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Otis’ World
Quarant’anni dalla morte di Otis Redding

Otis Redding e Steve Cropper sono seduti su due sedie a dondolo, si guardano l’un l’altro. Si trovano nel grande studio della Stax record. Uno studio oscuro dalle alte pareti grigie e rosa. La casa discografica Stax ha sede in un vecchio cinema teatro convertito in studio di registrazione a McLemore Street, a Memphis vicino ad un Housing Project. Il tabellone fuori dal teatro è ancora lì, con le sue lettere di plastica rosse, che ancora pronunciano “Soulsville, USA”, “Città del Soul, Stati Uniti d’America“. Il tabellone una volta fu cambiato in
“Stay in School“, “Rimani a Scuola“, ma i ragazzini del vicinato ci tiravano le pietre contro, così si ritornò alla vecchia dicitura. Otis Redding è cresciuto in uno di questi Housing Project. Ha lasciato la scuola all’età di quindici anni ma adesso arriva in studio a bordo di una Continental con autista. Non ha però dimenticato chi era e da dove veniva. E i ragazzi del locale Project sanno questo e chiamano Otis per nome. Quando esce dalla lunga macchina bianca e attraversa il marciapiede ha sempre un po’ di tempo per dire a loro “ Cosa sta succedendo ragazzi ?“ e loro si radunano intorno a lui per raccontargli le ultime storie. Redding parla adesso a ruota libera al suo intervistatore: “Sono nato nella Contea di Terrel nello stato della Georgia in una città chiamata Dawson. Quando avevo un anno mi sono mosso a Macon, e sono rimasto lì per tutta la mia vita. Prima vivevamo in un House Project, abbiamo vissuto lì per circa quattordici anni poi ci siamo mossi ai sobborghi della città. Io andavo alla Ballard Hudson High School e non ero molto fortunato. Mio padre si ammalò e dovetti smettere con la scuola e cercare qualche cosa da fare per aiutare mia madre. Avevo un lavoro per ripulire i pozzi in città , sembra un lavoro difficile, ma credetemi, non è molto impegnativo, il problema è quando devi tirarti fuori da quelli, che è la cosa meno divertente” e continua” quando avevo sedici anni, cominciai a cantare, facevo qualche spettacolino qui e lì, ma non facevo soldi, anche perché non cercavo soldi dal cantare, volevo semplicemente essere un cantante. Ascoltavo Little Richard, Chuck Berry. Little Richard ,devo dire la verità, è il tipo che mi ha ispirato a iniziare a cantare, anche lui era di Macon. La sua canzone che preferivo era “ Heebie Jeebies ” e diceva “ My Bad Luck, Baby, Put The Jinxs On Me”. Quella canzone mi ha ispirato a iniziare a cantare perché con quella vinsi uno spettacolo per nuovi talenti. Era uno spettacolo che si teneva alla Hillview Spring Social Club - adesso non c’è più - ed io con quella canzone vinsi il concorso per quindici domeniche di fila. Alla fine non mi volevano più far cantare, non mi volevano più dare cinque dollari a volta. E’ per questo motivo che la canzone mi continua ad ispirare. Poi cominciai a cantare con la band di un tipo che si chiamava Johnny Jenkins, The Pinetoppers. Cominciammo in piccoli clubs e nei college e suonammo alla Università della Georgia e alla Georgia Tech. Nel 1960 andai in California per fare la mia prima registrazione “She’s All Right”. L’etichetta si chiamava Lute Records. Era l’etichetta del gruppo Hollywood Argyles. Non accadde niente. Io ritornai a Macon e lì registrai una canzone che avevo scritto, che si chiamava ”Shout-Bama-Lama”. Un tipo che si chiamava Mickey Murray aveva avuto un po’ di successo facendone una versione, ma quando la registrai io, che ne ero il compositore, non accadde niente, ma ciò mi dette la possibilità di farmi conoscere in zona. Fu così giunsi a Memphis nel 1961. Johnny Jenkins con la sua band stavano per fare un disco ed io ero con loro, avevo questa canzone scritta, che si intitolava “These Arms of Mine” e chiesi se la potevo registrare. I musicisti della band che avevano lavorato con Johnny tutto il giorno avevano solamente altri venti minuti di tempo prima di impacchettare i loro strumenti e tornarsene a casa, ma mi fecero registrare “These Arms of Mine”. Io detti un nastro a John Richbourg alla stazione radio WLAC a Nashville al quale devo riconoscere il credito di avere trasformato questa canzone in un successo perché iniziò a suonarla, e continuò a suonarla fino a che tutti quanti non la conobbero. Ci volle nove mesi perché quella canzone vendesse, ma da quando iniziò a vendere veramente bene non ha mai smesso”.
