. | INTERVIEW Intervista a Massimo Altomare La vita,le storie,le passioni e la musica di Massimo Altomare nel nuovo disco "Outing"
Il percorso umano e professionale che ciascun musicista segue nella realizzazione delle sue performances è peculiare e totalmente personale. O almeno così dovrebbe essere. Quelli che hanno iniziato a far musica e si sono trovati negli anni '60 erano i pionieri,coloro che ascoltavano Radio Luxembourg tra le inevitabili scariche di statica e ad orecchio poi risuonavano i pezzi e riuscivano a farne delle splendide e personalissime cover (sia reso omaggio al Principe V.). Nel decennio successivo,quello che ci interessa in questo caso,le cose erano cambiate e molto. C'era una maggiore consapevolezza di sè,dell'importanza della musica "giovane" anche come veicolo di cultura,di utopia e,di conseguenza,della creazione di una nuova società o almeno di un nuovo modo di vivere il proprio sè ed il rapporto con gli altri. Da tutto questo nascono musicisti come Massimo Altomare il cui nuovo disco intitolato "Outing" è da poco nei negozi distribuito Edel. Massimo ha iniziato negli anni '70. In coppia con Checco Loy erano il duo conosciuto come "Loy-Altomare" i cui tre album ("Loy-Altomare","Chiaro" e "Lago di Vico") ebbero notevole successo presso un pubblico,frutto di una società divisa dalle lotte politiche,che con una definizione di oggi diremmo trasversale. Erano racconti di vita giovanile,divertissemènt,atmosfere familiari,viaggi ed esperienze che li avvicinarono ad un pubblico vasto e diverso. Dopo lo scioglimento del duo per Massimo Altomare anni di esperienze come solista curioso e "militante" (nel senso della musica) di cui anche abbiamo parlato nel recentissimo incontro che abbiamo avuto e di cui l'umile vostro servo è pronto a dare relazione iniziando però dal presente che,come scoprirete leggendo,spesso ci porterà indietro nel tempo...
D. Ciao Massimo R. Ciao Ale D. Parliamo subito del tuo nuovo disco "Outing" che esce adesso distribuito da Edel. A rischio di apparire scontato parto dalla copertina di Giovanni Ragusa con artwork di Maria Pia Parisi che mi sembra importante...ci sono tanti omini,ognuno con un megafono,che parlano e raccontano,presumibilmente ciò che hanno dentro,fanno outing per l'appunto. All'interno del cd una tua foto con l'immancabile oggetto adornato del simbolo della pace. Allora è un disco davvero personale,in cui racconti un po di te,del tuo percorso a partire dagli anni 60/70 e delle storie che hai vissuto tanto che il primo brano si intitola proprio "Outing"... R. "E' esattamente come dici. E' frutto delle mie esperienze come scrittore di canzoni ma anche come interprete. Nel 2005 per esempio ho inciso il repertorio di Lelio Luttazzi in un mio disco intitolato "Sense of Humour",ho interpretato Marcello Marchesi ed altre cose che amo. Ho fatto dischi con Stefano Bollani musicando le poesie di Fosco Maraini nella lingua che si era inventato lui ne "La Gnosi delle Fanfole". Ho (sempre con Stefano) partecipato ad un disco che si intitolava "Abbassa la tua Radio" con canzoni degli anni 30/40 con i migliori interpreti del jazz di quegli anni (fine '90). E' importante dire questo perchè quando uno fa il cantautore incide solo pezzi suoi,ecco io faccio qualcosa di più dato che mi ha sempre interessato come musicista conoscere diverse realtà come quella del jazz,del teatro,dell'ironia. Io ho avuto una carriera di questo tipo facilitato anche dal fatto che ero conosciuto come parte di un duo (Loy-Altomare n.d.r.) e avevo fatto un paio di cose negli anni '90 che però non sentivo appartenermi davvero. Avevo quindi fatto voto con me stesso di non fare più cose mie fino al momento in cui veramente non ne fossi stato pienamente convinto. Ho rispettato questo voto perchè,che tu mi creda o meno,questo disco rappresenta quello che io porto dentro e il massimo che attualmente posso fare. Forse è poco ma è così e sono contento di parlarne e di presentarlo perchè è una cosa che mi appartiene fino in fondo". D. Non faccio fatica a crederti e basta leggere in progressione i testi delle canzoni e l'elenco dei musicisti per rendersi conto