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Carla Thomas - Live at The Bohemians Caverns
(Stax/Concord)

Dimenticatevi per un attimo la Carla Thomas straordinaria interprete di Rythm & Blues, la regina di quel Kings & Queens in duetto con Otis Redding che nell’inverno 1966/1967, grazie al singolo”Tramp” la vide scalare tutte le classifiche internazionali dedicate al Rythm & Blues. Date, piuttosto il benvenuto alla Carla Thomas di “Live At The Bohemian Caverns”, una consumata interprete di standard secondo quei canoni cari ad altri grandi interpreti neri, appassionate voci dell’immenso songbook americano, da Carmen McRae a Dinah Washington.
Al Bohemian Caverns, 2001, 11th st, Washington D.C. per una intera settimana lavorativa, dal 24 al 28 maggio 1967, Carla, fresca del successo della Stax Revue in Europa propone - praticamente per la prima volta - un repertorio che la eleva una spanna sopra molte sue contemporanee.
Le registrazioni che dovevano costituire un album a cui venne dato anche un numero di catalogo, sono rimaste inedite fino ai nostri giorni.
La serata fermata all’epoca su nastro ha un che di musicalmente miracoloso, viene da pensare ascoltando il lussuoso setting acustico dei molti classici Tin Pan Alley e di alcuni celebri temi di Broadway che la Thomas propone. Un miracolo che ha però un nome nascosto dietro i tasti bianchi e neri del pianoforte che accompagna la giovane cantante nera: il nome di quel miracolo è Danny Hathway. Hathway, compagno d’università di Carla, straordinario autore ed arrangiatore ancora in fieri che da lì a poche stagione avrebbe raccolto il testimone di casa Stax, proponendosi su Atlantic Record insieme alla sua scoperta più eclatante, la giovanissima Roberta Flack (proprio negli anni in cui i memphisiani mostrano i primi segni di cedimento). Proprio Hathway è il motore di questa performance di Carla.
Si ascolti il bellissimo blues ”Evenin’” o l’originale “Never Be True” per capire l’attualità armonica, melodica, stilistica e concettuale di Hathway. Comparando questa registrazione al Sound della Stax, siamo davvero altrove, così come altrove siamo rispetto al jazz d’’intrattenimento che tanto andava di moda nei lounge bar dell’epoca. Qui si sperimenta, senza mai abbandonare la melodia e la canzone.
Entrando un po’ a fondo nell’ascolto l’atmosfera frizzante della serata - tutti gli executive della Stax erano volati quella sera a Washington Dc per la registrazione - si ha l’impressione di vivere dentro un piccolo grande mondo di neri del Sud per la prima volta vittoriosi, dopo anni di sconfitte. Nessuno sapeva ancora che, ahimè!, il 1967 sarebbe stato per loro il canto del cigno.

Ernesto de Pascale

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