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INTERVISTA

Al servizio della musica, intervista a Steve Hackett  

www.hackettsongs.com

Former Genesis and Gtr guitar player explains his way of living the music before his electric tour in Italy

Steve Hackett si prepara a tornare in Italia per una serie di quattro date. Una presenza a tre anni di distanza dall'ultimo tour nel nostro paese: in quell'occasione presentò un repertorio acustico. Stavolta invece si tratta di un tour elettrico in un itinerario straordinario attraverso aree musicali diverse, che ripercorrendo la storia di questo artista, dai giorni con i Genesis ad oggi. Hackett verrà accompagnato da Roger King (tastiere), Gary O'Toole (batteria e percussioni), Rob Townsend (sax e flauto), Nick Beggs (basso). 


È passato un po’ di tempo dall’ultimo tour di questo tipo  _ spiega a Il Popolo del Blues mentre sta preparando le date italiane _ , ma non ho mai perso il mio amore per la chitarra elettrica. Mi sono sempre divertito a mescolare generi e stili. Questo era il momento giusto per tornare a suonare con una band.

Sappiamo infatti che Roger King è al tuo fianco alle tastiere insieme ad altri nomi conosciuti come Nick Beggs (ex Kajagoogoo e John Paul Jones) al basso.

Conoscevo il talento di Nick Beggs da tempo e volevo collaborare con lui. Questo tour mi offre questa grande opportunità. Suonare con una band mi permette di fare più rumore!

Hai scelto già le chitarre che ti porterai in tour?

Ho una serie di Fernandez, con la forma Les Paul. Sono ottime chitarre. Mi piace il “rumore” che sono in grado di creare. Avrò poi la possibilità di giocare con i suoni. Sono proprio contento di tornare a suonare elettrico. Mi piace suonare la chitarra, qualsiasi tipo.

Forse il momento in cui le dita si appoggiano sulla tastiera sia una sensazione unica e personale per ogni chitarrista…

Suonare una chitarra dà tante emozioni contrastanti: quando torni a suonare dopo un periodo di riposo, per prima cosa le dita fanno male, poi, d’improvviso, ti rendi conto che sono un tutt’uno con lo strumento e ti si aprono infinite possibilità. È tutta una questione di confidenza con se stessi e lo strumento. Non importa che genere suoni, nel momento in cui la musica inizia a fluire in te e fuori di te, ecco che può avvenire qualcosa di magico ed unico.

Nella tua lunga carriera solista hai dimostrato che qualunque siano le tue origini e il risultato raggiunto, puoi sempre trovare qualcosa di nuovo ed eccitante per te, che è anche fonte e stimolo per continuare ad imparare.

Negli ultimi anni oltre a brani di stampo “classico” ho dato libero spazio all’improvvisazione. È una questione di convinzione e di non preoccuparsi di “uscire dal seminato” (in inglese:  “Stray from the map”). Le chitarre riescono sempre a sorprenderti.

L'impressione è che un artista come  Hackett si sia sempre messo al servizio della musica, mantenendo uno stile, un tocco unico, senza esserne schiavi. 

Credo di aver sempre cercato di smontare l’idea che pensavo il pubblico si fosse fatta di me. È difficile parlare di musica perché è un qualcosa di estremamente intimo e privato. Ho il mio elenco di artisti che ammiro e di solito loro sono i primi ad avere un atteggiamento critico e modesto nei confronti della loro musica e del loro talento. Siamo sempre alla ricerca del sound perfetto e siamo di rado soddisfatti dei risultati ottenuti. Siamo tipi difficili noi chitarristi.

Il fatto di non essere mai del tutto soddisfatto può, in parte, spiegare il tuo continuo e persistente desiderio di ricerca?

Forse è così. Ed anche il fatto di accettare di poter essere originale sempre. La musica esiste da prima che uno la pensi e la componga. È lo spirito con cui la suoni che conta. Quello è unico ed originale. Nessuno ha mai inventato niente, con ogni probabilità lo aveva sentito da qualche altro musicista. La tua personale storia con la musica ha poi un ruolo determinate: qual è stato il primo disco che ha ascoltato? Qual è stato il tuo primo concerto? Ed il primo chitarrista che hai ascoltato e che ti ha impressionato. C’è chi pensa che io abbia inventato delle tecniche, ma non è vero. Nessuno della mia generazione credo abbia inventato niente. Abbiamo beneficiato del lavoro mai riconosciuto delle generazioni precedenti. 

