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The Great Crusades - Welcome to the Hiawatha Inn
(Glitterhouse)
www.thegreatcrusades.com

Aveva visto giusto Greil Marcus quando definì i Great Crusades, un manipolo di Midwestern Gangsters. Aveva visto giusto perché questa band è senza dubbio un’altra delle importanti rivelazioni del 2004, senza dubbio sono la band che meglio è riuscita a trovare uno stile proprio e delineato, senza ricorrere alle influenze marcate che seppur presenti sono senza dubbio ben amalgamate con il loro personale gusto artistico. Autori in passato di un buon disco come Never Go Home, completamente ignorato dal pubblico e dalla critica, i Great Crusades sono interpreti di un sound urbano dalle atmosfere notturne in cui fanno capo accenti di raffinato songwriting dove alle chitarre elettriche si sposano alla perfezione piano ed archi. Sarà la voce catramata di Brain Krumm o le taglienti chitarre elettriche di Brain Leach, certo è che l’incursione di Welcome to the Hiawatha Inn nel panorama rock lascerà un segno indelebile con le sue storie da vicoli ciechi e bui, coltelli e malviventi di provincia. Il titolo prende il nome da un vecchio bar di Chicago in cui i Crusades hanno spesso incrociato le chitarre, ed è significativo come siano riusciti a rendere vive le sue storie con le loro canzoni. L’immaginario rock dei Great Crusades è così popolato da un vibrante animo elettrico in cui di volta in volta Brian Krumm veste i panni del consumato cantautore di provincia (Pilsen, November) in cui molti lo hanno accostato a Tom Waits, o ancora al rocker consumato in vena di storytelling noir (Hiawatha Inn, God Gave Me). Certo è che in entrambe le vesti Krumm riesce ad impressionare e lo fa anche alle prese con la tormentata Who Makes the Voices Stop?, posta in apertura, o con il country-rock malato di Spinning Head e di Badlands.

Salvatore Esposito



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