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The San Francisco Sound
Ogni periodo musicale ha le sue leggende e quelle legate all'avventura psichedelica di San Francisco negli anni sessanta è una delle più dure a morire.
Che senso ha parlare dell'acid rock 15 anni dopo? Probabilmente lo stesso senso che ci spinge a considerare "Sergent Pepper" come uno dei dischi fondamentali del rock, la materializzazione di sensazioni ed intenzioni non solo musicali.
La città di San Francisco non poteva essere posto migliore per la fioritura delle "nuove menti" statunitensi, già memore di tutti i movimenti artistici degli, anni '50, quali "beatnicks" o "west coast jazz". La città aveva, insomma, dimostrato la voglia di cambiare di una generazione insoddisfatta, quella generazione di cui facevano parte i Kerouac ed i Lenny Bruce. Dieci anni dopo il movimento psichedelico veniva a insediarsi come "the next big thing to come", l'avvenimento sociale più importante della seconda metà degli anni sessanta, l'avventura musicale e politica più grossa all'interno di un sistema avariato e sull'orlo del collasso.
Precursore dell'intero movimento, un gruppo che merita qualche parola in più: The Charlatans.
Questa formazione colpi l'immaginazione di tutti a S. Francisco non solo per la musica, una miscela di blues, jazz, country e "strane distorsioni", ma, soprattutto per il loro sconvolgente "live act". Vestiti come "gamblers" del secolo scorso, come veri giocatori d'azzardo, i Charlatans si facevano accompagnare da un "light show" che sconvolse il pubblico convenuto al "longshore hall", poco fuori San Francisco, per il primo "ballo" dell'era psichedelica, il 10 ottobre 1965.
Ecco come descrive l'avvenimento Ralph Gleason, giornalista e fondatore della rivista "Rolling Stone": "…Gente vestita in modo assolutamente anomalo, abiti dei nonni, e donne seminude, In fondo alla sala un bancone dove inservienti alle prime armi servivano bibite, ma niente alcool, Accanto a loro una rivendita (un baracchino) di mele; persone che vendevano poster disegnati a mano, gente felice e sul palcoscenico questo gruppo che suonava una musica del tutto inusuale, mentre sullo schermo alle loro spalle colori ed oli si mischiavano in sintonia con i ritmi. Un globo girava sopra le teste di chi ballava, l'odore di incenso era dovunque. Dal palco un denso e basso fumo scendeva, i Charlatans suonavano strani strumenti ed avevano una gran varietà di diapositive su uno schermo laterale a destra. Alla loro sinistra spezzoni di film in bianco e nero. Mai si era vista una cosa simile...". Il gruppo texano accese una scintilla ma, purtroppo, non ebbe fortuna. Erano troppo avanti nel tempo, tre anni prima dell'esperienza dei "Kaleidoscope", che presentavano, uno spettacolo simile, due anni prima di Jerry Garcia and the Grateful Dead e delle loro lunghe suite in concerto. Ebbero sfortuna ed il loro unico lp, oggi ristampato dell'etichetta francese "Eva", solo in parte rispecchiava la loro immagine. Un altro, mai stampato all'epoca, avrebbe dovuto aspettare 15 anni per essere, abusivamente, pubblicato. Si sciolsero così nel 1968 dopo un ultimo, straordinario, concerto al BilI Graham's Fillmore West in Haight Asbury avenue.
Jefferson Airplane
Ma i Charlatans insegnarono molto a tutti. Mai i Moby Grape una delle più singolari formazioni dell'area avrebbero inciso un album quale il loro disco d'esordio se i Charlatans non fossero esistiti. Miller , Spence, Stevenson e soci (The Moby Grape) vivevano su dei barconi ancorati al Golden Gate e lì provavano, suonavano, vivevano tutti insieme in una sorta di comune. Al di fuori di ogni cosa, la loro vita era legata ad una esperienza musicale ricca di precedenti. Il loro primo disco, su etichetta "Columbia", fece gridare al miracolo. Un pugno di canzoni estremamente curate, forse troppo arrangiate, molto di più del "Taking Off" dei Jefferson Airplane o del "San Francisco Grateful Dead" di Jerry Garcia e soci, 'molto di più. Chitarre e sitar , flauti ed echi lontani, percussioni un po' dovunque. La "Columbia" rimase intontita ma, Clive Davis boss dell'etichetta americana capì il business ed accettò di buon grado quell'insieme di suono. I "Moby Grape", tornarono a San Francisco, furono il gruppo chiave per Frisco proprio perché erano una band locale, l'impersonificazione di un qualcosa che non si doveva importare da alcun luogo ed in breve tempo scavalcarono in popolarità i Charlatans diventando resident group del primo Fillmore, una vecchia sala da ballo che BilI Graham seppe rimodernare con sapienza. John Cipollina ed i suoi Quicksilver Messanger Service (altra mitica formazione dell'epoca) rubarono molte idee a Spence e compagni; li seguivano dovunque e solo dopo il sodalizio con il cantautore newyorkese Dino Valenti, svilupparono uno style personale. Dovettero, però, aspettare che Valenti venisse scarcerato per riaverlo nel gruppo e questo avvenne nel '68. Nel frattempo incisero due album con l'etichetta Capitol, duè dischi di musica "fluente", di esperimenti chitarristici, di battaglie furiose fra John Cipollina e Gary Duncan. Un "calvario" sonoro, la reale esplosione dell'acido su disco. Gli attenti ascoltatori lo capirono subito e capirono anche che in quel periodo Jerry Garcia suonava semplicemente una lontana imitazione dello stile di Cipollina. Un pretesto per riascoltarsi oggi entrambi gli album di esordio!
