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Intervista a Peter Bogdanovich

Ernesto de Pascale ha intervistato il maestro del cinema Peter Bogdanovich in occasione della pubblicazione del documentario “Running down a dream” dedicato a Tom Petty.


Il lungo viaggio negli oscuri meandri di una intera carriera musicale di successo che vale una vita e forse più se mal raccontato può tramutarsi in un niente di fatto, far compiere a un artista un passo indietro, specialmente in un momento delicato di avvicendamento quale quello attuale. 

Nell’epoca del racconto, dello rock & roll storytelling, del documentario che è la fiction del futuro, iniziano a presentarsi con più chiarezza a noi una fascia di veterani che affidano o hanno affidato a navigati filmmaker  la loro storia per aumentare il peso della autorevolezza, e per - a volte - riscrivere una storia che può essere stata nella vita reale anche molto molto dolorosa.

Tom Petty per celebrare i 30 anni dei suoi Heartbreakers ha voluto al suo fianco - aprendo i suoi capienti archivi - uno dei grandi indipendenti del cinema americano dei sessanta e dei settanta, il regista Peter Bogdanovic, uomo di cinema nel senso più completo del termine prima ancora che cineasta. 

Dalla seminale biografia dedicata a Orson Welles ( “… bussai alla sua porta e gli rimasi simpatico. Mi disse : “Non ho tempo per te ma se ti va restami accanto. Non lo mollai per ben due anni. Imparai tutto da lui e lui raccontò tutto di sé, senza voler rileggere niente !….”) alla più impietosa analisi della provincia americana negli anni cinquanta in “The Last Picture Show” ( l’ultimo spettacolo, in Italia. “Una storia vera “ mi dirà ), Bogdanovic - all’ombra del successo che sta riscuotendo ovunque il box “Running Down A dream”, 3 dvd e un cd - sembra oggi l’unica scelta concepibile per un format quale il documentario musicale, che dopo il bellissimo “No Direction Home” pareva essere giunto alla massima espressione concepibile.

Bogdanovic però, come solo i veri grandi cineasti sanno fanno, è saputo andare oltre, firmando con leggerezza ogni frame del lungo film. Petty ha accettato il punto di vista di un regista che crede nell’America della normalità persa quasi del tutto, che è ancora innamorato del Great Wide Open, che sa considerare una generazione di perdenti, né buoni né cattivi, quella a cui Petty eccezione che fa la regola, appartiene.


Come è potuto allora accadere che un regista, per giunta non interessato più di tanto al rock adulto di Tom, abbia saputo tramutare un documentario su un artista di solido status in un meravigliosa storia sul significato dell‘essere rocker a cinquant‘anni? 

Semplicemente nel nome della curiosità. 

E i segreti, gli entusiasmi, gli alti e i bassi e i retroscena di una avventura lunga più di 24 mesi ce li ha raccontati con entusiasmo in esclusiva, senza risparmiare alcune profonde riflessioni sul cinema più in generale. E, come spesso accade, abbiamo scoperto che la casualità ha fatto la sua parte, non secondaria.

Maestro, come è nato il progetto ?

Circa due anni fa, nell’estate 2005 venni contatto dal mo vicino di casa e amico il produttore George Drakoulias che mi disse dell’intenzione di Tom Petty di aprire i propri archivi personali e quelli del suo gruppo in vista della realizzazione din un documentario che celebrasse i 30 anni di attività della formazione. Io - a dire il vero - pur sapendo chi fosse Tom Petty e conoscendo  le sue canzoni più famose non ero esattamente un fan, lo sono diventato poi! - a casa mia i miei ascolti preferiti restano Mozart, Sinatra e il Country & Western di Elton Britt - e mi recai all’appuntamento a mente libera. Scoprii di trovarmi davanti a una persona con una storia straordinaria e con una profonda umanità e, per di più, grande conoscitore della mia carriera professionale. Ci siamo trovati bene sin dal primo giorno e abbiamo lavorato sodo, spalla a spalla per due anni, molto più di un film se ci pensi bene

Con che tecnica ha girato il documentario, con in mente un’idea filmografica ?

Prima ancora di quella è stato importante per me cogliere l’essenza della storia da raccontare e la storia di Petty e del suo gruppo è ciò che più del resto mi ha convinto.

Il film documenta un ragazzo normale diventare una rockstar e attestarsi in una realtà diversa da quella di partenza ? E’ una storia che lei considera comune in America ?

