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Berlino giugno 2002:
Dreamtime Didgeridoo Festival


Tra il 14 ed il 16 Giugno si è svolto a Berlino presso la UFA Fabrik l'annuale Dreamtime Didgeridoo Festival, il più importante evento europeo per quanto riguarda il didgeridoo, uno strumento che in Germania gode di grandissima popolarità (si calcola che in quella nazione vi siano più di un milione di suonatori) e che invece qui in Italia sembra essere ancora relegato all'ambito degli adepti della cosiddetta "New Age" come ausilio per la meditazione
Il festival ha visto la partecipazione dell'elite mondiale del didgeridoo, con nomi quali Charlie McMahon, Ganga Giri, Stephen Kent, Mark Atkins, Denra Dƒrr. Oltre a questi nomi "eccellenti", hanno completato il programma i tedeschi LOM, Didges Brew, Ansgar Stein, Wolfgang Saus (maestro del canto difonico tibetano), Baraban e Belisha Beacon, gli australiani Wild Marmalade e Bruce Rogers, gli elvetici Naturton, gli austriaci Ali Andress & IEP, l'olandese Peter Gerritson, lo spagnolo Ray de Horna e Stefano Focacci, da Firenze, il primo e per ora l'unico italiano ad essere mai stato invitato a questo prestigioso evento. Unico artista a dare forfait l'australiano Alan Dargin, purtroppo afflitto da problemi personali noti a tutti gli "addetti ai lavori" ma sui quali riteniamo indelicato soffermarci.
Il festival, organizzato in maniera eccellente da York Wendland della Janusphere Musik, Alek Blau e Petra, si è svolto appunto presso la UFA Fabrik, un ex complesso cinematografico trasformato in centro culturale, un luogo nel quale regnava un'atmosfera che in altri tempi sarebbe stata descritta come caratterizzata da "vibrazioni positive". Si tratta in effetti di una sorta di piccolo villaggio per artisti, con diverse sale utilizzate per concerti e seminari, spazio per show all'aperto (i concerti si svolgevano all'aperto fino alle 22, ora in cui - con rispetto tutto tedesco per le esigenze altrui - tutte le attività musicali si trasferivano al chiuso), ristoranti, alloggi, mensa, forno, palestra per arti marziali giapponesi, coreane e cinesi e tante altre cose, incluso un rotore per lo sfruttamento dell'energia eolica! Nei giorni di Sabato e Domenica è stato allestito anche un mercato all'aperto per la vendita di didgeridoo e strumenti musicali di vario genere, magliette, prodotti biologici ed altro. Contemporaneamente ai concerti sono stati tenuti seminari da parte degli artisti più importanti (interessantissimo quello di Bruce Rogers sulla costruzione dei didgeridoo), mostre di pittura dedicate all'arte aborigena, proiezioni di diapositive sull'Australia, conferenze sugli Aborigeni australiani e la loro cultura e svariati altri argomenti.   
Il pubblico si è dimostrato incredibilmente rispettoso, mai disattento e sempre pronto ad incoraggiare ogni artista con applausi: relativamente agli artisti meno famosi, l'impegno e l'originalità sono stati puntualmente ricompensati con calorosi applausi e richieste di bis, mentre per i big la reazione del pubblico è sempre stata a dir poco entusiastica.
Ovviamente, considerate le caratteristiche del loro sound, i due artisti che più hanno scatenato l'entusiasmo dei presenti sono stati Ganga Giri e Charlie McMahon - quest'ultimo universalmente riconosciuto come il miglior suonatore di didgeridoo in circolazione.
Ganga Giri (non si tratta di un soprannome - l'amico si chiama proprio cos„!), lui stesso valentissimo suonatore di djembe, è stato coadiuvato da due percussionisti, e in effetti il suo show è stato un vero e proprio tour de force ritmico: non ha caso egli definisce il proprio stile "molto funky e percussivo". Per certo, la sua musica ha scatenato le voglie danzerecce del pubblico, che si è prodotto in una sfrenata danza tribale per tutta la durata del suo trascinante show.