Penso che la vostra generazione sia stata comunque “speciale” anche solo in termini di percentuale: non credo che ce ne sia stata poi in Inghilterra un’altra che possa vantare un così alto numero di musicisti talentuosi come la vostra, provenienti da ogni parte del Regno Unito e da ogni classe sociale. 

È un interessante punto di vista. Oggi però, ho ascoltato un chitarrista davvero bravo suonare all’interno della metropolitana. Un perfetto sconosciuto. Mi ha colpito tanto da fermarmi. Non importa sapere se sia il migliore o una nuova promessa del firmamento rock. Mi è piaciuto quello che suonava e come lo suonava. Ho bisogno di onestà da parte di chi suona. Ovvio che prediligo la chitarra solista, e quando sento un suono che sembra ora una voce, ora un pianto, che ha anima, quello mi colpisce.

Tu hai stupito tutti suonando l’armonica in alcuni tuoi album.

È stato il mio primo strumento. L’ho suonata per circa dieci anni prima di passare alla chitarra. Mi piace il suono distorto dell’armonica.

L’aver fatto parte di una band come i Genesis quanto ti ha pesato, se questo è successo ovviamente, nel momento in cui hai iniziato la tua carriera solista?

Sono molto orgoglioso del mio contributo alla musica dei Genesis. Eravamo un grande band. E potrei dire lo stesso dei GTR. Credo però di aver fatto molto altro… Quando qualcuno mi chiede qual è il mio album preferito dei Genesis, tendo a rispondere ‘Selling England By The Pound’ perché in quell’album c’è ‘Firth of Fifth’ , ma poi penso a ‘Horizons’ in ‘Foxtrot’ o ‘Los Endos’ da ‘Thrick Of The Tail’. Ma queste canzoni rappresentano solo una parte di me. È come aver creato un “mostro” come Frankenstein. Del barone Von Frankenstein verrà ricordata solo la creazione del mostro e non tutte le sue ricerche. Ho imparato ad accettarlo. 

C’è qualche musicista che continua a stupirti ed emozionarti?

Mi piacciono coloro che non hanno paura di cambiare e di rendersi anche quasi irriconoscibili. Ricordo un disco solista di John McLaughlin intitolato ‘Time Remembered’ con un quartetto di chitarre con le musiche di Bill Evans. Uno pensa alla Mahavishnu Orchestra o alle sue collaborazioni con Miles Davis ed ecco che in questo disco suona note lunghe, con fraseggi lenti di poche note. Mi piace questo tipo di musicista che, come un attore, si cuce addosso la musica a seconda delle necessità.

Credo che per band importanti come i Genesis, le persone tendano a rimuoverle dal contesto temporale. La vita va avanti per loro ma non per la loro band preferita che viene stigmatizzata insieme alla vita dei componenti… è una sorta di malattia delle rock band.

Credo che sia importante tentare di rompere questi meccanismi sapendo che comunque i Genesis rimarrano i Genesis, così come i Beatles o i Rolling Stones. La celebrità ha fatto di loro delle rockstar, ma ci sono migliaia di musicisti sconosciuti nel mondo che dovrebbero beneficiare delle stesse possibilità perché sono bravi. È questione di fortuna e la fortuna non è democratica; questo però non deve far perdere le speranze a che crede nel proprio talento. C’è posto per tutti e la fortuna, l’ho imparato per esperienza, si può veicolare grazie ad un lavoro costante. Ogni singolo musicista deve credere nelle proprie forze e possibilità. 

Jacopo Meille



Steve Hackett, il tour italiano 2009

GIOVEDI 12 MARZO 

PalaVailant – GENOVA 

VENERDI 13 MARZO 

Teatro Astra – SCHIO (VI) 

SABATO 14 MARZO 

Deposito Giordani– PORDENONE 

DOMENICA 15 MARZO 

Stazione Birra – ROMA 

Informazioni: Blue Sky Promotion,Tel +39 0547 600093
www.blueskypromotion.it 

Ufficio stampa – Il Popolo del Blues Sas 
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