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Solomon Burke-Don’t Give Up on Me
(Fat Possum)



Vorreste andare in vacanza con un cd indimenticabile, ma i dischi costano obbiettivamente tanto e arrivare in fondo a molti di essi è impresa ardita? Nessun problema per questa estate 2002!. Infatti con il ritorno sulle scene discografiche del 67enne Solomon Burke, “The King of Rock & Soul”, alternativamente ”the Bishop of Soul”, avete risolto il problema. Perché ”Don’t Give Up on Me” (Fat Possum) è non solo il più bel disco di soul per l’anno in corso, ma anche uno dei più seri “contender” a diventare disco dell’anno.

Leggete qui di seguito la lunga sequenza di firme che non hanno voluto dire no a Solomon: si comincia con Dan Penn (quello di “Do right woman” e “Dark end of the street” per Aretha Franklin e mille altri) e si continua con Bob Dylan, Tom Waits, Van Morrison, l’inglesissimo Nick Lowe il cui ultimo cd è diretto parente delle sonorità dell’album di Burke, Brian Wilson e addirittura una vecchia coppia di autori dei primi anni sessanta Barry Mann e Cinthia Well aumentati dalla nerissima Brenda Russell. Insomma: un cast stellare. Tutti, sotto la guida del bravo Joe Henry a scrivere qualcosa di "anctified” per la voce calda e sensaule di Solomon Burke, uno degli ultimi baluardi della Sweet Soul Music di un tempo, un uomo la cui luce illumina una stanza buia, un uomo che con le sue parole tramuta un evento pagano in un rito religioso.

”Don’t give up on me” sopratutto è un disco splendido sopratutto perché parla al cuore della gente e perchè nella scrittura non vi è prevaricazione dell’interprete. E’ cioè un disco scritto per “quel” cantante, per ”quella” voce, per ”quella” persona. Per Solomon Burke, insomma, proprio come facevano una volta I grandi autori e non solo quelli di rhythm & blues. E’ un album pervaso da una atmosfera costante, tangibile, la potenza dell’anima affiora a ogni sillaba, a ogni melisma. Vi è una unità stilistica che rasserena e l’interprete di grandi canzoni come “Cry to Me”, “Down in The Valley” e ”Everybody needs Somebody to love” è perfettamente a suo agio tra le canzoni proposte e da lui stesso scelte. Difficile citare le migliori anche se le due scritte da Van Morrison (appaiono entrambi nel suo ultimo-anche quello bellissimo- disco, ”Down The Road”) sembrano essere sempre esistite nel repertorio della musica nera contemporanea.

Burke, aumentato qui e là da artisti come Daniel Lanois (U2 e molti altri) e dal gruppo vocale “The Five Blind Boys of Alabama” è in forma smagliante e canta con l’autorevolezza di sempre e la dolcezza del saggio. Il disco scorre veloce e si ha voglia di ricominciare. In un’era di tecnologia ”Don’t Give Up on Me” è un lavoro umanamente rassicurante. Suonato, pensato e realizzato da uomini, ”peccatori” li apostroferebbe Padre Solomon ”ma tutti redimibili” aggiungerebbe benevolo. ”Se solo crederanno della potenza della musica” aggiungerebbe poi, come confessò a chi scrive molti molti anni fa, passeggiando in una calda notte settembrina sotto i porticati di piazza San Pietro, mentre la sua voce profonda faceva risuonare i marmi secolari intonando “If You Need Me” e “Just Out of Reach”.

Ernesto de Pascale


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