.


Ariel’s Pink’s haunted graffiti 2: the doldrums/ Vital Pink
(paw 4)
www.paw-tracks.com



Pure Pop Songs for Now People by unknown californian split personality super natural talented Pink Ariel. Imagine a out of tune Todd Rundgren’s clone mixed with a Syd Barrett character in a plastic fantastic explosion of creativity both playing on your turntable at the same time.
5 stars. No doubt about it.


Di Pink Ariel poco ci è dato sapere se non che quest’album è il secondo di una serie, che le registrazioni sono state realizzate fra il 1999 ed il 2003 prevalentemente su un registratore a cassette.
Enunciate queste poche cose partiamo con le illazioni e cerchiamo di dare un orientamento ai curiosi usando l’immaginazione: Pink Ariel è sicuramente un ragazzo contorto e solitario che compone canzoni nel buio e nel silenzio della sua cameretta.
Pink è’ un giovane con tanto, tanto talento ma nessuno lo capisce, nessuno lo comprende e agli occhi degli esterni è solo un povero pazzo. Registra su un vecchio Yamaha MT 8 a cassette le sue canzoni suonando, naturalmente, tutto. Non penserebbe neanche lontanamente che qualcuno possa essere interessato alla sua musica ma continua, stoicamente, a mandare demo a desta e a manca. Fino a che non si imbatte nei tipi della Animal Collective, la Paw Tracks di New York (Paw Tracks, P.O.Box 20368, New York, NY 10009) i quali, sorprendendo tutti, anche Pink Ariel stesso, gli offrono di pubblicare le sue canzoni.
Perché lo fanno – proviamo a chiederci noi – quelli della Paw Tracks? Pink Ariel è uno qualunque. In fin dei conti che sicurezze commerciali può dare ? nessuna.
Chi scrive ritiene che quelli della Paw tracks records di New York abbiamo voluto stampare questo materiale per lo stesso motivo per cui lo avrebbe fatto il vostro recensore in prima persona, suppongo.
Perché la musica di Pink Ariel ha qualche cosa di veramente affascinante, magico e incontaminato. In alcuni momenti sembra di ascoltare due dischi che suonano contemporaneamente e l’effetto è esasperato sulla copia in vinile ( quella che viene recensita, pagata 12 euro ) ma questo non sciupa l’effetto generale di fluttuamento che pervade l’intero disco. Pink Ariel, costretto a veri “giochi pindarici” per realizzare le sue bizzarre idee di arrangiamento, produce un sound a volte gracchiante, utilizzando le prime tastiere digitali di una volta, tamburi realizzati con l’uso della sua sola voce e chitarre dalle timbriche quasi casuali.
Il ragazzo ha però talento compositivo, le sue canzoni sono naturalmente pop e nella conclusiva “The ballad of Bobby Pyn “ egli supera se stesso. Il lungo brano, una sorta “sad eyed of the lowland “ del nostro, dieci minuti - ricorda i Suicide di Martin Vega e Alan Vega post metadone ed è il manifesto di Pink Ariel.
Abbonda il senso di regressione in questo album che racchiude i 2 cd-r che il nostro aveva prodotto e sono molti i nomi che potrebbero essere chiamati in causa per dare una cornice a Pink Ariel. Il mensile Uncut nella sua recensione del disco ( Dic.04, 5 stelle secche) cita i Beatles nel 1967, Human League, Phil Spector, il suono della radio americana nei tardi cinquanta, Tiny Tim, R Stevie Moore. Il recensore ha esordito con Todd Rundgren ma vuole aggiungere Prince, i citati Suicide, Gli Holy Modal Rounder, Tom Rapp, i newyorchesi Boggs (recensiti in questo stesso aggiornamento di Febraio 2005 di HYPERLINK http://www.ilpopolodelblues.com www.ilpopolodelblues.com ), i Bee Gees e perfino il Renato Zero dei primi due dischi ( Ariel Pink sarebbe perfetto in un remake di “ Tragico Samba “…).
Oggi Pink Ariel, o Ariel Pink, come preferisce farsi chiamare, dice di aver imparato a suonare gli strumenti. E’ una notizia rassicurante di cui prendiamo atto. Ma, se qualcosa la nostra voce può valere, possiamo confortarlo da queste distanze comunicandogli che con “The Doldrums/Vital pink “ ha perfettamente recuperato il vero spirito del “Pure Pop For Now People”
Coloro i quali, come noi de Il popolo del Blues, continuano a cercarlo devono riflettere a fondo sul fatto che un emerito sconosciuto lo abbia riesumato così, naturalmente.
Una dimostrazione in più dell’ inutilità del mercato discografico come fino ad oggi lo abbiamo concepito e conosciuto.

Ernesto de Pascale




tutte le recensioni

Home - Il Popolo del Blues

NEWSLETTER

.
.

eXTReMe Tracker