Adesso Otis sta suonando una chitarra acustica di colore rosso intenso, gli accordi che suona sono molto semplici e canta, il frontale della chitarra e completamente sfondato, come se qualcuno ci fosse seduto sopra. Mentre canta Otis osserva Steve che da segni di approvazione e suona delle piccole parti con la chitarra, poca roba, due note tirate su, che restituiscono a Otis il senso delle parole, che interpreta con una sorta di responso, “ Sittin’ in the Mornin’ Sun/ i’ll be sittin’ when the evenin’ comes“. Adesso si interrompe per un momento, scuote la testa. Poi dice “aspetta un attimo“.Steve aspetta pazientemente. Riparte la musica: “I left my home in Georgia/Headed for the Frisco bay“ si ferma, riguarda la sequenza degli accordi che ha suonato sulla sua chitarra mezza distrutta e poi va avanti “I had nothing to live for/look like nothing’s gonna come my way“. E continua a parlare con il suo interlocutore: “Io scrivo musica ovunque, nei Motel, nelle sale d’attesa, nei camerini e se suono una canzone sulla chitarra poi me la ricordo immediatamente. Di solito arrivo in studio con Steve e ci lavoriamo sopra. Qualche volta ho solamente una idea, o forse una linea di basso, o alcuni accordi che si muovono, a volte solo un feeling e vediamo che cosa ne possiamo fare. Vediamo di mettere il groove insieme per vedere se la canzone ha un senso “. Da lì a poche ore la registrazione della canzone ascoltata dall’intervistatore è portata al termine.
Quando “ Sitting on the dock of the bay “ è stata registrata, Steve e Booker aggiungono dei riempitivi di chitarra e pianoforte. Il brano adesso echeggia dagli speaker dello studio ad un volume altissimo e Booker suona delle precise figure Bop, mentre Steve segue la linea vocale con altrettanti interessanti frasi blues. Lo speaker ad un certo punto si zittisce e l’ingegnere del suono dice che qualche cosa non funziona. “Hey, Steve, quella nota lì non ci stà, non funziona!“. “Certo che non funziona! - gli risponde Steve -è una frase scritta perché vada a rompere il flusso“. In verità le cose non sono proprio così, perché lì in quel brano, come in tutti gli altri brani di Otis, di scritto non c’è niente. “Facciamolo un altra volta - aggiunge - posso suonare quel ponte meglio, ma prima di tutto assicuriamoci che il groove del brano sia stato fermato e sia quello giusto“. Adesso il brano viene suonato ad altissimo volume. Steve e Otis sono in silenzio. Si guardano l’un con l’altro, stanno parlandosi in una sorta di comunicazione telepatica. Il ragazzetto che era rimasto fino a quel momento lì nascosto da una parte a guardare estasiato, ad un certo punto sbuca fuori, ed esclama “Ehi! Questa roba è fantastica!, questo sì che è cantare! mi piacerebbe anche a me diventare un cantante come te, Otis!“. “Se tu avrai feeling, ragazzo, anche tu potrai cantare il soul, esso viene dall’anima, dal cuore e non fa differenza il cuore di un uomo rispetto a quello di un altro“. Questo è quello che Otis disse quell’ultima sera, mentre, ascoltando la registrazione appena effettuata, salutava gli amici e il ragazzo, in procinto di partire per quello che sarebbe stato il suo ultimo viaggio.
Ernesto de Pascale
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