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Ray Lamontagne: Trouble
(echo)
www.raylamontagne.com


Immaginate uno scalatore alle prese con una parete ed ecco un buon paragone per la voce di Ray Lamontagne, artista trentunenne del Maine, tardivo esordiente che vale la pena ascoltare e scoprire. Qualche maestro ci aiuta a parlare di lui e della sua vocalità che è il fulcro di questo esordio dai toni intimi. La ombra del Terry Reid, il cantante che fu la prima scelta di Jimmy Page per i suoi New Yardbirds e del quale non dovrebbe mancarvi l’album con David Lindley del 1973 “The River” (atlantic ) e quella di John Martyn di “Solid Air “ aleggiano in questo album senza fronzoli ben prodotto da Ethan Johns. La presenza di questo figlio d’arte (il padre è quel Glyn produttore di tanti capolavori ma sopratutto di “Who’s Next“) ha istigato nei colleghi della stampa inglese paragoni con Ryan Adams di “Gold“ ma, sinceramente, Ray Lamontagne è un’artista di ben altro livello. Il cantautore, che le cronache definiscono come un depresso convulsivo, lavora sui grooves delle composizioni come un vero artista di musica nera. Partono qui altri paragoni: Sam Cooke, R.B.Greaves di “send a letter to Maria “, Brook Benton ma anche il Tony Joe White di “Rainy Night in Georgia “, il Dan Penn del suo primo raro album solo e altri ancora come Steven Stills ( ascoltate “Forever my friend” che potrebbe uscire da un disco dei Mananssas!) o Levon Helm e Rick Danko. Insomma, Ray La Montagne è in buon compagnia quando si parla della sua musica e della sua vocalità. “Trouble” è una magnifica scoperta e va conservato con i più recenti lavori di Solomon Burke, Al Green e Mavis Staples. E’ un disco impreziosito da un parco uso degli archi che creano un bel contrasto con la voce cartavetrata di Ray che pare aver trovato la propria peace of mind con questa pubblicazione. Dal primo brano, “Trouble”, quello che dà il titolo all’album alla atmosfera alla “out of the weekend” del successivo “Shelter” che pare uscito da “Harvest” ecco la voce di Ray che si inerpica in alto per graffiare l’anima e via così per 40 grandi minuti. Lamontagne è grande fin da subito, diciamolo, e fa stringere il cuore per questo tono amaro che le sue dolci composizioni acquistano misura dopo misura. Fra i migliori dischi del 2004 e certamente ad oggi il miglior esordio.

Ernesto de Pascale



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