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Willy De Ville – 28 gennaio 2008

Da dove chiami? Sembra di stare a parlare in nella metropolitana… c’è un rumore e un riverbero incredibile…”. È  Willy De Ville che parla. L’intervista è telefonica. Lui è a New York, la città in cui vive e che è la principale fonte d’ispirazione per le sue canzoni. Il suo nuovo album, intitolato ‘Pistola’, si chiude con una canzone - ‘The Mountains Of Manhattan’ - dal testo criptico e misterioso in cui uno dei personaggi è un serpente senza denti: “È una strada di Manhattan. Le due strisce bianche ai lati disegnano i contorni di un serpente a cui mancano però i denti… Sai, scrivo sempre. Continuamente. Ho un taccuino e una penna. Cammino per strada e scrivo ogni qualvolta la città mi offre l’ispirazione”. Willy De Ville non è un amante della tecnologia; fa parte di quegli artisti “analogici”, ancora legati alla componente meccanica fisica, sia questa quella di un registratore a bobine su cui i nastri strisciano prodicendo un suono inconfondibile, sia quello di scrivere, penna alla mano, i testi. “I miei appunti sono dei veri e propri graffiti. Scrivo veloce, molto veloce. Devo catturare l’ispirazione quando viene. Solo io posso interpretarli”. 


‘Pistola’ è un disco in cui l’artista sembra voler ripercorrere la storia della musica americana del secolo scorso: dal rock d’impronta dylaniana dell’opener ‘So So Real’, al funky acido di ‘Been There, Done That’, passando per il country di ‘Louise’  di Paul Siebel e il blues di ‘The Band Played On’ in cui la sua voce sembra avvicinarsi a quella di Solomon Burke fino ai nuovi classici in puro stile De Ville come ‘The Stars That Speak’. “Avevo molte canzoni fra cui scegliere. La mia ispirazione è costante e continua, come un flusso di coscienza. Scrivo a casa sul letto con una chitarra o al piano, in studio, dove capita. Questo disco è simile ai miei passati: ho sempre cantato generi diversi, non mi mai sono limitato… eppure sento che è il migliore che abbia composto da anni”. Dietro questo disco c’è una storia, una leggenda forse, solo De Ville può saperlo con certezza. In un primo momento sembra non volerne parlare. Le sue risposte sono in un primo momento puntuali ma stringate; improvvisamente poi, come dal niente ecco che parte a raccontare: “Ero appena arrivato con un taxi davanti allo studio. Ero con il mio bulldog. Lo porto sempre con me. Esco dal taxi: con una mano tengo il guinzaglio del cane, con l’altra prendo il portafogli per pagare. Chiudo la portiera e mi dirigo verso lo studio… la valigetta cazzo! È rimasta nel taxi! C’era tutto il disco: provini, testi, idee per gli arrangiamenti. Tutto perso. Sono momenti in cui o inizi a urlare e disperarti o, più semplicemente, ti rassegni a riscrivere tutto. Non avevo fatto una copia - che senso ha? - mi ero detto - ho tutto con me nella borsa - il mio unico sollievo era che avevo già depositato le canzoni e quindi nessuno le avrebbe potute usare. Così ho riscritto l’album e devo dire che è venuto meglio di quello già avevo preparato!”. 


Tra le 10 canzoni ce n’è una, ‘When I Get Home’, che ha il sapore della ninna nanna, del canto rassicurante in cui melanconia e speranza convivono: “L’ho scritta pensando al mio bassista, David (Keyes). Ha il cancro. Si trovava in Messico, non so se per delle cure o che altro. Io ero in studio e ho scritto ‘When I Get Home’ pensando a lui, a quello che doveva provare. L’ho scritta in prima persona, come se fosse lui a parlare a sua moglie. È un canto di speranza”.


Willy è già pronto a tornare on the road. Sono previste date in Italia a luglio (organizzate dalla Blue Sky Promotion,  HYPERLINK "http://www.blueskypromotion.it" www.blueskypromotion.it). “Adoro l’Italia - precisa il cantante - ci torno sempre volentieri. C’è una città in particolare che vorrei visitare: Venezia. Non ci sono mai stato. Un mio caro amico mi ha consigliato di andarci d’inverno; è sicuro che me ne innamorei e che vorrei trasferirmi lì all’istante. Vivo a New York da molto tempo ormai… sembra essere l’unica città adatta a me, ma ho la sensazione che non sarà il luogo in cui vivrò i miei ultimi giorni… chissà forse sarà Venezia, o un’altra città italiana… anche la Corsica mi piace molto: la gente lì è dura e di poche parole”. Le sue ultime parole accendono l’immaginazione: Willy De Ville con camicia bianca, pantaloni neri attillatissimi e stivali seduto in una veranda che si apre sul Mar Mediterraneo; il rumore delle onde che vengono a morie sulle spiaggie bianche Corse, mentre il vento soffia un aria calda e avvolgente. Nella veranda, a pochi metri dal cantante, c’è una chitarra. Willy si accende una sigaretta, fa un lungo tiro guardando in alto poi allunga la mano, afferra la chitarra, chiude gli occhi e conta in silenzio: “one, two, three, four…” e… 

Jacopo Meille



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