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Come e perchè un cronista decide di parlare con il pubblico direttamente:
ecco il Teatro Civile di Daniele Biacchessi.

A ritmo di blues

Daniele Biacchessi è un cronista. Con le palle. E' uno di quelli che quando annusano una pista, colgono quelle discrepanze che non fanno quadrare il ragionamento, non si ferma più. Porta sempre a qualcosa andare ad indagare nelle pieghe degli avvenimenti,della vita delle persone, nei rapporti di polizia o di altre entità. Non sempre torni a casa tranquillo ma così è la vita.

Biacchessi è giornalista d’inchiesta, scrittore, regista dei suoi spettacoli di Teatro Civile ed è profondamente legato alla radio: da diversi anni è vicecaporedattore di Radio 24 dove conduce la trasmissione "Giallo e Nero" il sabato alle 19.30 e la domenica alle 12.00. Ha scritto quindici libri che sono altrettante inchieste su fatti che hanno reso la storia di questo paese a volte penosa da raccontare: il delitto Tobagi, quello di Fausto e Iaio, D'Antona, Biagi, il terrorismo e la politica degli anni '70 per citare solo una parte. A un certo punto ha deciso di coniugare la sua voglia di verità con la musica ed il ritmo del blues e nascono gli spettacoli del Teatro Civile. Monologhi dove Biacchessi sviscera i fatti, racconta le storie, i contesti con la musica e le immagini che raccontano anche loro dando il ritmo alla narrazione. Alcuni titoli: “Storie d’Italia” sulla mafia e sui giudici Falcone e Borsellino, ”La fabbrica dei profumi” sul disastro dell’Icmesa di Seveso, ”Quel giorno a Cinisi” sull’omicidio di Peppino Impastato. In ognuno degli spettacoli Biacchessi si avvale della performance musicale di Gaetano Liguori al piano o del sassofonista Michele Fusiello. Lo abbiamo incontrato per parlare di tutto questo, per capire dove vuole arrivare.


D. Da dove nasce la decisione di proporre le tue inchieste in teatro,nelle università,nelle piazze,nei centri sociali?
I luoghi contano. Lo spettacolo "La storia e la memoria" del 2004 inizia in spagnolo in un viaggio di solidarietà con il centroamerica, organizzato dall'Arci. Per anni portavano in molti paesi materiali per le Case delle Culture, soprattutto a Cuba. Mi hanno chiesto di seguirli con un racconto di teatro civile sulla nostra memoria. Così mi sono ritrovato su un palco, con luci, impianto audio(allora utilizzavo musiche di scena registrate)e i luoghi erano sempre biblioteche, Case delle Culture. E' successo a Trinidad, Santiago, Avana, Niquero. Poi, tornato in Italia, il racconto é proseguito nella sala d'aspetto di seconda classe della stazione di Bologna, a Sant'Anna di Stazzema, Montesole, Marzabotto. Poi ancora nelle piazze, nelle strade italiane e naturalmente nei teatri, accompagnato dall'inseparabile sassofonista Michele Fusiello. Anche per il racconto su Peppino Impastato, ("Quel giorno a Cinisi") che realizzo con il grande del jazz italiano Gaetano Liguori, il racconto é partito proprio dalla Sicilia, da Cinisi, il paese di Impastato. Sul palco piazzato davanti al municipio, dove lui denunciava le ingiustizie e gli affari sporchi della mafia, sembrava essere nella pellicola "Cento passi" di Marco Tullio Giordana. Oppure la sera del 18 marzo 2003, con i Gang sul palco montato in via Mancinelli a Mlano, dove vennero uccisi due giovani del Leoncavallo, Fausto e Iaio. I luoghi sono simbolici. Solo così le parole possono volare alte davvero.
 
D. La mafia,le stragi,la politica e i delitti eccellenti. Sono queste le "Storie d'Italia" che corrono il rischio di venir dimenticate ?
Sono tutte storie dimenticate, se ci pensi bene. In "Storie d'Italia" racconto la figura di Giorgio Ambrosoli, un avvocato liberale che viene incaricato di far luce sugli affari del finanziere Michele Sindona e la sua banca privata. Scopre che Sindona é uomo di mafia e che ha amici potenti dentro le istituzioni, dentro i partiti che governano il paese, dentro il Vaticano. Potrebbe farsi comprare, chiudere gli occhi e salvarsi la vita. Invece tira dritto e insieme al fido finanziere Silvio Novembre scompagina le carte di Sindona che sarà arrestato. Poi Ambrosoli verrà ucciso dalla mafia politica. E' una storia italiana straordinaria, é la storia di uno che ha fatto il suo dovere. Nello stesso spettacolo racconto in cinque minuti la storia di due ragazzi che si baciano a Firenze, sotto gli Uffizi, il 23 maggio 1993. Non sanno che a pochi metri c'é una macchina imbottita di tritolo. Sono i loro ultimi cinque minuti d'amore. E' poesia, ogni volta che mi tocca raccontarla mi si annodano le corde vocali.Non bisogna dimenticare, perché il passato che non passa rischia di minare le regole della nostra fragile democrazia. 

 D. C'è differenza tra un libro,un articolo e uno spettacolo dal vivo ? In che modo il rapporto col pubblico è più profondo ?
Sono linguaggi differenti e rapporti diversi con il pubblico. Ho scritto 15 libri d'inchiesta. Sono volumi che hanno venduto molto ma i miei lettori li ho conosciuti anni dopo, nonostante girassi in lungo e in largo l'Italia. Stessa cosa vale per un articolo su un quotidiano o per un servizio radiofonico. I tempi di reazione sono più lunghi. Sul palco invece guardi negli occhi il pubblico, senti i loro timori, i respiri, le tensioni, la tranquillità. Un bravo narratore sente tutto, comprende anche quando un pezzo stenta a decollare, quando il testo non é perfetto. Il pubblico se ne accorge. Chi viene a sentire spettacoli come i miei é gente preparata sul piano culturale, non puoi ingannarla. 