Simili performance tersicoree ha ispirato al pubblico anche Charlie McMahon, un personaggio sul quale vale decisamente la pena spendere due parole in più. Charlie McMahon - che ha un uncino al posto della mano destra, persa in giovane età in conseguenza di un incidente - ha cominciato a suonare il didgeridoo verso la fine degli Anni Sessanta, e pu&Mac249; vantarsi di essere stato il primo musicista non aborigeno a introdurre lo strumento in un contesto rock. Laureatosi in arte e pianificazione urbanistica all'università di Sydney, dopo avere svolto una serie di lavori entr&Mac249; alle dipendenze del governo, per il quale lavor&Mac249; in qualità di coordinatore allo sviluppo delle aree di Kintore e Kiwirrkurra nella regione del Deserto Occidentale, avendo modo di entrare a stretto contatto con gli Aborigeni; a metà del 1979 per&Mac249; lasci&Mac249; tutto per andare in tournée con il gruppo dei Midnight Oil. Andato a suonare per un anno negli USA, nel 1981 McMahon torn&Mac249; in Australia e form&Mac249; assieme al suonatore di sintetizzatore Peter Carolan i Gondwanaland, il cui primo disco, "Terra Incognita", fu realizzato nel 1982 con la collaborazione del chitarrista/violinista Andrew De Teliga e del batterista dei Midnight Oil Rob Hirst. Il disco ottenne un notevole successo, consentendo a McMahon di concentrarsi a tempo pieno sulla musica. Uomo decisamente "navigato", McMahon ha saputo trasfondere le proprie esperienze di viaggio nella musica dei Gondwanaland (scioltisi ufficialmente nel 1992) e in quella da lui realizzata come solista, una musica fortemente suggestiva e capace di evocare visioni di grandi spazi, caratterizzata da una sapiente fusione di suoni di didgeridoo e sintetizzatori con intricati pattern percussivi il cui risultato è un sound che è stato definito "Euro-ambient"; non a caso, egli ha collaborato alla realizzazione di diverse colonne sonore, tra le quali vanno citate quelle di "Mad Max - Oltre La Sfera Del Tuono", di "Priscilla La Regina Del Deserto" e di "Fino Alla Fine Del Mondo" di Wim Wenders. Charlie McMahon è universalmente ritenuto uno dei suonatori di didgeridoo bianchi tecnicamente più dotati in circolazione; il suo stile fortemente ritmico è caratterizzato da una respirazione estremamente rapida, che gli consente tra l'altro di produrre armonici molto chiari e potenti, ed egli è apprezzato e rispettato dagli stessi Aborigeni - anche perché non ha mai tentato di plagiare il loro stile tradizionale. Probabilmente, la sua esperienza lavorativa con le comunità aborigene della regione del Deserto Occidentale ha determinato in lui la convinzione che certe esperienze musicali e culturali non possono essere condivise: nel video della Gaia Films intitolato "Didjeridu With Charlie MacMahon" egli infatti afferma che "ci sono certe cose che, per quanto a lungo tu possa stare nel bush, non riuscirai mai a comprendere pienamente se non sei cresciuto assieme a certe tradizioni aborigene".  
McMahon è noto anche per un'altra cosa. Sua è infatti l'invenzione del "didjeribone", un particolare tipo di didgeridoo utilizzato da una gran parte dei partecipanti al Festival, inclusi Ganga Giri, Mark Atkins e lo stesso Stefano Focacci - che peraltro definisce McMahon "il mio principale punto di riferimento stilistico".  Il didjeribone (da "didjeridoo" e "trombone") è costituito due tubi di plastica che scivolano l'uno dentro l'altro, consentendo di modificare la lunghezza dello strumento e quindi di conseguenza anche la nota da questo emessa, non solo prima di ogni brano, ma anche durante il medesimo. Con un'estensione che va dal Sol acuto al Si bemolle basso, il didjeribone è senza dubbio uno strumento incredibilmente pratico, specie per chi suona con una band, e la sua qualità sonora non ha nulla da invidiare a quella dei didgeridoo in legno e che ha aperto alla musica per didgeridoo nuovi, vastissimi ed interessantissimi orizzonti.
Molto apprezzate sono state anche le performance, dalle caratteristiche musicali decisamente più meditative, dell'americano Stephen Kent, il cui sound è caratterizzato da una pulizia e da una chiarezza ai limiti del credibile, e dell'elvetico Denra Dƒrr, capace di trasportare l'ascoltatore in un affascinante mondo onirico e quasi magico. Oltremodo energica è stata la performance di Mark Atkins, il quale suona anche la chitarra (contemporaneamente al didgeridoo!). Atkins, che è di sangue misto aborigeno/irlandese, ha reso omaggio al proprio retaggio aprendo lo show con un pezzo nel quale ha suonato il didgeridoo sulla base di un brano per uillean pipe, la caratteristica cornamusa irlandese; il suo piatto forte è comunque rappresentato dai brani per solo didgeridoo, nei quali si produce in autentici tour de force ad una velocità assolutamente fantastica.  