Jefferson Airplane
Con Valenti, invece, i QMS combinarono esperienze diverse e con l'inserimento del pianista inglese Nicky Hopkins miscelarono diverse idee, tendenze in pieno realizzate nel loro quarto album: "Just for love", il loro disco definitivo. Il resto non avrebbe poi più colpito il centro... I Grateful Dead le figure mitiche della musica di S. Francisco riuscirono a restare a galla nel gran marasma grazie alle loro buone capacità tecniche ed alla grande quantità di acidi che prendevano, spinti da Babbs e Kasey; una sorta di test continuo che si sarebbe poi compiuto in pieno negli album “American Beauty" - collage di de- cine e decine di concerti -Aoxomoxoa - con una delle più belle copertine del San Francisco sound e con il.'Live" del 1969; un album doppio dove tre delle quattro facciate andrebbero suonate senza mai togliere la testina dai solchi. Ma come fare?
Anche loro non riuscirono a colpire il centro dopo di allora anche se, va ammesso, continuarono e continuano ad offrire proposte musicali diverse. Oggi, ancora suonano lunghi ed estenuanti concerti, il pubblico che fedelmente li segue in concerti da 30.000 spettatori, ha quasi smesso di comprare i loro dischi. I Grateful vivono ma solo per chi li segue in concerto, forse, sarebbe meglio dire, per chi li sa seguire.
Da questa lunga lista di ricordi e memorie non possono restare fuori i Jefferson Airplain, una pazza combriccola di musicisti ed attori provenienti da tutte le parti degli States. Balin da New York, dove faceva il ballerino, Kantner e la Slick dalle colline di San Francisco, Casady e Kaukonen, di origine finlandese, da Seattle, nello stato di Washington dove facevano i bluesman.
Ebbero più fortuna di chiunque altro perché seppero bene amministrarsi. Giocarono al rialzo con la RCA e riuscirono a vendere fumo negli occhi a tutti. Graham li segui - ed ancora oggi li segue sotto lo stemma Starship -con mano sicura e riuscì a definire il loro "look". Musicalmente vivendo alle spalle di Kaukonen e Casady, che avrebbero poi sapientemente scelto la strada migliore formando gli Hot Tuna (“Hot shit" non piaceva a nessuno alla RCA!), il resto era tutto sottoposto all'occhio attento ed all'orecchio vigile di Graham; riuscirono ad entrare nelle simpatie di chi si schierava contro il militarismo ed il Vietnam ma, attenzione, mai partì Kantner per la guerra ed il gruppo di certo non seppe dire di no alle migliaia di verdi bigliettoni che la Levi's offri loro per quattro jingles pubblicitari. Un po' dovunque nacquero band psichedeliche e nessuno voleva le uova rotte nel proprio paniere. Quel nessuno sono ed erano, naturalmente, gli impresari. Per molti, i puristi per intenderci, l’ esperienza psichedelica termina il 10 Gennaio 1967, con l'apertura della nuova sala Fillmore, l'human be-in al Golden gate Park e la messa in commercio dei primi album dei su citati artisti.
Essere ancor più capillari vorrebbe dire oggi tramutare la musica, le sensazioni, in commercio di bassa lega. Troppi ci hanno pensato a farlo e molti ci sono riusciti a discapito degli artisti. Ed allora che fare? Diventare naturisti come Sky Saxon, leader dei "Seeds" uno dei gruppi più violenti di San Francisco, fuggire a Goa come "the Ultimate spinach", sedersi dinanzi ad un televisore e seguire con l'armonica le sue "prove" sotto gli effetti di un acido che dura da dieci anni, come da dieci anni, appunto, fa Simon Feldthouse, il mitico girovago dei Kaleidoscope, o molto più semplicemente, diventare parte del business, possibilmente nel mondo della musica? Forse nessuna di queste è la risposta. La mente umana è talmente unica da codificare i segnali in messaggi che appartengono alla singola persona in questione ed a nessun altro. Certa è, comunque, l'importanza che il movimento psichedelico ha avuto su tutto il gusto a venire, anche sul "rigetto" avvenuto con la nascita del country-rock a Los Angeles, pochi anni dopo.
L 'acid rock è oggi sulla bocca di tutti perché in U.S. dilaga la voglia di risperimentare determinate sensazioni, di far finta che il tempo non sia passato. Ed anche se è vero che niente si crea e niente si distrugge è anche vero che i tempi ci hanno dimostrato che le qualità musicali di oggi hanno non solo superato le ipotesi ma, addirittura, messo una seria ipoteca sul termine rock. Un termine che sta sempre più stretto a dei personaggi che amano osare; osare non più perdersi nell'oscurità dei negozi da collezionista, ma osare per evolvere il suono e le proprie creatività in qualsiasi direzione e verso mille e differenti mete.
Ernesto De Pascale
Articolo originariamente pubblicato su “Audio Review”, 1985
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