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BUFFALO SPRINGFIELD - Buffalo Springfield again


Salutato dalla critica internazionale come uno degli eventi musicali “storici” del 2001 la Rhino records di Los Angeles pubblica dopo almeno 10 anni di ripensamenti il tanto atteso cofanetto di 4 cd che documenta la storia di una delle più influenti formazioni d’America dei mid sixties: i Buffalo Springfield di Stephen Stills, Ritchie Furay, Neil Young, Bruce Palmer e Dewey Martin.
C’è chi dice che i Buffalo Springfield siano nati, vissuti e scomparsi troppo presto (Luglio 1966-Agosto 1968). Certo è che la loro eco è arrivata intatta ai nostri giorni, grazie a un album d’esordio pressoché perfetto che conteneva il più forte inno generazionale della “primavera dell’amore”, quella “For What it’s Worth” scritta da Stephen Stills, dedicata agli scontri studenteschi sul Sunset Strip a Los Angeles tra il 1966 e il 1967-e altre canzoni indimenticabili come “nowdays Clancy can’t even sing” di Neil Young, non la solita canzone da folk singer ma il tratto indelebile di un talento ancora oggi verificabile in dischi e concerti indimenticabili, solo per citarne due.
Scossi dal talento di Stills e Young i Buffalo Springfield ebbero vita interna difficile a cui si deve sommare la propensione di molti a trattare i musicisti esordienti con pochissima attenzione. Il canadese entro è uscì dal gruppo più volte mentre la sua “visione” andava espandendosi a vista d’occhio e d’orecchio ( fanno testo i primi due album solisti del canadese, ”Neil Young” e ”Everybody knows ...”, Stephen Stills dal canto suo, grazie al supporto di Ritchie Furay riuscì a tenere il gruppo in vita, con almeno un secondo disco che, pur oscurato dal primo, riascoltato oggi è un altro capolavoro di classe e stile fuori dal tempo, ”Buffalo Springfield Again”. I rimanenti componenti del gruppo, avviliti da quel che li circondava non poterono che accettare gli eventi.
Furono i cambiamenti troppo repentini a decretare la morte del gruppo: l’avvento de “L’estate dell’amore”, i primi grandi successi ”stagionali", la pressione delle gradi formazioni britanniche onda lunga della “british invasion” dei primi sessanta, l’avvento di un suono più muscolare e l’esplosione della musica nera di marca stax e Motown rasero al suolo le velleità e i sogni di un gruppo fondamentalmente fragile e con dinamiche da supergruppo ante litteram.
In questi quattro cd la loro storia è raccontata con minuzia e le molte incisioni inedite rendono l’ascolto della loro intera discografia (3 album, di cui il primo in versione “mono”, assolutamente differente da quella più diffusa, in stereo) ancora più affascinante.
Dei cinque componenti del gruppo solo due sono definitivamente passati alla storia, Young e Stills, ma di non poco conto è stato l’impegno di Richie Furay, per anni con i “Poco” e poi come solista mentre l’erratico Palmer non sopravvisse ai sessanta riapparendo con il compatriota canadese Neil in una tournee mondiale del 1982. Il batterista Martin invece non ha mai smesso di fare musica, da parte sua, ma l’amore per il rythm & blues lo ha fatto approdare sessantenne al nuovo millennio felice e senza ripensamenti.
La storia riconsegna oggi ai Buffalo Springfield quel ruolo essenziale che già alcuni ravvisero all’epoca. Buona compagnia ai quattro cd è la lettura del libro “For what it’s worth; the story of Buffalo Springfield” di John Einarson e Ritchie Furay, edizioni Quarry press del 1997, una carrellata attraverso 24 mesi che sconvolsero la musica americana, il cuore e la mente di cinque ventenni dalle improbabili visioni comuni e l’anima di milioni di seguaci negli anni a venire. E non ci volle che qualcuno affermasse che la musica dei Buffalo Sprigfield avesse salvato la vita a molti giovani dell’epoca.


Ernesto De Pascale

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