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INTERVIEW

Intervista a Sid Griffin dei Coal Porters

di Michele Manzotti


Dalla penna alla chitarra, dal computer al mandolino. Sid Griffin, americano del  Kentucky che ha scelto di vivere a Londra passa con disinvoltura dall'attività di giornalista e scrittore a quella di musicista. Un'attività di lungo corso passata attraverso i Long Ryders e alcuni momenti solisti fino al progetto Coal Porters, che recupera il bluegrass, la tradizionale musica popolare degli Stati Uniti. Con questo gruppo è appena uscito l'album Durango (Prima/Self) e con lui parliamo della riscoperta di questo genere.

Cosa significa per lei un progetto bluegrass? 

Ci sono molte ragioni: innanzitutto mi ero stancato del Rock'n'Roll. Ero stufo di trasportare amplificatori e microfoni senza cachet adeguati e soprattutto non volevo più fare con i Long Ryders le stesse canzoni. Così nel 2001 abbiamo incominciato a fare musica acustica, non necessariamente bluegrass, ma abbiamo scoperto poco alla volta che questo genere ci piaceva. Come i Long Ryders faceva country alternativo grazie a influenze rock e punk, così con i Coal Porters abbiamo sfruttato la nostra attitudine Rock'n'roll per un “alt-bluegrass”. 

E' un ritorno alle sue origini?

Anche questo, a me piace suonare la musica dei miei avi.  Questa è vera musica del Kentucky. Ha avuto un grande significato per i miei genitori quando la suonavo prima che morissero. Mentre non comprendevano ciò che facevo con i Long Ryders, un po' come me che alla musica di oggi preferisco il country degli anni '50 o il blues della Chess Records. Anche per quanto riguarda il bluegrass mi piace quello degli anni '40, ma perché non aggiornarlo e proporlo a chi è cresciuto ascoltando Clash o Artic Monkeys. E' quello che tentiamo di fare con Durango.

E come è venuta l'idea per la band?

Originariamente i Coal Porters erano diventati Western Electric fino a quando nel 2001 non capitò un brutto incidente al batterista e fu recuperato il vecchio nome. In parte ho già risposto prima per le motivazioni, ma soprattutto per me ha voluto dire riprendere in mano il mandolino e impararne da capo la tecnica. Ma ne è valsa la pena. Non potete immaginare il successo che stiamo avendo proponendo questo genere: abbiamo fatto un concerto a Londra con il pubblico che continuava a festeggiarci. Andiamo dappertutto: siamo stati due volte al Festival di Glastonbury ma anche nei pub, nelle librerie, negli atrii degli ospedali. Oltre a tante trasmissioni radio grazie anche alla facilità con cui trasportiamo gli strumenti.

Chi sono i suoi compagni di avventura?

Neil Robert Herd canta, suona la chitarra e ha scritto alcuni brani. Con lui suono da più di 10 anni. Carla Frey canta e suona il violino, Dick Smith è il migliore suonatore di banjo in Europa oltre a cantare le armonie corali mentre Andrew Stafford completa il gruppo al violino. Lui è con noi da pochi mesi mentre con Carla e Dick il sodalizio dura da tre anni circa.

Qualche volta ha ripreso in mano la chitarra elettrica?

Solo poche volte e sempre in occasioni di beneficenza: in pratica solo tre in 15 mesi. Ormai mi ritengo un suonatore di mandolino. 

Lei ha vinto il premio Ciampi in Italia nel 2002, pensa che il pubblico del nostro paese possa apprezzare Durango?

Direi proprio di sì, perché il nostro suono è riconoscibilissimo sia che veniamo trasmessi in radio sia nei concerti dal vivo. Anzi dovremmo venire da voi a luglio (ci piacerebbe farlo più spesso) e vi invito ad ascoltarci. Per quanto riguarda il Ciampi ho un ricordo bellissimo della serata e soprattutto mi sono reso conto di quanto viva sia la vostra scena acustica e di quanti musicisti bravi abbiate.

Concludiamo con la sua attività di scrittore e saggista dato che ha scelto di nuovo Bob Dylan come soggetto. Ci può dire qualcosa del suo nuovo libro?

Il mio prossimo libro su Dylan si chiama Shelter from the Storm ed uscirà in giugno. E' incentrato sulla Rolling Thunder Revue sul film Renaldo & Clara e sugli album Desire e Hard Rain. Ho potuto intervistare molti protagonisti: Roger McGuinn, Arlo Guthrie,  T-Bone Burnett, Ramblin' Jack Elliott, Ronnie "The Hawk" Hawkins che mi hanno descritto quel periodo. Sono molto fiero di questo lavoro e spero che abbia il successo che ha avuto il mio primo libro su Dylan, Million Dollar Bash che era dedicato ai Basement Tapes.

 

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