. Clap your hands say yeah – clap your hands say yeah

Luzern Blues Festival
(4-12 Novembre 2005)

L’undicesimo Blues festival di Lucerna ha confermato una tradizione di saggia programmazione basata su artisti di valore certo al di là della loro notorietà. Questa edizione ha visto una novità importante: Fritz Jacober, da sempre insieme a Guido Schmidt in questa avventura, lascia il management del festival. Il suo classico « Da Bluz is de houz » - The Blues is in the house in lucernese – fu l’inizio di tanti concerti memorabili.

Philip Walker

Fritz lascia un’eredità di passione e competenza che Guido Schmidt, Martin Bruendler e altri sapranno certamente perpetuare. Per non tediare il lettore con una disamina cronologica, diciamo subito che il festival ha visto, almeno per la critica, due protagonisti principi. Il primo è Charlie Musselwhite, grande in versione solitaria, grandissimo con la sua band. Da solo alla chitarra e all’armonica è sembrato assolutamente padrone della materia, dando vita ad un Blues semplice ma raffinato allo stesso tempo, un esercizio intellettuale alla portata di tutti. Con la band, nella quale ben figura alla chitarra Kid Andersen, saltando da pezzi tradizionali ad altri ispirati alle sue ultime incisioni, ha sfornato un paio d’assoli che solo un armonicista stellare può permettersi. Il secondo é Philip Walker, meno conosciuto a queste latitudini, chitarrista-cantante di lungo corso che inframmezza, con un timing bestiale, il canto con graffianti stacchi chitarristici. La sua Big Band Blues Show, che avevamo già visto a Parigi un paio d’anni fa, ha adesso trovato quella compattezza che serve per accompagnare degnamente un’artista di questo livello. È piaciuto molto, sicuramente più dell’anno scorso dove si presentò con una band dal suono troppo rutilante, James Cotton, altro grande vecchio che continua a suonare nonostante una salute altalenante. Accompagnato da eccellenti musicisti quali Rico MacFarland, Darrell Nulish e David Maxwell, ha potuto concentrarsi sull’armonica e far splendere una volta di più il suo talento.

Un’altro che non ha deluso è stato Bob Margolin con la All-Star Blues Jam nella quale ha brillato un’altro “giovane”, Nappy Brown, che ha estasiato il pubblico con una dimostrazione delle sue intatte capacità vocali unite ad un senso dello spettacolo che fà la differenza. Margolin alla slide, sempre estremamente convincente, e Kaz Kazanoff al sax, hanno imperversato secondo loro costume. Altro buon set pieno di vigore é stato quello di Roy Rogers e The Delta Rhythm Kings, dove Rogers, un musicista a mio avviso sottovalutato, s’è distinto anche per la qualità del canto oltre che alla slide. Stessa cosa si può dire per la Detroit R’n’B Revue, quasi più jazz che R’n’B, con Johnny Basset, chitarrista assai elegante, e l’anziano cantante Joe Weaver a tessere melodie vellutate. Altri gruppi hanno ricevuti lodi meno unanimi: é il caso di Ronnie Baker Brooks, uno dei figli di Lonnie, che fa un set tutto muscolare, molto, forse troppo Rock’n’Blues, peraltro con grande tripudio degl’amanti di questo sottogenere.

Billy Flynn

Billy Boy Arnold è un grande armonicista piuttosto discontinuo, la sensazione é che non sappia ripetere le prove eccellenti di tempi ormai lontani, mentre i suoi accompagnatori Billy Flynn, James Wheeler, Bob Stroger e Willie «Big Eyes» Smith, hanno confermato in pieno il loro valore, sia con Arnold che senza. Diamond Jim Greene non é malvagio, ma avrà vita dura in un settore assai concorrenziale come quello acustico, speriamo che Lucerna gli porti fortuna com’é accaduto per Keith B. Brown. I Carter Brothers vanno invece rivisti in un contesto a loro più favorevole perché in questo frangente il divario, soprattutto con le «teste di serie» s’é fatto sentire in modo crudele, nonostante il supporto del giovane chitarrista A.C. Myles. Se non ci siete ancora venuti, fate un salto al festival di Lucerna, non ve ne pentirete.

Luca Lupoli

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