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. Robert Plant & The Strange Sensation

Robert Plant & The Strange Sensation
Sasch Hall 27.11/2005



Scorgo il Robert Plant scolpito nella mia memoria a metà concerto, dopo una versione tonante di “Black Dog”, dopo una bellissima “Seven and Seven is” dei Love che passa praticamente inosservata, dopo l’inizio con due brani dal nuovo “Mighty Rearrenger” davanti a un pubblico prevalentemente giovane che vuole vedere in azione una delle icone del rock degli anni settanta.
Lo vedo e lo riconosco secondo i miei moduli di memoria.
Eccolo Plant, nell’ombra, spalla a spalla con Justin Adams, suo musical director, un pò curvo, boccoli biondi al vento (ventilatore), il cavo del microfono in tiro, nella stessa posa vista mille volte in foto.
E Robert per un attimo non è più l’adulto signorotto dotato di uno stile originale e unico che propugna con classe, ma solo il più giovane dei quattro Led Zeppelin.
La musica, stasera, conferma la mia impressione. Il pubblico apprezza molto.
Dei leggendari padroni indiscussi del rock dei seventies Plant licenzierà, nel corso del concerto senza tanti peli sulla lingua e con tanta autorevolezza, una versione di “Going To California” non dissimile dall’originale, una straordinaria “Gallow Pole” miscelata a “Jail Bring me Water”, una applaudita “What Is and What Should Never Be” e una conclusiva “Whole Lotta Love” che pare rinascere dalle radici di “Hoochie Coochie Man”.
Per il resto dei 75 minuti restano intatte le impressioni Middle East che Plant si porta appresso da anni ormai, per uno spettacolo non dissimile da quello che la band sta portando in giro da mesi. Poche variazioni nella scaletta e, invece, molta voglia di aprirsi finestre di improvvisazione al limite della ricerca atonale come in una irriconoscibile “Hey Joe”( “la hanno suonata tutti, da Jimi Hendrix ai Love, Leaves, Byrds, perfino Shirley Bassey” ricorda Robert ma il pubblica coglie solo il nome del chitarrista di Seattle, putroppo!…) metà heavy rock, una parte dark trance, un’altra parte Heavy Mali Music con Justin Adams che suona il Gimbri, uno strumento a corde proveniente da quelle coste africane.
The Strange Sensation dà l’impressione di essere una formazione unita, e prima di chiudere una versione che mischia blues del delta, deserto e trance elettronica di “The Echanter”, Robert si sbilancia e presenta il gruppo come ”The best thing on the planet” aggiungendo poche ma precise parole: “Fantastic”, per salutare, infine, con un sincero “Be Happy”.
Quanti sono quelli che ti si rivolgono così a fine di serata ?.
Siate Felici. Peace & Love.

Ernesto de Pascale

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