Super Furry Animals’s Gruff Rhys slow us his great musical attitude in a great album
Ne ha di creatività da vendere il gallese Gruff Rhys, già leader di Super Furry Animals e questo giocattolo, “Candylion”, ha il sapore del regalo che ognuno di noi, prima o poi nella vita, si permette per farsi felice.
Il suo è un regalo speciale perché permette a noi di goderne a pieno regime specialmente quando, lasciando da una parte la galoppante sperimentazione di cui “Candylion” è foriero - che corrisponde poi ad altrettanta immaginazione - Gruff stampa melodie estrose ( “Cycle of Violence” ) che pescano qui e lì dal passati lounge o beatlesiani ( “Painting People Blue” con un finale che avrebbe fatto la gioia di Hatfield & the North ! ).
Basta però strizzare un po’ gli occhi nelle minuscole note di copertine che dietro a tanta creatività ci sono ( almeno ) due altri supertalentuosi personaggi da cui “Candylion” non può prescindere : il produttore brasiliano Mario Caldato ( ve la ricordate la Grand Royale dei Beastie Boys ? E Money Mark ? Il pazzo giapponese che faceva i cd con le tastiere che gli altri gli portavano a riparare nel suo negozietto downtown Los Angeles ) già socio di Jack Johnson nella Crossare e l’arrangiatore Sean O’Hagan, mente dei dimenticati High Llamas.
Caldato e Hagan danno a “Candylion” di Gruff Rhys un bel giro di vite formalizzando le molte idee del gallese.
Perciò ascoltando “Candylion” preparatevi ad aspettarvi un po’ di tutto senza riferimenti stilistici ricorrenti: ci vuole una pedal steel guitar ( come in
“ Beacon in the Darkness “ ) e il trio ce la mette ! Nasce un brano che si ispira al tropicalismo di Os Mutantes ? Bene, i tre vanno in Brasile a mixarlo !
Certo!, sarebbe bello che ogni bravo artista potesse realizzare così i propri sogni ma ammettiamo che Gruff ha lavorato sodo per firmare un disco che è molto lontano dal modo di pensare degli italiani ma si addice in pieno a una generazione giovane e creativa come quella della nuova Gran Bretagna ( ma non fate leggere queste righe a Gruff perchè lui si sente solo Gallese !) che strizza un occhio agli anni sessanta ( “now that the feeling has gone”) senza curarsi troppo dei paragoni dei critici. Bellissima il tour de force finale di “Skylon” , quattordici minuti che salgono su con un groove mai invasivo e sinuoso dal tono vagamente canterburiano con belle chitarre rovesciate stile anni settanta.
Ernesto de Pascale
|
Track list
|