Very good album for the Eels, with infinite sadness and great tenderness they talk about broken love stories and aging.
A circa sei mesi di distanza da Hombre Lobo, ripetersi non era facile per Mark “E” Everett e i suoi Eels. Tuttavia qualcosa di magico è rimasto nelle corde della band californiana e si capisce fin da subito, dall’inizio letterale “The Beginning”: un breve e intenso pezzo che nell’apparente dolcezza della musica introduce una gigantesca nostalgia. Quell’inizio sono dunque i primi momenti di una storia d’amore, una storia che come tante (verrebbe da dire tutte ascoltando la canzone) è destinata a terminare: così quell’inizio è già doloroso, è la fonte di tutto il dolore.
End Times è un disco che parla di questo, di dolore, di amori spezzati e cuori infranti, di nostalgia, di vecchiaia. L’album precedente era tutto incentrato sul desiderio, quest’ultimo affronta un altro sentimento inscindibile dalla condizione umana.
A “The Beginning” succedono tredici pezzi: altre ballate, blues infuocati (“Gone Man”, “Paradise Blues”), rabbiosi pezzi rock come “Unhinged”, un minuto di registrazione della pioggia con campane di sottofondo, passi felpati, automobili, telefono (intitolato “High and Lonesome”), una ninnananna disperata dal vago sentore alcolico (“Little Bird”) e un ultimo bellissimo pezzo di auto-commiserazione e riscatto (“On My Feet”).
Ogni disco degli Eels merita un’analisi su due piani, essendo il gruppo ancora tra i pochi che hanno il coraggio di incentrare un album attorno a un tema, svilupparlo, mantenere una coerenza musicale, non cercare il singolo a effetto e perché no inserire un minuto di pioggia nella registrazione.
Musicalmente End Times è un buon album, aggiunge poco alla musica acustica, non scrive memorabili pagine blues, ma scorre con una fluidità straordinaria. Potrebbe essere inserito in un loop interminabile e risultare ogni volta diverso, mai ripetitivo. Anche la pioggia è perfettamente al suo posto, solo staccato dal contesto il brano “High and Lonesome” perde il suo significato.
Inoltre, e qui ci spostiamo sull’altro tema, il disco offre un grande spaccato di vita, the beginning sussurato all’inizio è un geniale intro per un disco che parla di fine, in grado di suscitare una discreta apprensione. La musica è fatta anche per lenire il dolore e in questo End Times potrebbe essere perfetto, senza dimenticare gli ultimi versi dell’album: “being on my feet these days, well it’s a wonder I survive… one sweet day I’ll be back on my feet, and I’ll be all right”.
Matteo Vannacci
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1. "The Beginning"
2. "Gone Man"
3. "In My Younger Days"
4. "Mansions of Los Feliz"
5. "A Line in the Dirt"
6. "End Times"
7. "Apple Trees"
8. "Paradise Blues"
9. "Nowadays"
10. "Unhinged"
11. "High and Lonesome"
12. "I Need a Mother"
13. "Little Bird"
14. "On My Feet"
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