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UFO
Live Club – Trezzo Sull’Adda (Mi)
8 novembre 2006

Gli Ufo sono tornati in pista con un nuovo album ‘Monkey Puzzle’ ed un ulteriore cambio di formazione che vede il rientro di Andy “Tonka” Parker dietro le pelli. Il Live club non è esattamente nel più bel posto del mondo, ma si conferma locale adatto al rock, quello sanguigno e potente che stasera sarà protagonista.

Aprono le danze i Kreisor di New York: una band dal sound a metà tra gli anni ’70 ed i ’90, che mi ha ricordato gli Steppenwolf e gli inglesi Budgie, per via della voce potente di Vic Young, abile tastierista, e per il modo con cui sono strutturate le loro canzoni così ricche di cambi tempo e di tonalità che affascinano ed al tempo stesso confondono l’ascoltatore. La mezz’ora che viene concessa alla band fa venir voglia di saperne di più di questo quartetto dall’indubbia personalità anche se ancora incerto su quale strada musicale intraprendere.

Le note di ‘Mannish Boy’ ci avvertono che gli UFO stanno per salire sul palco: ‘Mother Mary’ viene letteralmente “vomitata” addosso agli spettatori così come la successiva ‘Daylight Goes To Town’ dal penultimo album ‘You Are Here’. Phil Mogg appare in forma fisica smagliante anche se vocalmente parlando sembra sforzarsi tantissimo; Pete Way campeggia ad ogni lato del palco, incitando la folla nei suoi ormai leggendari pantaloni a righe bianco e nero e con il fedele thunderbird a tracolla. Si scola litri di vino bianco e si arrabbia al terzo pezzo perché non trova più il bicchiere. Il bassista è una vera icona dell’hard rock con tutti i suoi cliché, belli o brutti che siano, affascinanti e patetici adesso che gli anni non sono né 20 né 30 e neppure 40… eppure rimane vero, sincero, anche quando nella finale di ‘Rock Bottom’ si butta (o cade) per terra e lì ci rimane per 5 minuti buoni suonando chissà che cosa mentre Vinnie Moore, il chitarrista americano che ha sostituito Michael Schenker, si lancia in assoli funambolici per la gioia dei molti musicisti presenti tra il pubblico. Pete Way abbraccia e bacia tutti componenti della band mentre intanto scorrono classici come ‘This Kid’s’, ‘Only You Can Rock Me’, la lenta ‘Love To Love’, e il pubblico rimane attento ed ammirato man mano che i 5 si mettono a loro agio sempre di più sul palco e intonano canzoni chiaramente autobiografiche come ‘Drink Too Much’ o ‘Hard Being Me’.

Phil Mogg ha voglia di parlare e si rammarica di non sapere l’italiano: “muchas grazias” dice più volte ed il pubblico lo rimbrotta, meno male che Vinnie Moore qualche parola d’italiano la sa e rasserena così gli animi. La voce del singer non sempre regge il confronto con gli anni ma è sempre capace di darti i brividi in canzoni come ‘Baby Blue’ che ci restituiscono il vero valore di un cantante unico, capace di scrivere canzoni rock senza cadere mai nel luogo comune, ma sempre mantenendo una sua personalità.
L’atmosfera si fa più intima tanto che anche i musicisti iniziano anche ad improvvisare: ‘Lights Out’ si espande ed anche la conclusiva ‘Shoot Shoot’ acquista il sapore della jam con citazioni dei Beatles, di ‘All Right Now’ dei Free e di ‘Tequila’ (?!).

Dopo quasi un’ora e quarantacinque la band lascia lo stage per l’ultima volta. C’è molto brusio tra gli spettatori: chi è entusiasta, chi continua ad esser e perplesso sul chitarrista, chi fa l’elenco degli errori ed è proprio da questo che si può capire che quello di stasera è stato un grande concerto rock fatto di musica vera, viva, meravigliosamente imperfetta ed umana e suonato da persone che in quell’atto ritrovano se stessi forse più che non nelle restanti ore del giorno. Lunga vita agli UFO, lunga vita al rock

Jacopo Meille

Set list

Mother Mary
Daylight Goes To Town
Let It Roll
I Am A Looser
These Kids
Hard Being Me
Drink Too Much
Fighting Man
Only You Can Rock Me
Baby Blue
Heavenly Body
Love To Love
Too Hot To Handle
Lights Out
Rock Bottom

Encores

Doctor Doctor
Shoot Shoot

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