È giusto infine spendere alcune parole su due musicisti che ha Berlino hanno rappresentato da soli le rispettive nazioni: lo spagnolo Ray de Horna e l'italiano Stefano Focacci. De Horna, che si è esibito nel pomeriggio di Sabato, ha suonato in modo decisamente potente e aggressivo, con uno stile molto "percussivo"; ha anche avuto l'astuta idea di portare con sé una "arma segreta", nella persona di Lys, una biondissima ragazza olandese che ha duettato con lui in tre brani suonando con un'energia e una potenza che molti che molti uomini avrebbero grosse difficoltà ad eguagliare, ammesso pure che vi riuscissero. Veramente impressionante·
Stefano Focacci, che come abbiamo detto ha suonato il didjeribone, si è esibito con l'accompagnamento di una batteria elettronica; il suo set è stato caratterizzato da una notevole varietà ritmica, ed egli si è prodotto in una serie di brani brevi ma molto intensi (andando cos„ in controtendenza rispetto al trend generale, caratterizzato da brani lunghi e progressivamente sempre più pressanti) passando da tempi più marcatamente funky ad uno swing, da un 6/8 dal sapore afro ad un ritmo chiaramente ispirato alla danza del ventre. Egli definisce il proprio stile "decisamente non tradizionale e con un forte accento ritmico", e non fa meraviglia, visto che prima di dedicarsi principalmente al didgeridoo Stefano è stato percussionista in due importanti band funk/r 'n' b fiorentine, Lightshine e Hypnodance. Del resto, egli continua tuttora a suonare le percussioni, ed afferma di non fare altro che trasferire sul didgeridoo i ritmi che suona sui molti strumenti a percussione (conga, bongos, doumbek, djembe e via dicendo) da lui posseduti. Il suo show è stato applaudito piuttosto calorosamente, e gli è stato chiesto anche un bis: per certo, non ha fatto sfigurare la scena del didgeridoo italiana, che peraltro - lo diciamo con una punta di amarezza - al Dreamtime Festival si è fatta notare unicamente per la propria assenza.
Per gli appassionati del didgeridoo, i prossimi appuntamenti in terra tedesca sono il 30 Giugno a Stoccarda, con l'esibizione di Charlie McMahon, ed il 13 Luglio a Monaco, dove quest'ultimo suonerà di nuovo assieme a Ganga Giri.

Stefano Focacci, unico italiano presente al Dreamtime Didgeridoo Festival di Berlino, è nato a Firenze il 21 Ottobre del 1958. Dopo essersi trastullato con la batteria durante l'adolescenza, all'inizio degli Anni Ottanta si è dedicato alle percussioni, e nel corso dei dieci anni successivi ha suonato con due band funk/r 'n' b, Lightshine e Hypnodance, e ha preso parte a numerose sedute di registrazione e show come session-man. Ha scoperto il didgeridoo nel 1995, quando, durante un viaggio di lavoro a Londra, si imbatté nel suonatore/fabbricante di didgeridoo Shaun Farrenden che suonava per strada a Portobello. Com'è spesso il caso, il suo primo didgeridoo è stato di bambù, al quale ha fatto seguito uno il legno alternativo: adesso per&Mac249; Stefano suona quasi esclusivamente didgeridoo in PVC da lui stesso fabbricati utilizzando materiale riciclato, e ultimamente si è concentrato sul didjeribone, che, a sua detta "è qualcosa di più che non semplicemente un didgeridoo, e necessita di un approccio del tutto particolare". Stefano, che attualmente sta collaborando con la cantautrice romana Barbara Di Prospero, il cui CD d'esordio dovrebbe vedere la luce nel 2003, dice di sé stesso: "Il mio stile è decisamente non tradizionale e con un forte accento sul ritmo. In effetti, deve molto di più a trent'anni di attento ascolto di qualsiasi tipo di musica ed alla mia esperienza di percussionista che non alla musica tradizionale aborigena. Ovviamente, non ho difficoltà a riconoscere il giusto credito agli Aborigeni australiani per avere inventato questo meraviglioso strumento, che per&Mac249; noi non-aborigeni dobbiamo suonare seguendo la nostra sensibilità artistica e musicale, e non plagiando la loro, della quale oltretutto sono in molti a sapere poco o nulla· Stilisticamente parlando, il mio principale punto di riferimento è sempre stato Charlie McMahon, ma una volta imparate le basi tecniche dello strumento ho cercato di sviluppare uno stile che fosse il più personale possibile".
Stefano Focacci per Il Popolodel Blues

Ernesto de Pascale


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