gliela faccio vedere dopo, dice… l’ultima che mi ha mandato prima di morire, “ A Luciano. Lover, poet, magician” ERNESTO DE PASCALE: Fantastico! meraviglioso V: Se la volete fotografare la potete fotografare E: Sì, sì, fotografiamo… V: Come introduzione al mio personaggio… Insomma, Billie Wilder è Billie Wilder, sa... E: Accipicchia... V:…Sette oscar e diciannove nomination, è l’unico al mondo E: Porca miseria! E: Ci sei ? Allora… Tu mi senti? V: Il sonoro va bene PAOLO DONATI: Per me Ernesto tu ti’ po’mettere anche lì, così lui magari se ti’ guarda… V: Il sonoro va bene, lei si ricordi che io sono sordo… E: Mi preferisce ascoltare di là? V:Eh sì, è questo l’orecchio buono! E: E allora mi metto là V: C’è una sedia E: Mi metto là P: Lei però se mi guarda in camera… V: Mi mancano i denti davanti, non vorrei… E: ah, ah, ah V: … non vorrei che… capito? E: allora, tu come mi senti? P: prova un po’ E: prova, prova, prova, prova, prova… V: No, non conoscevo Bianciardi ma avevo letto il libro e ero rimasto molto impressionato, e ne avevo parlato con Sergio Amidei, che lo aveva letto ed era rimasto molto impressionato. Allora tutti e due, incontrando Carlo Lizzani, abbiamo detto “perché non fare il film da questo libro così spiritoso, così curioso?” . E da lì è partita la cosa. Poi c’è stato un produttore che ha avuto il coraggio di comprare i diritti e la cosa è andata avanti E:Ecco, quando vi siete incontrati con Lizzani, con Amidei per pensare alla realizzazione de “La vita agra”, in qualche modo Tognazzi si era già avvicinato a voi? Faccio questa domanda perché Tognazzi più volte in vita parlò del suo amore per Bianciardi, amore personale V: Perché anche lui aveva letto il libro. E naturalmente quando Lizzani gli ha proposto di fare il protagonista di questa storia così astratta è saltato sul carro ed è andato avanti, perché proprio gli era piaciuto, come era piaciuto a tutti, perché era un romanzo… E’ stato sottovalutato, sa, dalla critica, quelli che si premiano addosso… Ha capito? Perché in quel momento Bianciardi, che secondo me viveva a disagio la sua vita milanese - che ha commesso un solo errore: è andato a nord. Se veniva a sud si fermava a Roma, sarebbe stato uno dei più grandi sceneggiatori del cinema italiano perché aveva delle idee, delle intuizioni… e invece è andato a cascare in quella palude del boom dei milanesi efficienti e stupidi, che lui nel romanzo sottolinea E: Questa idea del boom economico, questa idea di una storia social-psicologico sull’integrazione post-miracolistica, come scrive Bianciardi all’inizio del film, voi la stavate toccando con mano già da un po’ di anni… Cioè a voi, la vostra generazione, il boom c’era già stato negli anni cinquanta… V: Sì, la sentivamo, l’avevamo trattata. Debbo dire che l suo libro ci ha dato una spinta verso l’alto, capito? Perché lui aveva intuito delle cose che forse a noi sfuggivano. Sì E: Quando vi siete posti il problema di fare un film agro, quindi non una semplice commedia di satira, qualcosa di più, su qualche cosa di contemporaneo, visto che lavoravate in team - mi pare di capire anche molto affiatato, con Bianciardi che comunque partecipava, Lizzani che ci stava fortemente dentro, idee anche sociali molto precise…- come avete cominciato a spartire, a dividere, a organizzare il lavoro per riportare poi qualcosa che in fin dei conti mutava tutti i giorni? l’Italia stava cambiando giorno dopo giorno… V: Sì ma non nei sessanta giorni che dura un film. Abbiamo fatto questa sceneggiatura con il maestro Amidei, a Luciano Bianciardi è piaciuta, ci siamo incontrati a Milano e io mi ricordo che lui ci ha fatto scoprire una Milano che non conoscevamo, la Milano che lui frequentava, dei vicoli…Ci ha portato in un locale che allora era molto di moda, in cui sono nati tutti i più grandi comici che ci ossessionano anche in questi anni: il Derby. E dove mi ricordo una sera, con Amidei, con Lizzani ecc…, per la prima volta abbiamo visto un giovane magrissimo che sembrava stessa per spirare da un momento all’altro che cantava, un giovane cantautore, delle canzoni comiche struggenti di malinconia. Si chiamava Jannacci. E rimanemmo così impressionati che io dissi