Freedom Road is the first album of all-new material in more than five years and finds John Mellencamp in full anthem mode. Recorded with Mike Wanchic and Andy York, this album featured a wonderful duet with Joan Baez on Jim Crow and some great rock anthem like Someday and The Americans.
Quattro anni fa Trouble No More, aveva svelato finalmente tutto il background di roots-music che animava la musica di John Mellencamp, un’elemento questo tenuto quasi in secondo piano nel corso di tutta la sua carriera ma poi esploso, quasi all’improvviso. Il suo personale cammino di ricerca però non si è fermato là, ma in questi quattro anni, si è evoluto fino a confondersi con il suo trademark, ovvero quel blue-collar rock che tanto successo ha riscosso nella provincia Americana. Quello di Mellencamp, è stato un viaggio disincantato, sincero, libero, che lo ha ricondotto sulle strade di Woody Guthrie, sulle note di This Land Is Your Land, sui temi tanto della protest songs quanto del patriottismo, e sfociato oggi in Freedom’s Road. Questo nuovo album, inciso insieme ai fidati Mike Wanchic e Andy York, come ha detto lo stesso Mellencamp in una recente intervista a Billboard richiama il sound delle garage band degl’anni sessanta, ma aggiungiamo noi, è il tentativo di una sintesi tra il suono presente e passato dell’American Music. Allo stesso modo anche le tematiche del disco sembrano confondere presente e passato, in una ciclicità di eventi, resa in modo molto realistico dai testi di Mellencamp. Certo non stiamo parlando di Bob Dylan, perchè lo sappiamo tutti uno dei limiti di Mellencamp sono proprio i testi spesso virati ad un irritante qualunquismo, ma questa volta, confidando nella sua semplicità sembra aver colto nel segno. E’ il caso ad esempio della struggente ballata Rural Route, che racconta la tragica storia di una violenza subita da una ragazza di dieci anni, o ancora della splendida Jim Crow cantata in duetto con Joan Baez, che ci riporta indietro alla protest song degl’anni sessanta. Restando nell’ambito della canzone degl’anni sessanta, una citazione la merita il singolo Our Country, seguito ideale di This Land Is Your Land in chiave rock, ma anche la bella title track, un inno alla speraza per un futuro migliore per gli States. Freedom’s Road, non è dunque mai avaro di emozioni, come dimostrano anche il brano di aperture Someday, un gospel rock di alto livello, o ancora la bellissima Ghost Towns Along The Highway, una roots-rock ballad con tanto di archi in bella evidenza. Superbo è infine il brano conclusivo, Heaven Is A Lonely Place, un inno-rock alla sopravvivenza contro l’ignoranza dei tempi moderni che si dilunga per ben dodici minuti. Se il rock avesse ancora la possibilità di cambiare la storia, è probabile che si partirebbe da questo disco, peccato che gl’anni sessanta sono passati da un pezzo e il rock è lontano ormai anni luce dall’impegno sociale. Accontentiamoci di questa raccolta di inni di riscossa, protesta e rivalsa, è probabile che diventino un piccolo seme per il cambiamento.
Salvatore Esposito
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Track list
Someday
Ghost Towns Along the Highway
The Americans
Forgiveness
Freedom's Road
Jim Crow
Our Country
Rural Route
My Aeroplane
Heaven Is a Lonely Place (Luc) |