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The Handsome Family Intervista a Rennie Sparks
Paladini del sound American Gothic, Brett e Rennie Sparks, ovvero The Handsome Family, sono una delle più affascinanti realtà della scena cantautorale americana. Nei loro trascorsi musicali ci sono non solo ottimi dischi come Singing Bones, Twilight e il recente Last Days Of Wonder ma anche prestigiose collaborazioni come i duetti con Leonard Cohen nel musical di Hal Willner Came So Far For Beauty e sulla colonna sonora di I’m Your Man, o come quella nel progetto Big Session della Oyster Band. Il loro ultimo album Last Days Of Wonder, il settimo della loro carriera, segna una svolta nella loro musica, il gotico lascia spezio a dolci canzoni d’amore cantate negli aeroporti, nelle discariche dell’immondizia, nella acque infestate da squali, tra paludi e miniere, laboratori e vicoli malfamati. Il loro talento narrativo, la loro visionarietà e il loro romanticismo poetico, emergono a pieno in questo disco a conferma del loro vincolo indissolubile con la letteratura. Gli Handosme hanno da pochi giorni terminato il loro mini tour in Italia, li abbiamo incontrati per parlare dei loro concerti, del loro percorso musicale e del già citato Last Days Of Wonder
Greil Marcus ha detto che il surrealismo dei vostri testi è assolutamente unico nel panorama musicale contemporaneo e vi ha definiti come i Beatles della musica folk
Forse è stato frainteso (Ride) Lui parlava dei Beatles e poi, non penso che attualmente siamo i Beatles della folk musica. (Ride) In realtà le cose sono andate così. Lui ha scritto un articolo su My Sister's Tiny Hands e l’ha paragonata a A Day In The Life e ha detto che questa canzone è l’equivalente folk di A Day In The Life. Quella è una delle canzone più belle che sono state scritte. (Ride).
Una domanda banale ma forse curiosa per i nostri lettori: da dove nasce il nome Handsome Family?
E’ solo uno stupido nome. Un nostro vecchio batterista mi aveva dato Handsome come nomignolo, solo sarcasticamente e lui ci chiamava proprio così Handsome Family. Mi auguro che lui volesse che la nostra band avesse un nome come Carter Family, ad ogni modo abbiamo trovato divertente questa cosa e lo abbiamo scelto come nome della band.
Come è nata la tua passione per la musica?
Quando ero bambina sono praticamente vissuta sempre a contatto con la musica folk perché i miei genitori mi hanno trasmesso
Cosa ti attrae della folk music?
Amo moltissimo le murder ballads, e anche se narrano di vicende tragiche come suicidi, amori perduti, omicidi, hanno melodie splendide con testi semplici ma che colpiscono dritto al cuore. Queste canzoni racchiudono in poche note il gusto ora dolce ora amaro della nostra vita.
Siete considerati tra le migliori band di Alternative-Country e Roots Music, cosa ne pensate di questa scena musicale?
Non ci sentiamo di appartenere a nessuna scena musicale, men che mai a quella dell’Alternative Country. E’ una scena che non mi piace per niente, è un tentativo di essere commerciali morto sul nascere. Se il discorso lo vediamo invece dal punto di vista dei contenuti posso dirti che è la Roots Music, ha dei contenuti più adulti, con significati profondi ben diversa insomma dalla pop music. Ad ogni modo per se devo classificare gli Handosome preferirei dire che siamo un duo di cantautorato folk a tutti gli effetti. Ho sempre pensato a me stessa come cantautrice e non mi sento affine a nessun genere.
Cosa risponderesti a quei critici che hanno descritto la vostra musica come alternative-country con un senso del gotico
Non risponderei (Ride).. direi che le nostre canzoni sono ossessionate dal catturare quel senso di orribile bellezza del mondo.
Quali sono le ispirazioni dei tuoi brani? Nei tuoi testi ho trovato molta letteratura americana, ed in particolare alcune immagini mi rimandano dritto a William Faulker…
Adoro Faulkner e i suoi libri, ma leggo di tutto, in particolare molti libri di storia e di scienze naturali. Le mie canzoni richiamano i nostri tempi, sono metafore del passato che rimandano al presente con un tocco di folle visionarietà. Per quello che riguarda i toni noir di alcuni testi penso che si debba necessariamente conoscere il tragico e l’oscuro per capire le gioie e le bellezze del mondo che ci circonda. Ho smesso di leggere libri moderni e non compro molti dischi perché divento depressa quando compro qualcosa e poi finisco per odiarla. Preferisco leggere appunto Faulker ma anche Raymond Caver e Thom Jones. Mi piace moltissimo anche Virginia Woolf. Ho trovato poche persone a cui piace. Tu hai mai letto qualcosa?
Si il suo primo libro The Voyage Out (in italiano La Crociera) e To The Lighthouse (in italiano Al Faro)..