a Lizzani: “Prendilo. Scriviamo una scena. Dobbiamo avere Jannacci nel film” E infatti Jannacci è nel film. E: La Milano che vi fece conoscere Bianciardi era differente come percezione dalla Milano efficiente… V: Certo E: che Milano era? V: La Milano umana. La Milano delle persone che soffrivano, che lottavano il pane quotidiano, la colazione con il pranzo. Non era certo la Milano di Berlusconi. Questo lei me lo taglierà, ma insomma… E: No,no, io questo glielo tengo fino all’ultima… Se me lo ripete tre o quattro volte mi fa anche contento V: (ride) Non era la Milano da bere, ecco. Capito? Però io sentivo… Ho sentito subito una grande sofferenza in lui, perché era un uomo intanto coltissimo a parte il fatto che era uno dei pochi italiani che sapeva parlare l’inglese e lo sapeva tradurre come ha saputo tradurlo lui E: Harry Miller… V: Ecco. E quindi con questa cultura di letteratura anglosassone, questa natura toscana, vive in quel mondo di persone che si parlavano al telefono, come risulta dal romanzo… Soffriva. E io credo che Milano abbia accelerato la sua scomparsa. Se fosse rimasto tra Grosseto e Firenze forse lo avremmo ancora qua E: Si ricorda al fianco di Bianciardi la figura della sua compagna? Una romana… Maria Iatosti V: Me la ricordo benissimo. Lui aveva un immenso affetto, un grande rispetto… Però l’abbiamo incontrata poche volte, poche volte E: L’adattamento del personaggio, che poi è lo stesso personaggio che dall’integrazione, dal lasciare Grosseto arriva a Milano, si integra e vive la vita agra, l’adattamento a un attore solido, robusto però mantovano come Tognazzi… V: Cremonese E:…cremonese, mi scusi. Cremonese, cremonese… No, pensavo adesso a Mantova perché stavo pensando a Guastalla, alla scena nella biblioteca di Guastalla… Che cosa volle dire? Cioè, fu un tentativo anche di riposizionare il film in una maniera un po’ più vasta… V: Non lo so, noi non ci poniamo mai questi problemi in realtà. Voi ci aggiudicate meriti che non abbiamo. No…è venuta fuori così, normalmente. Quello era il mondo, che fosse Cremona, Mantova, Guastalla o Reggio Emilia non cambia niente, son sempre uguali. Son sempre uguali. Però c’era questa sua presenza, lui era un uomo spiritossissimo, che ha contribuito moltissimo ai dialoghi, i dialoghi del film. Che poi rispettavano molto i dialoghi del romanzo E: Il film, rispetto ad altri film di quello stesso periodo, è probabilmente, addirittura oggi, ancora più interessante perché è molto verboso, è molto scritto V: E’ come il romanzo E: Come il romanzo, esattamente. Allora, questa caratteristica di scrivere moltissimo è una caratteristica che secondo lei poi si è andata perdendo? Cioè, voi avevate comunque questo meccanismo di forte scrittura… V: No… No. Il romanzo, il racconto di Bianciardi proponeva questa abbondanza di dialogo. Però io sono convinto di una cosa: pensi che quel film, se riproposto oggi, avrebbe più successo di allora. Eppure ebbe un buon successo, ma oggi ne avrebbe molto di più, perché ci sono delle verità che allora erano confuse, nebulose, e che invece adesso abbiamo capito. Cioè lui aveva preveduto tante cose, anche il processo Sme E: il film è andato in onda ieri sera su Italia Uno V: Bene! E: Per fortuna V: Allora io riceverò qualche royalty E: Sì penso. Cioè, mi sembra… Allora, questa collaborazione con Bianciardi, appunto lei prima stava dicendo “Se lui avesse scelto Roma sarebbe potuto diventare un bravissimo sceneggiatore…” V: Ma io glielo dissi, lo invitai. Vieni a Roma, lavoriamo insieme…Ma oramai era vittima, un po’ perché lui viveva più con le traduzioni che con i diritti d’autore, e purtroppo, come lei sa, l’editoria italiana è tutta là, anche se è la regione di più grandi ignoranti del mondo l’editoria è là. E quindi non c’è niente da fare E: Nella presenza milanese e anche in questa sofferenza che appunto prima stava descrivendo, sentì che il vostro arrivo romano gli dava qualche spirito? Perché Bianciardi dopo il film de “La vita agra”, a parte le tantissime presentazioni che fa del film, immediatamente dopo scrive un altro libro, quasi in un sol gettito, come era solito fare lui, per cui evidentemente la vostra presenza gli deve