Good second album for this underground band from Baltimore
Osannati come fenomeno underground, con un bell’8.5 all’attivo assegnato al loro omonimo disco d’esordio nel 2004 dalla rivista on line americana Pitchfork, i Wilderness tornano alla ribalta con il loro secondo album, Vessel State. Che Pitchfork per un certo tipo di pubblico sia un trend setter, a torto o a ragione, non c’è dubbio. Di certo è una voce autorevole. Ed è con ragione che questo strano quartetto proveniente da Baltimora può essere considerato un progetto interessante. Quello dei Wilderness è un rock underground minimale, ripetitivo e depresso, con testi oscillanti tra gotico, horror e nonsense, e la musica che decisamente si mantiene sugli stessi toni. Cantanti strascicati, urlati, gutturali, in ogni caso uniti dal termine sofferenti come denominatore comune. Melodicità praticamente zero, mentre ad essere interessanti sono soprattutto i giri di basso e batteria e gli abbinamenti basso/chitarra come nel brano Beautiful Alarms, uno dei migliori di Vessel State insieme a Towered. Chi ha visto la loro musica come del tutto innovativa o come un autentico fenomeno forse si è sbilanciato, perché quello che si ascolta in questo album non nasce del tutto da zero, ci sono notevoli riferimenti a gruppi del passato così come similitudini con gruppi del presente. La band però ha personalità, ed è sufficientemente convinta nel perseguire la minimalità (a volte elementarità) della propria direzione musicale e sufficientemente estrosa per meritare la dovuta attenzione.
Giulia Nuti
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