Dopo circa cinque anni dalla sua prima apparizione, torna nuovamente disponibile il libro di Fabrizio Poggi. L’edizione riveduta e aggiornata, viene messa in circolazione dalla Master music S.r.L. Ricordi con la speranza di avere nuova visibilità e maggiore distribuzione.
A dire il vero, l’edizione precedente è stata un successo inaspettato, andando a posizionarsi come capofila in un settore dell’editoria musicale (praticamente assente), dedicato alla storia del piccolo strumento.
L’autore è Fabrizio Poggi, che, piacevolmente oltre ad essere un armonicista e musicista di talento si scopre anche abile divulgatore. Il lavoro in questione, fa parte di quella ormai rara categoria di libri che si leggono tutto d’un fiato, completamente rapiti dalle storie di personaggi maestosi e leggendari. La naturale funzione propedeutica del tomo, ha inzio con una breve storia dello strumento che apre la strada ad una serie di agili capitoli che passano in rassegna gli stili più conosciuti. Dal folk blues a Memphis, toccando gli stati del sud per fare tappa a Chicago. Dai pionieri prebellici, ai maestri riconosciuti dell’armonica contemporanea . Per i neofiti una guida unica all’insegna delle gesta di Will Shade, Sonny Terry, Sonny Boy Williamson, Little Walter, Walter Horton, Paul Butterfiled e Charlie Musselwhite. Per i piu scafati invece, oltre ad un utile ripasso c’è la possibilità di scoprire nuovi interpreti. Oltre alla conoscenza della materia, il bravissimo Fabrizio Poggi possiede quella rara virtù che prende il nome di curiosità, che permette di guardare oltre i rigidi steccati delle catalogazioni. Così in bella mostra, solo per citarne alcuni incontriamo personaggi del valore di Buddy Green e Wade Schuman con i suoi eccezionali Hazmat Modine. Superando comunque il valore propedeutico che l’opera possiede, vorrei cercare di argomentare compiutamente una serie di considerazioni a mio avviso importanti e dedicate oltremodo ad un modo di intendere la musica in maniera un po’ più articolata. Innanzitutto, partirei dalla citazione in premessa, relativa alla scelta volontaria di omettere le discografie , privilegiando l’aggiunta di nuove schede biografiche e delegando ad internet la ricerca di fonti musicali dirette. Condivido pienamente questa scelta, essendo dell’avviso che le discografie debbano essere più complete possibile, oppure, è inutile citare solo alcuni titoli che spesso e volentieri fanno riferimento all’insindacabile gusto dell’autore di turno
In riferimento al lunghissimo elenco di strumentisti presente alla voce: “Dizionario dell’armonica e degli armonicisti blues” sento di affermare che il lavoro, per quantità e qualità di informazioni e riferimenti è superiore di gran lunga ai vari tentativi di catalogazione presenti nei libri d’oltre oceano. Non ricordo testi che mettono in fila figure misconosciute del valore di PT Hayes, Little Hite, Jeff Carp, Henry Strong, John Lee Henley, Good Rockin’ Charles.
E’ innegabile che in Italia (nonostante gli sforzi), in quanto a critica legata alla musica afroamericana paghiamo dazio. A parte il naturale handicap della lingua (in futuro potrebbe essere presa seriamente in considerazione una traduzione inglese) , questa potrebbe essere l’occasione giusta per nobilitare il lavoro appassionato di un ricercatore italiano. Altresì, questa volta prendendo spunto da consuetudini inglesi e statunitensi, potrebbe essere anche l’avvio di un lavoro enciclopedico di aggiornamento continuo, che vada ad arricchire di nuovi capitoli quella che di fatto è già una seconda edizione. In definitiva, un libro immancabile nella biblioteca di ogni appassionato di musica afroamericana e di estimatori dell’armonia blues.
Fabrizio Berti
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