Sospeso tra musica classica e musica da film, Nik Comoglio pubblica con Acqueforti un'opera ambiziosa e stilisticamente elaborata.
Già membro a cavallo tra gli anni '80 e i '90 del gruppo progressive Syndone con cui realizza due album prodotti da Beppe Crovella, in Acqueforti Comoglio abbandona il progressive per esplorare l'aspetto della sua artisticità, che negli anni ha sempre approfondito e portato avanti, legato alla composizione classica.
Melodico e romantico (non solo nel senso generico ma anche in quello più stilisticamente connotato del legame con certi autori Romantici), con l'eco di Rota e Morricone che lo accompagna in varie sfumature del disco, Comoglio si confronta innanzitutto con la forma cameristica del trio con pianoforte.
Ad aprire l'album è infatti Cedrus Libani, composizione per trio con pianoforte magistralmente eseguita dal Trio di Torino.
Lo seguono in scaletta i Tre movimenti per violoncello e orchestra, con la prestigiosa partecipazione dell'Orchestra Filarmonica di Torino e Umberto Clerici solista al violoncello, partner di Comoglio nella realizzazione di questo disco e dedicatario di questa composizione.
Sia in questo brano che nel precedente, Comoglio non sceglie la strada di uno sperimentalismo contemporaneo troppo concettuale. La melodia regna sovrana nelle sue Acqueforti, che pur esplorando la dimensione di una classicità attuale non rinunciano mai alla cantabilità e alla piacevolezza dell'ascolto. In modo particolare nei movimenti per violoncello e orchestra, a cominciare dai titoli e dai sottotitoli utilizzati, la musica trova una sua profonda dimensione evocativa e immaginifica, memore della lezione della scrittura per il cinema, il teatro e il musical in cui Comoglio ha anni di esperienza. Gusto per la dinamica, colori di tipo classico e una tensione interna che spesso accompagna i temi principali arricchiscono una scrittura costantemente carica di emozioni e pathos. La Roue de Fortune, ultimo tempo del secondo capitolo del trittico per violoncello e orchestra, apre invece la strada a quel cross-over con la musica jazz e rock che più si avvicina alle precedenti esperienze nell'ambito del prog.
Maria alla Croce, per soprano, voce leggera, voci recitanti, orchestra e quintetto jazz, si basa su un testo tratto dal Mistero Buffo di Dario Fo. Tra parti recitate e parentesi cantate immerse in atmosfere da musical, il brano è una moderna elaborazione musicale di un estratto dell'opera che nel 1997 valse a Fo il Nobel
Chiude il cerchio di questo buon progetto una ripresa dell'aria Gabriel da Maria alla croce per violoncello solo, in cui il tema acquista rinnovata incisività.
Giulia Nuti
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