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Elliott Smith: From a Basement On The Hill
Quando il 21 ottobre di un anno fa giunse la notizia del suicidio di Elliott Smith, tormentato cantautore di Portland, molti fecero riferimento alla figura di Nick Drake, di cui la sua storia pareva ricalcarne in tutto e per tutto le orme. Elliott nei suoi ultimi dischi aveva lasciato trasparire il suo senso di solitudine e di insofferenza per la vita che nonostante i successi iniziali pareva in caduta libera. Preda infatti dei suoi discografici, che per motivi speculativi, non lo autorizzavano a pubblicare questo disco, Elliott appariva sempre più demotivato tuttavia la sua morte lasciò il mondo del rock senza fiato. A distanza di quasi un anno, lo ritroviamo nei negozi, proprio con quel disco rimasto nei cassetti per tanto tempo. L’ascolto di From A Basement On The Hill, questo il titolo del disco, lascia l’amaro in bocca, le intuizioni di Smith erano eccellenti, il distacco dal sound orchestrale di dischi come Xo e Figure 8 è senza dubbio un segno evidente della raggiunta maturità artistica. Le sue ballate si stendono su un tappeto armonico di chitarre elettriche ed acustiche che generano un sound particolarissimo come dimostra la suggestiva King's Crossing. Non mancano lievi accenni al low fi o al pop d’autore come dimostrano Fond Farewell, la pianistica Pretty (Ugly Before), A Passing Feeling e Let's Get Lost. Di un altro pianeta è poi la commovente e nostalgica ballad Twilight che contrapposta agli esperimenti post-rock di Don't Go Down e Coast To Coast, suona come un raggio di speranza nel buio. Sarebbe un peccato dunque tralasciare questo disco solo perché postumo, qui tra le trame di From A Basement On The Hill risiede il testamento spirituale di un grande songwriter avrebbe meritato di più in vita e non questo revisionismo accademico post-mortem. |
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