aver dato qualche cosa. Cosa sentivate, lui vi disse mai qualche cosa di privato? V: No, ma io posso capirlo perché, voglio dire, non c’è niente che gratifichi una parola che mi fa schifo, ma insomma… - un autore più di vedere apprezzata una sua opera. Ora, purtroppo, per la letteratura il massimo dell’apprezzamento è quando il cinema si occupa dell’opera, e quindi probabilmente gli ha portato qualche utile, ha sentito che il suo libro avrebbe avuto una grande pubblicità. Uno scrittore scrive per essere letto, no? E lui sentiva che questa operazione avrebbe portato in giro le sue idee, al di là degli utili materiali, che non guastano mai, e quindi era… e forse gli ha dato una carica che poi gli ha fatto scrivere l’altro libro… così E: Immediatamente dopo l’uscita del film ci furono due livelli diversi: da una parte il libro vendette altre copie, dall’altra parte il film ebbe un suo percorso che lo portò ad essere premiato a Berlino, se non vado errato V: Mi pare, sì… E: C’è comunque… V: Insomma, ha avuto qualche riconoscimento E: Voi, premio Fipresci al quattordicesimo festival di Carlo Vivari, quindi… V: Carlo Vivari, sì… E: Voi vi ricordate con l’uscita del film qualche tipo di feedback, di ritorno, qualche… vi sentiste coinvolti in qualche discorso, a qualche analisi. Voi avevate lanciato un’analisi V: Sì…No… ma, no. Non avviene quasi mai, sa… No, non c’è stato nessun… Così, ha avuto una sua dignitosa carriera, ha avuto un riconoscimento al Carlo Vivari… e tutto qua. E: Ma le è mai capitato, se non in questo caso, magari di aver messo - questa è una domanda, diciamo, a latere-… V: laterale E… di aver messo qualche aspettativa in qualche scrittura… cioè, le è mai capitato di dire “in questo film non solamente vogliamo dirlo, ma lo vogliamo dire noi in questo momento”… cioè, era normale… professionalmente la cosa… si andava così, ecco V: Sì, ma vede i contenuti erano nel romanzo, nello spirito di Bianciardi. Noi possiamo aver soltanto rispettato perché le sue idee coincidevano con le nostre, anzi le completavano, ha capito? E: Certo, certo. Le è rimasto poi un rapporto personale con Bianciardi? V: Purtroppo pochissimo, perché io sono partito per l’America e ho avuto la sfortuna di avere successo con quei film di Sergio Leone, i Western. Poi qualche volta, quando tornavo in Italia lo telefonavo… Quando passavo per Milano…ma abbiamo avuto due o tre incontri soltanto. E: Come lo vedeva? Buio, triste? V: Sempre più depresso, sempre più depresso… E: Quando lo incontrò la prima volta davanti, che impressione le fece? V: Beh, ma allora eravamo euforici, sia lui che noi. Noi perché facevamo un film che ci piaceva, lui perché vedeva realizzato il suo romanzo. E infatti abbiam passato… Guardi io sono stato, non so per quale motivo, è una lavorazione che ho seguito completamente, cioè sono stati sessanta giorni a Milano, e ho vissuto sessanta giorni con Bianciardi, e noi al di là della realizzazione del film ci interessava la notte, perché lui era un uomo della notte. E allora quindi andare in giro… e mi ha fatto scoprire quel famoso Derby dove abbiamo scovato quel famoso Jannacci E: … quindi questo era il “giro” di Franco Nebbia e del Nebbia Club… V: Sì, c’erano tutti E:…il Bar Giamaica… V: Certo E: ..in Via dei Fiori Chiari V: Tutti amici suoi, avevano un rapporto che era straordinario, straordinario E: Erano intellettuali o per loro questa parola non esisteva? V: No erano…erano gente di talento, avevano talento, ha capito? Sa, intellettuale, non intellettuale… erano dei creativi. Nella canzone, nell’interpretazione musicale, nella comicità, nella gag… E infatti sono usciti tutti i più grandi comici di questi ultimi…Che ci ossessionano ancora e che non si ritirano, sono diventati vecchi e noiosi e continuano. Erano meravigliosi quando erano al Derby E: Invece questa nuova generazione dei comici milanesi…? Ora questo è un paragone ma è normale, una volta c’era il Derby oggi c’è lo Zelig, una volta lo facevano con uno spirito, oggi si va in televisione subito. Prima si va in televisione, poi si va da un’altra parte V: Eh, lo so. Ma sa, una volta c’era Totò e Sordi, oggi c’è Panariello E: La ringrazio V: Ecco E: Le