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POETI, ASTROFISICI E PREMI NOBEL
(Aspettando Sanremo 2)


Aveva sollevato un po’ di polvere, peraltro abbassatasi quasi subito, la querelle fra alcuni atipici e blasonati autori di testi per Sanremo e Pippo Baudo, secondo i primi colpevole di averli snobbati ed esclusi dalla manifestazione.
Di primo acchito si potrebbe pensare: perbacco, ci si lamenta spesso dello scarso contenuto delle canzoni di oggi e poi, avendo a disposizione un premio Nobel per la medicina, un’astrofisica e due poeti di grande reputazione li si tratta come principianti, bacchettandoli sulle mani e quasi rimandandoli a ottobre.


Senza poter leggere i testi non si è in grado di giudicarne la bontà e, anzi, la cosa migliore sarebbe aver modo di ascoltare i brani finiti e musicati: solo così si sarebbe potuto esprimere un parere obiettivo e stabilire quanto giusta o immotivata è stata l’esclusione da Sanremo.
Ma la circostanza è utile per rinfrescare l’antica disputa se un poeta può essere in grado di scrivere anche testi per canzoni.
A questo proposito esistono precedenti illustri che farebbero pendere la bilancia dalla parte del no, anche se gli autori sono dotati di indiscutibile capacità di linguaggio e scrittura. Infatti, indipendentemente dalla bontà dei concetti espressi, i testi in questione si rivelano quasi sempre inadatti ad essere musicati e cantati: in poche parole, non suonano e una poesia bella da leggere o declamare diventa spesso scialba o addirittura ridicola se la si musica.
Prima di Levi Montalcini, prima di Hack, prima di Merini e Sanguineti molti poeti di fama internazionale si sono cimentati con testi per canzoni, assistendo poi al loro naufragio nell’indifferenza generale (qualcuno ricorda, esempio per tutti, un testo nientemeno che di Neruda per Nilla Pizzi?).
Per il principio delle pari opportunità occorre annotare che, a parte le dovute eccezioni, otterremmo un effetto altrettanto negativo se ci mettessimo a leggere e recitare i testi delle canzoni come se fossero poesie: nella maggior parte dei casi avremmo una sensazione di inadeguatezza e di scarso peso espressivo, quando non di limitatezza lessicale.
Eppure, in ambedue le circostanze (poesie considerate tali e testi abbinati a musiche) abbiamo opere che funzionano e questa è la prova che le stesse sono legate a leggi differenti, a metriche e assonanze che molte volte possono essere antitetiche.



Ci sono, è vero, anche autori di canzoni che cercano di librarsi sopra la media e seguono moduli più ricercati: ne cito per brevità due soli, De Gregori e Panella, il primo creatore di efficaci immagini metafisiche, il secondo alla ricerca di un linguaggio originale che in molte occasioni diventa ermetico. Crediamo tuttavia che tutti e due siano ben consci di scrivere versi che dovranno essere musicati e che quindi facciano attenzione a che le metriche siano coerenti e le parole abbiano la giusta sonorità per essere cantate.
Chi conosce da vicino Pippo Baudo lo descrive come a volte autoritario e capace di discutere a fondo con autori e registi per ottenere o eliminare situazioni e artisti graditi o meno ma, e questo è ciò che più conta, anche dotato di tale e tanta cultura generale ed esperienza nel campo dello spettacolo da affrontare qualsiasi avversità e ritornare di nuovo in sella, simile a un Ercolino Sempreinpiedi.
Su questi presupposti potremmo quindi ipotizzare che l’esclusione delle canzoni di cui si è parlato abbia una sua plausibilità.
Ma tutti possiamo sbagliare, Baudo compreso, perciò da questo punto in poi non ci resta che attendere il Festival e renderci conto se davvero risulterà di qualità come promesso dal suo direttore artistico oppure se, come da troppi anni a questa parte, si rivelerà la solita zuppa stracotta e strariscaldata ad uso e consumo della Rai, del comune di Sanremo, degli sponsor, degli albergatori e dei ristoratori, con buona pace di artisti e discografici che ogni volta ci cascano.
A risentirci dopo il Festival.

Rinaldo Prandoni

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