E’ la storia che molti vorrebbero e per di più senza nessun risvolto negativo. Il motivo per cui, ritengo, Petty ce l’ha fatta è proprio la semplicità di base. Tom era un ragazzino innamorato di film Western che scopre la chitarra guardando uno di quelli che, rafforzato, dall’Elvis di Love Me Tender, compie un percorso adolescenziale a prima vista scontato ma che non trascende da nessun passo. Arriva giovanissimo e esattamente in tempo con l’avvento dei Beatles, dei Beach Boy, dei Rolling Stones, dei Kinks - alcune delle sue manifestate influenze - a percepire come la musica avrebbe potuto cambiare la sua vita, consapevole che esibirsi significava anche una propria indipendenza economica e costruisce con pragmatismo il suo percorso, quel percorso che lo porta a essere maturo e a prendere decisioni importanti come lasciare la sua provincia di Gainsville in Florida per la California, dopo aver raggiunto forse il punto più alto che una provincia musicale ti poteva offrire nel 1973/1974

Come descriverebbe Petty ?

A true originator, un vero originatore..

Si spieghi meglio…

Certo!. Per portare bene a termine Running Down a Dream  ho cercato di analizzare a fondo le liriche di Petty e ho scoperto in lui una qualità non comune : l’essere specifico ma allo stesso tempo impressionista. Ti porto un esempio: la frase “She ‘s  Girl Raised On Promises”. Questa è una frase dalle mille riverberazioni, somma il meglio di molti concetti pregressi. Oppure 

Prendi la frase “ Sometimes She Used To Sing”. Questa è una espressione apparentemente colloquiale che inserita in una canzone dice molto di più delle cinque parole usate. Pochi sono in grado di scrivere così: Dylan, Springsteen ma - secondo me come regista e sceneggiatore - Petty è più peculiare. Tom ha il talento del poeta - un capitolo del primo dvd è dedicato alla sua poetica infatti - ma è più conciso, qualità che il Rock & Roll ha accentuato in lui. E ritengo che, per quanto tu possa sforzarti, ci debba essere un talento alla base di tutto questo, la tua falsità viene altrimenti presto a galla.

Se Tom Petty fosse stato un attore, chi sarebbe stato ?

Un attore di un fim western ma non un Tom Mix o un John Wayne , piuttosto un tipo alla Gary Cooper. Più volte abbiamo scherzato su questo e ci siamo trovato d’accordo che più esattamente sarebbe stato un perfetto attore secondario con mezza battuta nel secondo tempo del film. Ma una battuta di quelle che passano alla storia….

Conferma le parole dell’artista che, in una delle sue interviste, parla del passaggio dall’essere arrabbiato a quello dell’ avere ambizioni ?

Certamente !. E’ Sempre il famoso sogno americano che si avvera. Per Petty le ambizioni non mi paiono ancora del tutto esaurite perché la sua storia personale è molto più complessa di quanto sembrerebbe ascoltando le sue canzoni e Tom è stato molto onesto con se stesso volendo che ne documentario si entrasse più a fondo possibile nel su mondo. Le sue ambizioni poi, mi paiono giustificate da questo immenso talento di cui ti dicevo un attimo fa.

Mi pare di intravedere nella storia il profilo di un personaggio, l’artista, che, nonostante il suo grandissimo successo, ha continuato nella vita a cadere nel baratro di chi è perdente. Nel documentario lei più volte torna su avvenimenti non felici della vita di Tom ?

Questo è il fulcro della storia che raccontiamo nel doppio dvd, infatti !

Tom Petty è stato più di una volta un perdente nella vita : gli abusi verbali del padre, la madre persa giovanissimo, gli inizi della sua carriera in provincia, una bancarotta nel 1978 per evitare di essere defraudato dai suoi diritti dalla casa discografica, l’alcool, la cocaina, un piromane che ha dato fuoco alla sua casa nei tardi anni ottanta, una mano totalmente ricostruita per essere frantumata in mille pezzi in uno scatto d’ira e altre cose tutte documentate nel film hanno dato una cadenza alla storia di una delle icone della musica americana rock e per me sono state la chiave di interpretazione. Una dimostrazione allo stesso tempo di una personalità estremamente forte e motivata, sempre a fuoco e con ben chiaro il perché delle cose in corso.

Ha lavorato quindi sul suo intuito o analizzando la storia  ?

Totalmente a intuito, ho fatto io in prima persona tutte le interviste, come un fan e come un curioso. Un percorso un po’ alla rovescia di quello tradizionale. Nel documentario prima giri e poi scrivi la storia

Si è documentato sul documentario musicale in generale nella fase preparatoria di Running Down The Dream ?