sue parole mi riempiono di gioia, ne ha scelto uno a caso… E’ giusto… E: Allora, ora poi dopo facciamo una piccola chiusa sul discorso de “La vita agra”, spostiamoci solamente un attimo invece su Nicola Arigliano e su “La grande guerra”. nella scrittura de “La grande guerra”, dalla scrittura alla realizzazione, viene fuori a un certo punto questa faccia, questo Nicola Arigliano, un cantante grottesco - il “brutto de Jazz”, come lo chiamava Gorni Kramer, che gli diceva “vieni Nicola, andiamo a far prendere spavento ai bambini”- arriva questa faccia, che però ci mette qualche cosa anche lui ne “La grande guerra”… V: Sa, questa è una scelta… Mario Monicelli aveva, ha, soprattutto allora un grande talento nella ricerca delle facce. Lei deve pensare che quando fece “I soliti ignoti”, che è precedente a “La grande guerra”, c’era un cameriere sardo nel ristorante dove lui mangiava e gli ha fatto fare una parte. Quello è diventato ne “I soliti ignoti”, e poi lo ha messo anche ne “La grande guerra”, un attore che poi ha fatto sessanta film, cioè era uno scopritore di facce. Non gli interessava sapessero recitare o meno. Nel caso di Arigliano era un po’ diversa la cosa, perché Arigliano aveva una faccia ma essendo un cantante sapeva anche recitare. E quindi, come tanti altri voglio dire, pensi che prese anche Tiberio Vitri, che era un pugile, perché gli serviva un bel tipo ma un po’ tonto. E’ tutto merito di Monicelli, capito? Che poi tra loro ci sia stato una buona… un buon intendimento, non c’è dubbio. Comunque è uno dei personaggi che si ricordano E: Ecco, questo mi fa ritornare anche a “La vita agra”, perché lei ha detto “l’interazione fra il regista e l’attore”. Lei prima stava dicendo “ ho passato tutti e due i mesi di lavorazione a Milano”, questa interazione - interazione, Lizzani, lei, Amidei, Bianciardi, Tognazzi, la notte, il giorno…- lei la vedeva crescere, la sentiva? Cioè, è comunque fondamentale… Ci dev’essere un grande direttore, ci può essere un qualunque attore… V: Sa, lei mi ricorda purtroppo anche dei momenti che, vede… Tognazzi non era un attore disciplinato. Siccome di notte andava in giro, io mi ricordo una mattina, non so quanti gradi sotto zero, bisognava cominciare le riprese alle 8.30, c’era tutta la troupe e Tognazzi non arrivava. E c’erano quaranta, cinquanta persone al freddo. Persone che prendevano niente in confronto al suo salario. e a un certo punto il produttore mi telefonò in albergo e mi disse “Luciano, fai tu qualcosa per Tognazzi ecc…” Allora io andai nella stanza di Tognazzi col quale avevo un ottimo rapporto e lo svegliai bruscamente, adesso correggo un pochino, e gli dissi “Vestiti e andiamo. Non ti puoi permettere. Tu non ti puoi permettere di tenere quaranta, cinquanta persone al freddo ad aspettarti.” E siamo arrivati in lavorazione a mezzo giorno. Tolga il sonoro. Tolga il sonoro perché devo dirgli una cosa importante (…) E: Ma questo perché…Pensa che in alcuni casi con dei film molto buoni dal punto di vista del contenuto l’attore possa montare sul vagone e comunque sia, senza aver detto nulla di proprio… V: Ma certamente. Lei deve sapere che il mio maestro Pietro Germi, col quale ho fatto tre, quattro film, a un certo punto il produttore voleva darci un grande attore americano, Rod Stiger, che aveva vinto un Oscar, per fare la parte del papà in “Sedotta e abbandonata”, un siciliano fatto da un americano. Germi, che era un uomo fortissimo di carattere, disse “Sai chi prendo? un segretario di produzione che con me a fatto alcune particine, si chiama Saro Urzì”. E lui “ma non posso finanziare…” “Non me ne importa. O non facciamo il film”. Il produttore cedette, era Cristaldi. Abbiamo fatto “Seddotta e abbandonata”. Saro Urzì al festival di Canne vinse il Palma res d’oro per la migliore interpretazione e i giornalisti francesi, me li ricordo io , che dicevano “Ma dove l’avete tenuto nascosto? Ma questo è grande come … , che per i francesi era il massimo degli attori.” Questo significa la parte e il regista, ha capito? E il povero Saro Urzì, che ha vinto un Palmares come migliore attore di quell’anno, ’64 mi pare, poi ha continuato a lavoricchiare, ha fatto poche cose