di quel che dici. E' una raccolta di racconti in cui parli del tuo rapporto con la "professione" di musicista e con la vita. Descrivi gli anni '60 in "Baby Boom" dove c'è uno spaccato del periodo precedente alla "Summer of Love" californiana quando tutto poteva e doveva cambiare. R. Vero,tutto vero D. In "Re di vie agitate" mi sembra tu vada nel personale ma che descriva anche i giovani degli anni '70,quelli che erano ai margini della strada e della "società" e quelli che lo sono tutt'ora... R. "Esatto,qui mi dai anche la possibilità di...poi lo sai,mi conosci da una vita...di parlare di una cosa che faccio da dodici anni ossia degli interventi di sostegno nel carcere fiorentino di Sollicciano. Faccio parte del coordinamento del Teatro in Carcere Toscana ed è una realtà consolidata nella mia attività,insomma non è una cosa che faccia tanto per arrotondare o che comunque ritenga marginale nella mia vita non soltanto professionale. E' un lavoro molto impegnativo,non è che vada lì ad insegnare solfeggio o cose del genere. Vado lì a metter su spettacoli musicali con detenuti e detenute e a volte anche transgender,quindi tre sessi con cui avere a che fare e che sono il target del mio corso. Pochissimi gli italiani,quindi ho la necessità ed il compito di farmi capire attraverso il nostro lavoro e la cultura italiana...ecco le vie agitate sono proprio quelle che percorrono queste persone. Oggi il carcere non è il luogo dove vanno i delinquenti ma dove vengono mandati i disperati che magari prima erano proprio in quelle vie agitate perchè qualcuno gli ha detto di andare in Italia a trovare lavoro e poi... Quindi questa più di tutte forse rappresenta me stesso al momento presente dato che al lavoro a Sollicciano mi sento legato veramente molto e mi impegna davvero. Magari non mi darà grandi soddisfazioni professionali come un disco o un concerto ma sul piano umano e creativo è davvero importante". D. Proseguendo nella scaletta del disco che,detto per inciso è molto ben costruita per la conseguenzialità concettuale dell’ordine delle canzoni che invoglia a leggere di seguito tutti i testi prima di ascoltare il cd,incontriamo una bella cover di Guccini resa famosa dall'Equipe 84 "E' dall'Amore che nasce l'Uomo". Poi una canzone che non so se sia personale almeno un po che si intitola "L'eterno fidanzato". Ricavo questa impressione dal fatto che in diversi episodi del disco c'è come una ricerca d'amore che viene fuori,allora mi sono chiesto se magari tu (e mi ci metto anche io) non avessi ancora trovato,nei sentimenti,la formula ideale e se la hai trovata perfavoreperfavore dimmela... R. "Se vogliamo fare la citazione colta dico come Madame Bovary che l'eterno fidanzato “c'est moi”. E' un pezzo che descrive la figura di un seduttore,il dongiovannismo,il piacere della seduzione...basare tutto su quel momento e dopo un po tutto perde significato. Ho cercato di,in questa tendenza che io ho ma che son convinto abbiamo tutti chi più chi meno,di cercare il lato ironico. Poi se qualcuno non ce l'ha lo considero un gran fortunato ma noi maschietti ce l'abbiamo un po tutti..." D. Si,poi c'è chi la mette in pratica di più e chi meno... R. "Io,se posso,penso che nel profondo,nel dna c'è un messaggio che dice "fattele tutte" e che poi nella vita ci si comporti diversamente per tutta una serie di altre ragioni altrettanto nobili. Ho fatto questa canzone perchè nella mia mente ho trasfigurato questo personaggio in una sorta di Felice Sciosciammocca (celebre maschera di Scarpetta,il credulone sempre con la bocca aperta atteggiata ad eterna meraviglia n.d.r.) facendo di questa canzone un pezzo di divertimento,cosa che ho fatto spesso in passato anche con Checco Loy. In ogni album cercavamo di mettere sempre una canzone divertente,un gioco,una presa in giro anche autoironica come oggi nel caso di questo eterno fidanzato." D. E da qui si comincia a parlare di donne,infatti in "Clara" dai un bel ritratto dell'attrice Clara Calamai e nella successiva "Scusa per le lacrime" troviamo un altro ritratto di donna,una donna abbandonata con la vita che deve andare avanti nel suo percorso lasciandosi