Entrambi molto belli ma il mio preferito è Night And Day (in Italiano Giorno e Notte). Della Woolf mi piace molto il suo voler catturare ciò che di bello c’è nella vita, sai lei si è suicidata perché era depressa, e i suoi libri penso che siano completamente all’opposto. Lì c’è la ragione per vivere a lungo. Non sono per niente d’accordo con chi dice che io scriva come Flannery O'Connor, anzi devo dirti che non mi piace per niente. La sua visione crudele della vita, i suoi giudizi senza compassione per la gente. Lei era una fondamentalista cattolica e penso che questo abbia influenzato molto i suoi scritti dove è come se ci fosse un Dio crudele in cui lei crede.
Le vostre canzoni sono per lo più murder ballads. Quanto vi ha influenzato l’ Anthology of American Folk Music di Harry Smith?
Brett ha trovato una copia in vinile del box set dell’Anthology nella biblioteca di Ann Arbor, Michigan nel 1989. Abbiamo amato molto e amiamo molto quelle incisioni. Ci hanno sconvolto le liner notes e i tanti simboli occulti disseminati, in particolare ci ha influenzato The Ballads e abbiamo letto tutto ciò che Greil Marcus ha scritto a riguardo. Lui è uno scrittore intelligente e i suoi commenti sono stati allo stesso modo un ispirazione. Non credo che ci sia un fatalismo, forse nel Buddismo c’è qualcosa di simile nella concezione che tutto è un sogno. Non ho mai pensato che le vecchie ballate siano fatalistiche. Penso piuttosto che quei brani posseggano un senso della storia americana, che si sta perdendo. Negli States è sempre stato “tutto e subito” e non esiste ne un passato ne un futuro, ma non è così. Noi americani tentiamo di proteggerci dal dolore del mondo ma è un compito utopistico. La bellezza e la gioia non significano nulla, ripeto, se non si conosce prima la cattiveria, la malvagità, il sangue, il dolore e la tristezza.
Come descriveresti il vostro ultimo disco, Last Days of Wonder? In cosa è differente rispetto alla vostra produzione precedente?
Questo nuovo disco è una raccolta di canzoni d’amore, storie che hanno luogo in posti strani come paludi, miniere, laboratori e vicoli malfamati. Volevo canzoni che esprimessero il più alto senso della natura e delle emozioni, canzoni che fossero davvero romantiche e che celebrassero il piccolo misticismo di tutti i giorni della vita. Sono canzoni ispirate dal deserto del New Mexico, da quei paesaggi splendidi, dalla serenità della vita lontano dalla città.
Hai parlato di natura, quanto è importante per la tua ispirazione?
Il contatto con la natura è fondamentale per riappropriarsi della nostra vita. E’ qualcosa che completa quello che abbiamo già, è come un riscoprire la vera essenza delle cose. E’ fuori da ogni dubbio che la natura influenzi anche la poesia.
Tu scrivi i testi delle canzoni, ma non canti molto spesso, come mai?
Nell’ultimo disco ho cantato diversi brani, tuttavia penso che la maggior parte dei testi che scrivo siano più adatti per essere cantati da Brett e non voglio realmente cantarli io, sono canzoni scritte per la sua voce. Non esiste che io dica (usa una voce greve): Voglio cantare quel brano!
Cosa ti piace della voce di Brett?
Lui ha una voce carismatica. Ha nel sangue il canto…
Usi i tuoi testi per parlare del tuo rapporto con tuo marito, per comunicare con lui?
Non uso i miei testi per parlare con lui, lo facciamo anche troppo spesso e sarebbe ridicolo farlo con una canzone. Certamente occasionalmente i miei brani si rifanno alla nostra vita insieme. A volte è divertente parlare di noi, ma spesso parlo di esperienze mie personali come quella trascorsa in un ospedale psichiatrico.
Brett ha mai escluso o messo da parte qualche tua canzone?
A volte succede, a lui non piace la metrica di un verso, o non riesce a cantarlo, ma non mi ha mai censurato nulla. Comunque c’è sempre qualcosa che non va nelle prime stesure di ogni canzoni. Lui mi è senza dubbio di aiuto, anche se spesso litighiamo fino a diventare cannibali.
Uno dei dischi più apprezzati della vostra discografia è senza dubbio Twiligh. Ce ne puoi parlare?
