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INTERVIEW

Intervista a John Mayall


Nonostante la sua proverbiale reticenza a confrontarsi incontro un artista che a oltre settanta anni è ancora disposto a mettersi in gioco. Il blues, capirete, è solo un mezzo per esprimere concetti e un lessico imprescindibile che - secondo Mayall - cambia con i contenuti. Da notare che nel corso della nostra intervista Mayall eviterà sistematicamente il confronto con i grandi musicisti che hanno animato le sue migliori band non nominandoli mai. Quasi a volere sottolineare il suo ruolo influente e la sua forte connotazione. Dell’ultimo album, Tough, ce ne parlerà ma con una certa nonchalanche tipica di chi ha avuto tanti, troppi figli, e cerca di non far torto a nessuno 

Mr Mayall cominciamo con lo scioglimento dei Bluesbreakers. Perché ?

Era chiaro che anche questa ultima formazione dei Bluesbreakers non potesse vivere in eterno. Sin dalla nascita della band nel tardo1964 ho sempre pensato che avrei localizzato l’assetto della band in base a un progetto e anche questa volta il progetto degli ultimi anni era terminato. Non è detto che sia l’ultima volta però, mai dire mai

Quando ha avuto la sensazione che il blues poteva essere sfruttato sotto l’aspetto compositivo ?

Molto presto, molto presto. Diciamo che già in “beano” ( l’album dei Bluesbreakers con Eric Clapton) capii che solo scrivendo brani originali potevo farmi strada. Mi dette molta fiducia l’armonicista Cyril Davies che mi spinse in quella direzione; contrariamente a quanto si pensa Alex(is Korner) non andava in quella direzione, lui voleva essere - aleno per i primi anni - un replicante e svolgere quel ruolo di formazione che così bene gli riuscì nel tempo, diventando il più grande talent scout di blues e rock, ben più di me. Fu però Cyril ( sul quale è stato appena rimesso in onda un documentario della BBC degli anni sessanta ) a dirmi che se volevo vedere qualche soldo dovevo iniziare a scrivere e da quel giorno iniziai ad ascoltare i grandi autori di blues con altro spirito.

Mi faccia qualche nome …

Bobby Blues Bland, BB King, Jb Lenoir, Willie Dixon, Percy Mayfield, Freddie ed Albert King

Ci descriva gli inizi del Blues in Uk per come lei se li ricorda ?

Era l’Inghilterra di una ristretto cerchio di fan di blues, prevalentemente tutti espatriati dai club del jazz soprattutto fuori Londra. Per loro il blues era una specie di ripetizione pedissequa dei suoni, del mood, dellì’accento dei neri del Mississippi. Puoi capire che se vieni dalle midlands non è esattamente uguale il risultato. Solo nel 1963 le cose cambiarono quando i Rolling Stones fecero capolino ma ti assicuro che ci vollero almeno altri due anni per raggiungere la massa. Per non parlare della vita “blues” fuori Londra. Tutti pensano alla Gran Bretagna e si concentrano su Londra. Sai la vita di un bluesman del 1964 a kidmaster per esempio?

Ha mai pensato che alcuni dei suoi pupilli avrebbero raggiunto il firmamento del rock ?

Diciamo - risponde con un certo orgoglio - che li ho scelti proprio per questo, perché diventassero famosi e parlassero di me. Ma non è stato sempre così perché alcuni di essi raggiunto lo status di rockstar hanno trattato il blues, e pensa che io non mi ritengo un bluesman a tutti gli effetti, come un genere di nicchia…

Lei ha dedicato non più tardi di due anni fa un intero album a Freddie King. Ci può descrivere questo gigante del blues recentemente celebrato in una opera esaustiva della tedesca bear family ?

Freddie era uno dei caratteri più unici che ho incontrato nella mia lunga vita di arista e ti assicuro che ne ho visti molti. Pensa che prima di morire si era convinto che a lui basta nutrirsi con 4 body mary al giorno perché - secondo lui - quel cocktail conteneva quanto bastava vivere bene!
Compresa la ciliegina ?