ecc… Cioè quando c’è dietro un regista e una bella storia, giusta, anche il mio portiere può diventare Marlon Brando, ha capito? Però Marlon Brando, con una brutta sceneggiatura in mano ad un imbecille, può diventare un cretino anche lui E: Le chiedo un’ultima cosa sul film, mi è venuta in mente mentre la ascoltavo. Si ricorda, visto che il film ha delle parti dedicate per la prima volta fortemente alla pubblicità questo è molto interessante perché comunque il film in dei momenti fa riferimento ancora alla pubblicità si ricorda la presenza di Marcello Marchesi ? V: vagamente, vagamente. Questi ricordi sono vaghi, ma le garantisco che tutto quello che lei ha visto, anche certe intenzioni, erano tutte nella testa di Bianciardi, capito? Lui aveva intuito tutto.Aveva intuito, che so, questo fango in cui siamo caduti. Ma vede, il poeta, il grande artista, ha questa singolare qualità: che anticipa i tempi, capisce quello che succederà, se no non è un artista e non è un poeta E: Ma lui lo sentiva, se ne crucciava, era consapevole ? V: Sì. Era anche più duro di quando metteva su carta nelle conversazioni, era molto più incisivo. Mah… E: Bene, fantastico. Bellissimo V: Guardi le faccio vedere una cosa che le ho appena anticipato, vede? Questa me la ha mandata nel ’67… E: “Luciano: Lover, poet and magician…” Fantastico, meraviglioso V: Questa quando mi ha conosciuto e quando abbiamo lavorato insieme, vede? E: “Mio bravo…” V: a me e al terremoto. “”Earthquake, il terremoto. Con amore, Billie Wilder. E: fantastico. Cosa faceste voi insieme?… V: In Italia non so… in America si chiamava “Avanti”, in Italia “Cosa è successo tra tuo padre e mia madre”,una cosa così… Jack Lemmon, Walter Matthau ecc. Poi stavamo scrivendo un altro film, e poi… E: Una cosa così che stavo pensando prima, in verità proprio veramente a latere, obbiettivamente voi lavoravate in quel periodo a dei progetti che sono rimasti molto e molto solidi, cioè in quegli anni non c’è film… V: Sì, facevamo il cinema. Eh beh, non facevamo il cinema di Verdone. Facevamo il cinema!!! E: Vero V: Voglio dire, se uno affrontava dei temi come… Monicelli faceva “I compagni”, noi facevamo “La grande guerra”, Germi “Sedotta e abbandonata”, “Signore e signori” sull’ipocondria della provincia. Erano film. Studiati, pensati, lavorati, ragionati… E: E’ che voi avete comunque continuato questa strada, perché poi siete arrivati… non so, con Lizzani “Roma bene”… V: Certo E: Insomma, “Roma bene” è un po’ oltre, 1970/1971, ma tutto parte da lì… V: “Roma bene” me la chiese De Laurentis… Dovevo partire per l’America per andare a lavorare con Billie Wilder, e mi disse:” Luciano, devi farmi una ‘ Dolce vita’ dei poveri”. E mi venne in mente questa storia a episodi curiosi ecc.. Che ebbe un grande successo tra l’altro E: Quindi era una storia vera… V: Beh, erano tutti fatti che io conoscevo, che erano accaduti E: L’omicidio Casati… V: Erano tutti fatti accaduti. C’era il figlio di un miliardario romano, proprietario di una grande industria farmaceutica, un bambino viziato a cui il padre a nove anni aveva regalato una Ferrari con l’autista, e questo bambino era talmente viziato che un giorno andò nell’ufficio del padre, in anticamera c’era un signore che era mi pare colombiano, ambasciatore al Vaticano, che aspettava di essere ricevuto. Questo bambino gli si avvicinò, scherzoso, e gli schizzò addosso con un a bottiglia dell’alcool e poi accese un fiammifero e gli diede fuoco, e quest’uomo è finito in sedia a rotelle. Per dirle, la cosa non si è mai saputa sui giornali, il padre che era ricchissimo ha pagato, un uomo che è finito in sedia a rotelle per un bambino viziato che a nove anni aveva avuto in regalo… E io queste cose le annotavo, capito? E: quindi adesso, per i giorni odierni, abbia un libro di appunti per ogni giorno… V: No, abbiamo messo già molto nei film (…) V: Vede, questa è l’ultima visita che ho avuto da Germi, una critica su una dedica struggente, gliela leggo io : “Come è triste essere soli” Perché è morto in solitudine, aveva vinto un Oscar ma non aveva… aveva commesso un errore…. intervista di Ernesto de Pascale |
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