A live experience for listeners and performers too: old songs and new songs together for the first time

Registrato dal vivo a New York al Town Hall, il terzo disco di Tim Hardin è una collezione dei suoi pezzi più noti a cui si abbinano anche degli inediti. Tim Hardin è un cantautore dalla voce tanto capace di emozionare quanto fragile, eppure in questo disco è l’elemento unificante fra le canzoni, così in bilico fra andamenti country e sprazzi d’improvvisazione. La band che accompagna Tim Hardin è palesemente di estrazione jazz e spesso è impacciata “costretta” nei rigidi limiti del country di ‘The Lady Came From Baltimore’ o nella celebre ‘Reason To Believe’ che Rod Stewart renderà uno standard rock. Per contro in ‘Misty Roses’ o nell’inedita ‘Lenny’s Tune’ (ripresa poi da Nico nel suo debutto discografico) sarà proprio la band a “prender per mano” il cantautore per condurlo verso nuovi territori musicali.

Quello colpisce oggi, nel 2006, è l’assoluta freschezza delle composizioni di Hardin, del suo minimalismo che è stato fonte d’ispirazione di molti artisti di oggi come Damien Rice, o gli stessi Turin Brakes. ‘Turn The Page’ o la celebre ‘If I were A Carpenter’ parlano ancora un linguaggio musicale e lirico che non ha perso il suo valore; ‘Don’t Make Promises’ è come una piattaforma su cui costruire altra musica, mantenendo vivo il legame con il passato (blues) ed il futuro di allora (Allman Brothers per esempio), mentre ‘Red Balloon’ ripesca la melodia dalle antiche ballate inglesi a cui da un nuovo testo ed delle spigolature grazie agli interventi di pianoforte.

La musica, quella buona, vive sull’equilibrio costante tra vecchio e nuovo, tra tradizione e novità, tra quello che è stato detto, e ciò che di nuovo si può dire; Tim Hardin lo aveva capito meglio di altri.

Jacopo Meille