Compresa la ciliegina, Ernesto

Freddie - continua John - è un musicista che non ha avuto indietro quello che ha dato alla musica. La sua fusione di blues e ritmo ha generato un prototipo fune poi molto di moda e ripreso dagli Stones. E’ piuttosto indicativo che di lui se ne siano accorti i bianchi ( l’ultima etichetta fu la Shelter di Leon Russell e Danny Cordell provenendo dalla Atlantic )ma direi che non è una novità. I bianchi hanno sempre amato l’esotico mentre ai neri dei bianchi importa molto poco

Nella sua lunga carriera lei ha avuto a  cuore più volte temi profondi e attuali come il futuro del pianeta ( nature’s disappearing in USA Union ). Oggi ci sembra normale ma nei tardi anni sessanta cosa la mosse ?

All’epoca ero appena andato a vivere in America e provenivo da una Gran Bretagna degradata. Arrivai in una America in espansione, con centri ai limiti periferici delle città che mi lasciarono esterrefatto: chilometri mangiati dal cemento per lo sviluppo industriale. Ritenendo che non c’è bisogno di scrivere sempre e solo canzoni d’amore visto che le più belle sono, forse, già state tutte scritte, considerai che la denuncia sociale era una parte importante dello scrivere canzoni

Lei ha vissuto la sua vita equamente in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Come potrebbe rappresentare le differenze sostanziali musicalmente parlando ?

Musicalmente la Gran Bretagna continua ad avere un netto sopravvento sugli Stati Uniti perché continua a concepire la musica come una vera industria e una risorsa nazionale. L’America da perte sua ha inventato la musica del ventesimo secolo, quella in mezzo a cui viviamo giornalmente. L’America però è troppo grande per vederne un meccanismo centralizzato, ora più che mai, e puoi essere un grande artista in Nuovo Messico e totalmente sconosciuto nel resto del territorio mentre la centralità britannica e un ruolo mercantile che va indietro nella storia la rende più aggressiva e precisa. Certo l’industria in perdita fa cadere la stima anche sulla qualità ma i britannici sanno dimostrare che si può lavorare anche a minima forza lavoro. Come puoi capire pur vivendo in California resto profondamente inglese nell’animo

Lei ha all’attivo quasi 50 album, ha un disco preferito, più rappresentativo ?

Tutti hanno naturalmente un valore particolare per me. I dischi in cui ho sperimentato di più ( Blues From Laurel Canyon, USA Union, The Turning Point, Jazz Blues Fusion, Blues Alone azzardo…) sono quelli che meglio determinano il mio status. Direi che l’album tributo a Freddie King sia una delle mie cose meglio riuscite e di cui vado più orgoglioso.

Quale è la differenza maggiore fra  il suo più recente album,Tough, ed i suoi album precedenti?

E’ un disco che ritengo fresco e pieno di buone idee, realizzando scartando numerosi brani, con canzoni appena composte, cun una nuova band e con una canzone, The Sum of Something, che potrebbe avere un valore particolare in futuro, una specie di manifesto della mia vita in musica.

Le potrà sembrare scontato che le chieda chi rappresenta oggi il blues come forma originale….

Non saprei risponderle, ci sono etichette che ci provano a tenerlo dentro i canoni del tradizionale ( azzardo Fat Possum) ma direi che oramai il percorso è molto frastagliato e ognuno di noi ha la sua visione del blues.

La prima volta che la vidi esibirsi dal vivo era ingessato. Per suonare dal vivo ci vuole molta disciplina, sbaglio ? 1974, ricordo bene. Disciplina ? Moltissima se non vuoi che la gente ti calpesti. E’ però un po’ così con tutto nella vita, no ? Pensa a gente come Fred McDowell, Little Walter…


Ernesto de Pascale


 

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