Twilight rispetto agl’altri dischi tratta temi completamente differenti. E’ nato con un impostazione differente, è stato l’ultimo disco che abbiamo inciso a Chicago prima di trasferirci in New Mexico. Le canzoni parlano del rapporto tra la natura e ciò che ha creato l’uomo ci sono molti riferimenti ad alcuni spaccati della città, i parcheggi, le luci, il vento, la spazzatura. Anche musicalmente è un disco molto diverso dal passato, abbiamo inserito molte parti di piano e abbiamo cercato suoni meno country. Cantando adesso quei brani, sento che abbiano dentro un certo disagio per la vita a Chicago. Era difficile vivere là, era deprimente direi. Chicago è una città ventosa, piena di spazzatura che vola in giro quando tira vento forte. Spesso il cielo diventa scuro a mezzo giorno, è bruttissimo. Il nostro lavoro era là però e non potevamo trasferirci, quando è stato possibile lo abbiamo fatto e devo dire che vivere in New Mexico è completamente diverso, il cielo è blu, c’è molto più contatto con la natura.
Cosa è cambiato nella tua musica vivendo in New Mexico?
Come ti ho detto è diverso, amo molto gli animali, c’è molto più contatto con la natura, la vita è più semplice e soprattutto meno cara. Il nostro ultimo disco, come ti ho detto, risentono del nostro trasferimento nel South-West, dei cieli e degl’orizzonti del New Mexico, e poi siamo tornati a certe sonorità vicine ai nostri dischi degli esordi.
So che incidete soprattutto a casa vostra, con un computer portatile…
E’ una scelta dettata sia dalla necessità di economizzare sui costi degli studi di registrazione sia per una nostra precisa scelta di incidere subito i brani che componiamo. E’ una cosa fantastica perché a gestire il tempo siamo solo ed esclusivamente noi, possiamo impiegarci un anno o più a fare un disco, a noi non interessa. E’ molto meglio lavorare così che in uno studio costosissimo che per una settimana ci ruba i soldi e ci fa registrare una porcheria. Il computer ci da tutte le possibilità dello studio possiamo montare i brani, lavorare direttamente sulle tracce che abbiamo inciso. L’unica cosa che ci limita è la qualità delle registrazioni. La nostra musica vorrebbe incisioni analogiche, e spesso quelle digitali non rendono a pieno il feeling che emerge durante l’esecuzione live, ma credimi, ormai non saprei lavorare senza il computer. Sarebbe difficile lavorare agli assolo, alle parti vocali, su un nastro. Può darsi che in futuro opteremmo per incidere un disco in studio ma per ora non ci interessa.
Nonostante gli apprezzamenti della critica, non siete mai stati contattati da una major…
Non è vero, loro ci contattano spesso, ma solo per chiederci un disco in omaggio o per farci proposte assurde. Non li mandiamo a quel paese. Possiamo tranquillamente mantenerci da soli come musicisti e avere la nostra libertà di fare ed incidere quello che ci pare. Vivere lontano dal business è bellissimo, la libertà è bellissima.
Come scegliete le vostre copertine? C’è una connessione tra i temi trattati nei dischi e le copertine…
Cerco con grande cura le foto per le copertine. E’ fondamentale che una copertina colga il senso anche della musica presente nel disco. Le copertine devono rispecchiare quello che io scrivo. Brett dipinge, potremmo tranquillamente mettere uno dei suoi quadri ma vogliamo che la musica rispecchi qualcosa di più profondo che le nostre personalità. Scegliamo spesso paesaggi, quei paesaggi che ti trasmettono qualcosa di grande e di misterioso.
Parlando di altro, cosa state ascoltando in questo periodo?
Beh tanta musica italiana visto che siamo in tour qui da voi, e viaggiando in macchina sentiamo molta radio, stazioni radio italiane. C’è un cantante italiano che ha una bellissima voce, canta canzoni molto romantiche, lui mi piace moltissimo. Non saprei dirti chi è. Certo ci sono anche vari gruppi che ascoltiamo di solito e che seguiamo con interesse come i Grandaddy, Howe Gelb, Barry McCormick, The Aluminium Group, e i Goldfrapp.
Avete di recente inciso una cover di Just Like Tom Thumb’s Blues per il tributo a Highway 61 di Bob Dylan di Uncut. Quanto vi ha influenzato Bob Dylan e la sua poetica?
Beh moltissimo, ma piuttosto adoriamo il suo approccio alla folk music, lui è un vero cultore della musica folk.
Cosa pensate degli States, della situazione politica e sociale?
E’ una vera merda. Siamo una nazione di ciechi che ha eletto un pazzo come leader. Potremmo essere la migliore nazione al mondo, ma ormai abbiamo perso gran parte della nostra genuinità. Evitiamo di parlare direttamente di politica nei nostri brani, lo facciamo indirettamente cercando di fare emergere nell’ascoltatore il desiderio di tornare alle tradizioni passate.
Come sta andando il vostro tour in Italia?
Molto bene, è bellissimo il vostro paese, e suonando in acustico avvertiamo maggiormente il feeling del vostro pubblico.
Quali sono i vostri prossimi piani? A quanto il prossimo disco?
Per adesso non abbiamo nulla in programma, stiamo incidendo nuovi brani ma per adesso non ci sentiamo di fare programmi.
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