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Intervista a Seth Lakeman interview

Intervista a Seth Lakeman

Il giovane e talentuoso artista inglese Seth Lakeman è venuto in Italia lo scorso 8 novembre e ha tenuto presso le Messaggerie Musicali di Milano uno showcase per presentare al pubblico italiano il suo più recente album, dal titolo “Freedom Fields” (Emi, 2006). Un set breve, ma intenso, in cui Lakeman ha dimostrato di padroneggiare con grande energia anche il fiddle oltre alla chitarra. L’artista ha suonato dal vivo alcuni dei suoi brani per fermarsi poi a incontrare il pubblico, molto interessato e reattivo verso la sua musica. Lakeman è uno degli esponenti della nuova scena folk inglese, e un artista che oltre ad avere talento dimostra la giusta attitudine per affrontare un genere che sempre più spesso, come lui stesso ha dichiarato, trova appigli anche nelle classifiche.

D: Quali sono i tuoi maestri o gli artisti a cui ti inspiri?
R: E’ difficile dirlo, sono veramente tanti e vengono da molti background musicali diversi. Molti provengono dalla tradizione folk. Sarebbe sbagliato non citare mio padre, musicista anche lui e una figura importante. Poi Richard Thompson che mi piace moltissimo, artisti come Roger Rosen, Paul Brady, Nic Jones. Mi piace il modo in cui cantano, le storie che raccontano. Poi mi piace moltissimo Randy Newman

D: Quindi ti piace l’aspetto della scrittura nelle canzoni?
R: Assolutamente sì. Penso che le canzoni debbano avere un certo quantitativo di ingredienti per far sì che l’ascoltatore le ascolti e ne sia coinvolto, perché si diverta e sia attratto dalla melodia e perché ogni volta si senta nuovamente affascinato. Per me questo è fondamentale quando si parla della scrittura.

D: Che puoi dirmi della nuova scena folk inglese? Sembra che ci sia una nuova scena molto attiva e vitale
R: E’ così. E’ un momento molto esaltante per il Regno Unito, compresi l’Irlanda, la Scozia, le regioni celtiche. C’è un grande apprezzamento nei confronti del folk, della tradizione, dell’eredità, del gusto di raccontare storie. E credo che in questo fenomeno siano stati di grande aiuto la rivoluzione informatica e l’avvento di internet. My Space concede alle persone una maggiore possibilità di ascoltare artisti e canzoni nuove. Allo stesso tempo penso che sia un momento molto eccitante in Inghilterra anche per quanto riguarda le classifiche, la musica acustica è diventata un fenomeno molto grosso. C’è James Morrison, James Blunt che è famoso in tutto il mondo… Ci sono molti musicisti che suonano la chitarra acustica. Sia che scrivano canzoni folk, sia che scrivano canzoni contemporanee. E questo sta dando ai giovani musicisti una motivazione in più per suonare la chitarra acustica, oppure il fiddle o il mandolino. Seguire questa direzione musicale sta diventando estremamente cool.

D:Forse cool come lo era in passato?
R: Esatto, un tempo era così

D: E pensi che questo sia un fenomeno nuovo, cresciuto in poco tempo, oppure un fenomeno graduale degli ultimi decenni?
R: La scena folk è nata molto tempo fa,c’è stato un grande boom alla fine degli anni Sessanta con artisti come Martin Carthy. Poi c’è stata l’epoca dei miei genitori, che hanno tramandato la tradizione a noi. Noi siamo gli artisti della seconda generazione. Ci sono molte persone tra i venti e i trent’anni che affrontano la musica folk, oggi con più possibilità rispetto a qualche anno fa di avere successo.

D: Come è stato partecipare al Folk Award?
R: Bello. E’ stato bello essere coinvolti

D: Bert Jansch ha recentemente dichiarato che il Folk Award sta aiutando la nuova scena e i nuovi musicisti folk a crescere. Tu che ne pensi?
R: Bert Jansch è un grande maestro, uno dei miei maestri. Condivido la sua affermazione, ma se devo essere sincero solo da un certo punto di vista. Se intendi dire che i ragazzini si interessano al Folk Award e lo ascoltano alla radio oppure lo seguono in televisione, questo non credo che stia accadendo. Il Folk Award è importante per chi è già nella musica folk, è un po’ separato dagli altri contesti. Allo stesso tempo, però, supporta la musica e la sostiene, quindi aiuta i giovani musicisti.

D: Pensi che il tuo modo di scrivere sia cambiato dal tuo album precedente?
R: Il modo in cui scrivo per me è molto importante, come penso lo sia per tutti i musicisti. Mi piacciono le storie e mi piace la ricerca. “Kitty Jay” era più un disco di racconti e leggende, “Freedom Fields” lascia più spazio alla sperimentazione e ha coinvolto persone come Ben Nicholls e mio fratello Sean che ha contribuito alla produzione. C’è una vera e propria band, e ci sono dei momenti in cui i musicisti si godono la soddisfazione di suonare come una unità. Non è soltanto il mio progetto ma anche il loro.



D: I tuoi futuri progetti?
R: Sicuramente continuare a suonare con gli stessi musicisti. Poi scrivere canzoni nuove e metterne un bel po’ insieme, spero, per l’anno nuovo. Ma non si può mai dire. Non sai mai quanto queste cose ti prenderanno. Gli ultimi due album stanno andando bene e per noi è fantastico. C’è un brano che si chiama “The white hare” che sta andando molto bene in Inghilterra, mentre “Lady of The See” sta andando piuttosto bene in Italia.

Giulia Nuti

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