Great psycho-prog from Japan!
I giapponesi sanno prendere il progressive e la psichedelia molto sul serio. Ne sono un esempio gruppi come gli Acid Mother Temple e i Boredoms, ed è bello poter aggiungere al fortunato elenco anche il nome dei Ghost.
Questi gruppi giapponesi hanno la peculiarità di saper enfatizzare il lato pesante e hard rock delle improvvisazioni strumentali nella loro musica, caratteristica che anche i Ghost – giunti al loro settimo album - non smentiscono. In più questo ensemble di contrabbasso, chitarra elettrica, fiati, vibrafono, theremin, percussioni e tastiere aggiunge la capacità di saper esplorare le sonorità del folk, sorprendentemente non solo americano ma anche celtico ed europeo, del free jazz, della musica orientale, sfoderando a tratti perfino una inaspettata attitudine punk.
Registrato a Tokio, l’album ha due brani in particolare che valgono tutto il disco: “Caledonia”, cover di un brano del 1969, e “Grisaille”.
La prima si apre con un introduzione di strumenti a fiato un po’ celtica, e insiste su sonorità irlandesi con il riff di flauto che si ripete per tutto il brano, mentre la batteria porta avanti un andamento da danza popolare. Gli strumenti a corda inseriscono armonie dal sapore indiano, mentre il cantante declama un testo a squarcia gola con attitudine punk. Un mix esplosivo che finisce per ricordare i Pogues (e la distanza geografica è notevole).
Radicale cambio di scena invece per la successiva “Grisaille”, il brano più intimo, cantautorale e in forma scritta di tutto il disco. E’ una canzone dolce, un po’ triste, in cui la chitarra la fa da padrona con affascinanti arpeggi e armonie.
Il resto del disco, che precede questi due pezzi che sono i conclusivi, si compone di un buon brano di apertura in bilico tra folk, progressive e musica indiana, di un mantra di 28 minuti di lunghezza mirabile per la follia degli elementi inseriti ( qualche minuto di effetto “disco incantato”, qualche minuto di effetto motosega, qualche altro minuto di campane…), di un brano di hard rock progressive un po’ più canonico e del brano “Gareki no toshi”, da notare per la performance del tutto anti accademica del cantante.
Che cosa rende questo disco interessante? Sicuramente oltre al mix di molte influenze, il fatto di essere, nella sua follia, piuttosto a fuoco. A parte il brano di 28 minuti “Hemicyclic Anthelion”, deliberatamente free-form, si ha la sensazione che il gruppo unisca alle improvvisazioni un’idea, che a differenza di molti colleghi sappia bene dove sta andando e cosa sta facendo.
Giulia Nuti
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Track list
Motherly bluster
Hemicyclic anthelion
water door yellow gate
Gareki no toshi
Caledonia
Grisaille
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