alle spalle il passato fatto di odori,ricordi,visioni. Tutte cose che ci restano care anche se ci portano da un'altra parte,con qualcun altro... R. "E' come dici,anche in questo caso è così. Voglio puntualizzare che non avrei potuto scrivere con questa intensità descrittiva se non avessi anche io vissuto queste situazioni nella mia vita. Quando viviamo in prima persona la fine di un amore o la fine di un'altra cosa parliamoci chiaro,è una tragedia. Per gli altri,che magari vogliono essere di incoraggiamento,sembra che ogni fine sia portatrice di chissà quali opportunità ma la realtà è che in quel momento stiamo da cani. Chi non lo ha provato probabilmente non è stato mai nemmeno felice quando le cose sono andate bene. Chi può dirsi davanti allo specchio di non essere stato da cani almeno una volta? Ecco "Scusa per le lacrime" racconta il vissuto che pesa,che resta sempre con noi,ma che non può frenare la nostra vita. Sembra banale detta così ma quando queste cose le vivi hai un diverso atteggiamento." D. Il disco prosegue con "Il torrente",una canzone dedicata all'introspezione,di quelle da ascoltare attentamente e rimuginare in seguito,magari in coda nel traffico o davanti ad un torrente per l'appunto facendo fluire i pensieri...e,in chiusura,un pezzo che riemerge dagli anni '70 e dal periodo di Loy-Altomare intitolato "Gato Lee" che racconta il tristemente famoso concerto di Lou Reed al Palasport di Roma del febbraio 1975. In formazione,oltre Checco Loy ed uno splendido Luciano Ferone all'armonica,un musicista unico ed inimitabile: Massimo Urbani,il più grande sassofonista jazz italiano,probabilmente europeo,malauguratamente vissuto troppo poco... R. "Loy-Altomare all'epoca erano ancora attivi,"Lago di Vico" è del 1979 e questo,precedente,è un piccolo "cornetto" che facevo a Checco con la sua approvazione visto che è presente anche lui. Era una registrazione nell'ambito di un mio disco da solista e poi volevamo fare un pezzo su quegli eventi. Successe semplicemente che nel 1975,due anni prima di scrivere la canzone,al Palasport di Roma doveva finalmente arrivare Lou Reed. All'epoca vivevo a Roma,ora a Firenze. Stava cantando Angelo Branduardi come gruppo di supporto dimostrando un coraggio da leone col pubblico romano che aspettava Lou Reed quindi tutt'altro genere. Comunque,coraggiosamente arriva alla fine del suo set quando all'improvviso scoppia un casino tremendo perchè in tribuna stampa erano stati lanciati dei lacrimogeni quindi ci fu un fuggi fuggi generale e fu un caso che non si sia verificata una tragedia. Non ricordo nemmeno molti feriti,fu uno show con cariche e grande casino che l'Italia pagò venendo messa ai margini del circuito della musica dal vivo dato che i musicisti avevano paura a venire..." D. Anche il palco di Santana incendiato a Milano... R. Esatto. Fu uno di quegli avvenimenti drammatici che sconsigliarono i musicisti stranieri dal venire in Italia... D. Oltre a vari furti subiti dai musicisti da parte di promoters disinvolti o delinquenti di casa nostra... R. "Già,anche per questo ci giocammo il rock per anni. Credo che “Gato Lee” sia l'unica canzone mai scritta su un avvenimento del genere,almeno in Italia,eppure è stato un momento brutto ma importante della storia musicale nostra e di tanti come noi. Per questo la ho voluta inserire nel disco come canzone finale. E poi volevo che il cd si chiudesse con le note di Massimo Urbani,che tutto il lavoro,l'impegno,la promozione,questa mia intervista con te venissero conclusi dalla voce del sax di Massimo." D. In tre pezzi troviamo Stefano Bollani al piano,la produzione musicale,ben riuscita,ti vede con Lorenzo Piscopo... R. "...e per la produzione sono tornato al passato con Adriano Fabi con cui ho lavorato veramente bene,come sempre. Ci siamo incontrati a Firenze,nel teatro che è sotto casa mia,al concerto di Renzo Arbore ed io avevo questo progetto nel cassetto. Mi ha chiesto di ascoltarlo e da lì è nato tutto. Credo anzi che la sua grinta placida abbia fatto in modo che alla fine questo disco si realizzasse davvero."
Alessandro Mannozzi
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