È vero che un libro riflette inevitabilmente la personalità di chi lo scrive, il suo modo di affrontare le cose e di uscirne,se nel caso. Conosco Fabrizio Stramacci da molto e ho lavorato tante volte con lui a Radio Rai, continuo a farlo anche in questi giorni e posso dire di conoscer bene la sua natura lineare, precisa e anche enciclopedica quel che serve. La sola cosa che ci separa è un fiume. Il Tevere, sapete, questione di campanile e di tifo...insomma, lui Lazio (veracemente e voracemente), io Roma (idem) per capirci. E dato che entrambi ci lasciamo volentieri solleticare dalla musica e dal pallone vi lascio immaginare. Diatribe infinite su questo o quell'assolo, su quale migliore gruppo si possa costituire con i più grandi personaggi di un periodo o corrente musicale (nel libro infatti intervistando il critico ed esperto principe del progressive Guido Bellachioma lo obbliga a formare un gruppo con i suoi eroi e lui ovviamente ne butta giù tre di formazioni...), applicate la stessa cosa al calcio e via andare!
"Capitani Coraggiosi" (la citazione viene naturale) è un libro che racconta, attraverso una precisa cronologia di date ed avvenimenti punteggiata da spunti critici appropriati ed illuminanti, la storia di uno dei più gloriosi gruppi italiani che per fortuna si chiamò Premiata Forneria Marconi (poi abbreviato in Pfm) e non Isotta Fraschini come voleva qualcuno.
Devo dire che leggendo il libro lo stile asciutto aiuta non poco ad entrare nel vissuto della band, di quel gruppo di musicisti di cui viene raccontata la storia a partire dai primi anni '60 quando Mussida, Di Cioccio, Radius, Pagani, Premoli e Piazza (poi Djivas) erano la prima generazione professionale di "turnisti" cioè quei musicisti che vengono assunti per una serie di incisioni da diversi solisti (Battisti e De Andrè su tutti). Quindi la loro storia ci descrive un periodo,un ambiente anche discografico e produttivo,una direzione artistica che cominciava già a puntare verso la musica "vera", quella suonata e con spazio per l'improvvisazione mutuando anche dal jazz le sue modalità: il progressive che il gruppo avrebbe contribuito a fondare in Italia con "La carrozza di Hans" ed "Impressioni di Settembre". Si parte da lì per arrivare fino ai nostri giorni con capitoli dedicati a ciascun album o periodo artistico che raccontano anche cosa la Pfm sia stata e continui ad essere artisticamente nel corso del tempo. La svolta verso il progressive, l’incontro con De Andrè, con gli Emerson, Lake and Palmer e il successo internazionale fino ai nostri anni.
A completamento troviamo alcune interviste che ci descrivono dall'interno ciò che succedeva come quella con Mauro Pagani, o tracciano profili critici del periodo come quella a Luciano Ceri (conduttore radiofonico e conoscitore profondo della musica prodotta nel nostro paese). Anche il giudizio positivo del pubblico inglese viene ricordato da Michel Pergolani, poi troviamo anche interventi di Felice Liperi e Guido Bellachioma.
Dopo una serie di foto della band il libro si chiude con la discografia sia audio che video ed una serie di testi consigliati per conoscere sempre meglio una delle realtà musicali più importanti che il nostro paese abbia prodotto dagli anni '60. Sarebbe forse stata gradita una fattiva collaborazione che i componenti del gruppo (tranne il citato Pagani) hanno ritenuto di non dover fornire alla stesura. È un peccato poiché queste operazioni, su libri scritti con la testa e con il cuore, fanno soltanto bene.
Alessandro Mannozzi
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