Certamente è mi è servito per capire cosa volevo e cosa non volevo. Volevo un documentario ben diverso dal bellissimo No Direction Home di Scorsese, ben differente dal documentario sui Beatles che è una storia che va in una direzione intramezzata da spezzoni di repertorio e poco più. Per Questo documentario desideravo che la storia che andasse avanti e indietro nel tempo, un crosscutting emozionale, mantenendo però intatta la semplicità che è alla base della musica di Petty. Inoltre volevo tenere un ritmo fluido, non soffermarmi troppo sulle facce, che è un altro classico dei documentari, di tutti i tipi di documentari. Quindi tenere più vario e alternato possibile il cast degli intervistati, proprio come se loro fossero gli attori del film. Per riuscire in questo mi è servito moltissimo l’immenso archivio video e di immagini di Petty e del gruppo. Tom è uno che ha conservato tutto, e nonostante l’incendio della sua villa ha una collezione di memorabilia proprie e dei suoi amici musicisti invidiabile

Lei ha prodotto molti documentari, mai nessuno di tipo musicale . Ultimamente ha ripreso in mano quello girato da lei 35 anni fa sul John Ford. Come mai ?

Mi ritengo un perfezionista e il cinema mi ha insegnato che il perfezionismo è un arte difficile, può tramutarsi in leziosità. Il tempo mi ha anche insegnato che con l’avvento di certi supporti digitali alcuni prodotti posso davvero sembrare ben più vecchi di quanto davvero siano - guarda quanti restauri in giro di vecchi film o riedizione in dvd ! - così ho ripreso in mano il documentario che girai 35 anni fa sulla figura di John Ford e che mi aveva lasciato nel tempo sempre più insoddisfatto e nel volerlo mettere a punto mi sono ritrovato a rifarlo quasi da capo. Questa nuova versione sarà disponibile fra pochi mesi in dvd. Poco prima avevo terminato di girare un documentario sulla morte di Natalie Wood, un misero irrisolto che tale -penso - resterà per sempre, quindi molto affascinante. 

Cosa ha cercato di evitare nel girare questo documentario ?

Il film presenta parallelamente all storia di Petty, anche il percorso della televisione musicale in America. Cosa ha Cambiato quel formato nel mondo del Cinema, se ha cambiato qualcosa  ?

Tom Petty è stato uno dei primi artisti al quale la nascente MTV fece la corte e ancora oggi è in grado i produrre ottimi video. MTV ha avuto un grande impatto sul meccanismo del montaggio, che dopo di quella non mai più stato lo stesso, nel bene e nel male. Io sono contrario alla frammentazione delle storie, e lo stile tipico dei video è proprio la frammentazione, a me piace il flusso. Certo è che bisogna oramai fare i conti con il digitale che ha esaltato le ragioni dello stile di MTV.

Esiste ancora una età d’oro del Cinema ?

I talenti sono di tutt’altro genere, non sanno più cosa è un set. Quell’epoca è definitivamente andata e io sono orgoglioso di averne vissuto in prima persona l’ultima propulsione che la produzione indipendente nei tardi sessanta ci dette per un definitivo passaggio verso una maggiore libertà espressiva.

La sua visione del Cinema attraverso chi è passata ? Maestri Italiani ? 

Certo!, i grandi americani, da Hawkes a Ford, da Nicholas Ray al caro amico Robert Altoman ma vorrei citare e ricordare per voi amici italiani De Sica, un vero gentleman che conobbi proprio grazie a Orson Welles, Fellini, a real dreamer, Rossellini, the man behind the reality e mille volte i nomi di Pietro Germi, un idolo per me, e di Elio Petri, un giornalista prestato alla celluloide.

Il suo  prossimo progetto ?

Ritorno al Cinema con due progetti ben diversi : il primo è un thriller, Killer Joe. La storia di una famiglia dove tutto va storto in seguito a un casuale omicidio. Il secondo si intitola The Broken Code, una storia vera che esamina le controversie che circondano la scoperta della struttura del DNA attraverso l’amicizia di donne davvero speciali.

Tornando e concludendo il racconto del documentario Running down a Dream, dopo due anni di lavoro e vita, spalla a spalla, cosa pensa abbiate in comune Petty e lei ?

Siamo entrambi il prodotto di una cultura popolare americana che sta velocemente scomparendo


Ernesto de Pascale


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