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Espers - Espers
(Wichita/Locust)
www.espers.org
www.wichita-recordings.com
Sweet and hypnotic sad songs for a convincing debut album of this acustic trio from the Appalachian Mountains
Il pregio di Meg Baird( voce e chitarre), Brooke Sietinson( chiatrre), Greg weeks ( polistrumentista) consiste nel non avere individuato uno stile preciso ma di aver fatto leva sulla introspezione e sulla ricerca della sonorità. Espers, oggi pronti a pubblicare un nuovo disco in meno di un anno, suonano perciò più simili a Incredible String Band, Third Ear Band, Comus che a certe band americane che svolgono il loro stesso percorso come i bostoniani Tarbox Ramblers.
Il termine acid folk calza al trio degli Espers che, sceso dalle montagne appalachiane ha fatto di Philadelphia la propria casa; i tre componenti del gruppo elettroacustico scelgono stesure per nulla cantautorali e brani centrati sulla ciclicità: essi funzionano meglio quando l’atmosfera si gonfia grazie a chitarre elettriche lontane e distorte che incrociano poca e parsimoniosa effettistica.
“Espers” piacerà perciò a quanti hanno apprezzato Gary Higgins fra gli artisti di ieri, Josephine Foster( con la quale condividono l’etichetta), il di gran lunga inferiore a loro Devendra Banhart, Cocorosie fra quelli di oggi con cui condividono il genere (o il non genere).
Sette i brani che compongono l’album d’esordio degli Espers ( più una ghost track che pare essere uscita dal repertorio del compositore del novecento Lygeti). Nei quaranta minuti del disco e tra i brani che lo compongono brilla certamente sul resto “Byss and Abyss”, brano che dopo 4 minuti circa volta faccia su un intervento di flauto per trasformarsi in un lungo viaggio acido dal tono apocalittico e dalla coda maldestramente blues.
La composizione in questione, “Byss and Abyss”, non avrebbe certo sfigurato nel repertorio di Ben Chasny e dei suoi Six Organs of Admittance ma ancor di più in quello dei leggendari Brainticket dei primi settanta, anche loro un trio, band che qualcuno dovrebbe rivalutare soprattutto sull’onda di dischi come questo, dell’interesse che generano e del panorama, in fermento e internazionalmente in crescita, che rappresentano.
Ernesto de Pascale
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