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Chieftains
Further Down The Old Plank Road

Bmg



Da sempre attenti alla commistione tra la musica tradizione americana e il suo diretto progenitore, il folk anglo-scoto-irlandese, i Chieftains sono passati alla storia nel 1992 per aver inciso l'album Another Country, in cui si candidavano come gl'unici in grado di poter fondere la musica irlandese con il country-blugrass. Dopo vari episodi con incursioni in territori pop-rock insieme a gente del calibro di Sting, Rolling Stone, e ancor prima Van Morrison, lo scorso anno avevano dato alle stampe Down The Old Plank Road che raccoglieva parte del materiale inciso in alcune riuscitissime session a Nashville. Al loro fianco alcuni dei più importanti protagonisti della scena country americana, tra gli addetti ai lavori si sparse la voce che fosse una furba operazione da De-jà vù ma presto dovettero fare un bel passo indietro e arrendersi di fronte alla qualità e all'originalità di quel disco. Non più un sound prettamente tradizionale come in Another Country ma un travolgente mix di stili e generi che confluivano nello stile tipico dei Chieftains. Molto del materiale inciso era rimasto però inutilizzato e data la sua alta qualità Paddy Moloney, leader e anima dei Chieftains, all'uscita del disco aveva dichiarato in varie interviste che era già pronto un sequel e così da poco è nei negozi Further Down The Old Plank Road. Ad aggiungere un valore affettivo a questa pubblicazione è l'ultima apparizione su disco di Derek Bell, membro storico della band, scomparso lo scorso anno. Rispetto al suo predecessore suona più virato verso il bluegrass che verso il country in senso stretto ma l'idea di base è invariata. Una maggior carica emotiva si apprezza nel loro solito e attento lavoro di recupero a livello storico-musicale che riporta alla luce alcune perle vere della tradizione americana come Moonshiner o Jordan's A Hard Road To Travel.
Avvolti dal ritmo travolgente di questo disco, si passa attraverso sedici splendidi brani, che conducono per mano l'ascoltatore dal verde dell'Irlanda agli Appalachi, passando attraverso il mai dimenticato west attraverso tre secoli di musica. Impareggiabile il lavoro di riarrangiamento e produzione sui vari brani il che permette di avvicinarsi con passione ad una musica dall'alto impatto emozionale come quella irlandese, che serpeggia vivace nelle danze più scatenate ma che poi si innalza a monumento nelle commoventi ballate della tradizione. Vastissimo anche in questo disco la schiera degl'ospiti del calibro di Emmylou Harris, Nitty Gritty Dirt Band, Rosanne Cash, Patty Loveless e John Hiatt, ognuno fornisce il suo apporto in modo rispettoso avvicinandosi alla musica dei Chieftains quasi con devozione. Qualcuno si è chiesto come Paddy Moloney e compagni riescano a mettere d'accordo tanti musicisti con stili e pretese diverse, la risposta è nell'immediatezza di ogni brano, tra le note di questo disco si respira un'aria familiare serena, e il tutto ha l'aria di essere registrato in una serata passata a suonare tra vecchi amici. Soprendente è vedere in apertura una band bluegrass emergente come i Nickel Creek alle prese con la classica Raggle Taggle Gypsy, un brano del diciottesimo secolo che dimostra da subito come questa sia l'ennesima scommessa vinta dalla band irlandese. Ottimo anche l'apporto di John Hiatt che da il meglio di se nella divertente Jordan's A Hard Road To Travel dominata dagli intrecci di arpa e flauto con il banjo di Bela Fleck che aggiunge molto di suo a questo brano che alla fine sfocia nella travolgente reel Man In The House. Sempre sul versante dei brani più coinvolgenti ci sono The Moonshiner e I'm A Rambler in un alcolico medley magistralmente cantato da Joe Ely, supportato alla grande dai Chieftains che incantano a ritmo di valzer nel finale. Convincente anche la prova di Don Williams che si lancia nel tradizionale Wild Mountain Thyme da sempre caposaldo della musica tradizionale americana. Uno scorcio di arte cristallina è Lambs In The Greenfield interpretata Emmylou Harris, dove l'arpa di Derek Bell si intreccia alla perfezione con la resophonic guitar e i violini suonati da Sean Keane e Stuart Duncan. A completare un quadro perfetto di un ideale cielo d'Irlanda che si stende sugli Appalachi ci sono l'incisiva Talk About Sufferin con il grande Ricky Skaggs e la virtuosistica Shady Grove dominata dal sound tipicamente bluegrass di Tim O'Brien. L'unico brano non tradizionale del disco è la piacevole Bandit Of Love di Carlene Carter, che grazie all'apporto dell'accodion di Sharon Shannon acquista maggior incisività rispetto alla sua versione originale apparsa in Musical Shapes del 1980, il brano sul finale sfuma in The Cheatin' Waltz dove i Chieftains la fanno ancora da padroni. Rosanne Cash chiude un grande disco con una personale rilettura carica di energia di The Lily Of The West.


Salvatore Esposito

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