D. Come ti sei trovato a passare dall'esposizione giornalistica di un fatto a quella invece drammaturgica e quanto il fare radio ti ha favorito?
La radio é la mia vita. Ho cominciato nel 1976 a Milano nelle radio democratiche e di informazione, ora, 31 anni dopo, sono vicecaporedattore di radio24, emittente del Sole 24 ore. Utilizzo la mia voce, la carico quando é necessario, la rendo più fluida nel caso dovessi leggere un notiziario. La voce é lo strumento per eccellenza e l'uomo non sempre conosce le sue potenzialità. In radio sono uno che sperimenta. In qualche modo il programma "Giallo e Nero" su Radio24 si avvicina al mio modo di fare teatro. Il programma nasce su carta, dalla forma scritta, poi si avvale dei documenti di archivio che in questo caso sono sonori, infine tutto viene amalgamato dalla musica attraverso un editing molto complesso. Anche i miei spettacoli di teatro civile nascono da un testo, si mischiano con la musica di Fusiello o di Liguori, vengoo migliorati dalle immagini che scorrono dietro e dai sonori d'archivio come la bomba di Piazza della loggia a Brescia oppure la voce di Peppino Impastato. Tanti mezzi uniti dalla forza della voce. 

D. Quanti giovani vengono a vederti? Sono interessati a conoscere la storia recente italiana nonostante si dica che siano attratti da altro?
"Storie d'Italia"  é stato scritto per  l'associazione  Libera di Don  Luigi  Ciotti . Lo spettacolo  é proprio indirizzato ai giovani. Tutte le perfomances, a parte quella del 18 novembre 2006 a Roma, si sono svolte di mattina, in teatri stipati da ragazzi delle scuole superiori, preparati dai loro insegnanti attraverso corsi di formazione sulla legalità. C'è un bisogno di sapere sorprendente. Tante cose che racconto non sono scritte nei loro libri di testo. Alcune volte non riesco ad andare via perché alla fine mi avvolgono di domande. Sono sempre felice di offrire loro adeguate risposte. 

D. Quanto la musica è importante nelle tue performances?
E' fondamentale. Io sono un appassionato di musica. Ascolto rock, musica progressiva, jazz, blues, folk americano e inglese, musica etnica di ogni parte del mondo, elettronica, avanguardia. Sono affascinato da tutto quello che é ricerca e musica di qualità. Il sassofonista Michele Fusiello é un jazzista che ama esplorare sonorità diverse, alcune volte ancorate alla tradizione degli standard(Monk, Coltrane, Dexter Gordon, Miles Davis) come per lo spettacolo "La soria e la memoria", altre volte più moderne come per "La fabbrica dei profumi" su Seveso o "Storie d'Italia" sulla mafia. Le basi vengono create nella nostra sala prove, tra il binario 16 e 17 della stazione centrale di Milano, un luogo oltre l'underground. Lì componiamo con nuove tecnologie applicate alla musica, costruiamo il telaio, poi gli effetti, e ancora torniamo all'impianto finale con l'editing. Tutto viene misurato al millesimo di secondo con i miei tempi di lettura, con le pause teatrali, con le improvvise accelerazioni. E' un lavoro che dura mesi. Quando siamo pronti inizia il nostro cammino lungo le strade del nostro paese. Tutto questo é blues, é il cuore e l'anima , la ricerca e la passione, la riscoperta delle nostre radici e della nostra memoria. C'é molto blues nei miei testi e nella mia voce. Non puoi raccontare la morte di centinaia di vittime innocenti se non credi in quello che fai. Il pubblico lo scopre in fretta. Non puoi fare tutto questo se non ti si scava un profondo buco nero nel cuore.
 
 D. Pensi che questo modo di comunicare i fatti sia quello destinato ad aprire una breccia importante nella generale mancanza di curiosità che caratterizza questa epoca ?
Sì penso che il teatro civile o il teatro di narrazione sia uno dei modi per raccontare storie del paese dimenticate facendole arrivare ad un grande pubblico. In quattro anni ho parlato ad oltre 40 mila persone in 500 spettacoli. Sarebbe impensabile poter raggiungere la stessa audience con dibattiti e presentazioni. Anche se si dovesse andare in tv non sarebbe la stessa cosa. magari parli a milioni di persone ma quanto resta di quello che dici nel loro cervello, nella loro anima? Oggi bisogna scuotere il pubblico, c'é bisogno di indignarsi quando si apprende che i generali che hanno compiuto i depistaggi sulla strage di Ustica vengono assolti, quando la Cassazione assolve tutti gli imputati per la strage di Piazza Fontana, quando non c'é ancora un processo per la strage di Brescia. Ci si deve indignare quando i processi per le stragi di Sant'Anna di Stazzema e di Marzabotto si chiudono(solo in primo grado) dopo 62 anni dagli eventi e si scopre che quelle verità erano state nascoste in un armadio chiuso a chiave, protetto da un cancello e da un lucchetto, nella sede della Procura Generale di Roma. Il teatro può sostituirsi alla mancanza di verità e di giustizia. Almeno per consegnare alle nuove generazioni un pezzo della memoria del nostro paese.  A giugno uscirà "Per non dimenticare, grazie" per l'editore Chiare Lettere. Raccoglie tutti i miei scritti di teatro civile. "Per non dimenticare, grazie" é anche l'ultima frase che dico nei miei spettacoli.  
Grazie Daniele Biacchessi, ilpopolodelblues non dimentica…

Alessandro Mannozzi


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