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INTERVIEW

Intervista a Tony Pagliuca


Ernesto De Pascale ha intervistato per Il Popolo del Blues Tony Pagliuca in occasione del suo live di piano solo all'interno della rassegna Piano Hour,  in cui ha riproposto in veste solista celebri brani delle Orme(Firenze, 6 novembre 2009)


E D P – Tony Pagliuca, musicista di grande esperienza, da 40 sulla scena musicale a partire dal gruppo “le Orme”, e nel corso degli anni anche con altri progetti... adesso ti trovi a Firenze per proporre una serata di piano solo, interessante progetto di questo momento... partiamo proprio da adesso...

T P – Si infatti... per me è un traguardo, un sogno che si realizza. Il piano è stato il mio primo strumento, il primo amore...ma è stato un traguardo che ho raggiunto solo adesso, non avevo mai suonato prima d'ora uno Steinway... è stata una scommessa che ho voluto accettare, e se riuscirà mi darà molta soddisfazione...


E D P – Anche se il pianoforte è stato il primo amore, poi dal mondo del beat ti sei fiondato in quello della musica che stava nascendo, giusto?

T P – Si è vero... però devo dire che il mio primo pianoforte era un giocattolo che mi fu portato come  regalo dalla Befana...aveva solo i tasti bianchi, quelli neri erano dipinti! Purtroppo anche per ragioni di difficoltà finanziarie, negli anni 60' mio papà non aveva soldi per mantenermi al conservatorio, quindi il piano rimase un gioco... a 16 anni ho avuto si il mio primo strumento...ma era una fisarmonica, perciò mi ci esercitai come primo strumento


E D P – Come è avvenuto il passaggio dalla fisarmonica al panorama della musica di fine anni 60'?In questo nuovo scenario cosa è accaduto?

T P – Beh certo da fisarmonicista non potevo entrare a far parte di complessi con batteria basso e chitarra...tuttavia una volta decisi di partecipare lo stesso ad un concorso a Mestre nel quale suonavo con altri. Era piuttosto importante , ma decisi che mi sarei improvvisato organista...cosi senza fisarmonica riusci a farmi prestare un organo Farfisa da una buon anima che ci aiutò... me lo prestò per la mia esibizione... salii sul palco e per la prima volta lo suonai. Arrivammo secondi, e da li cominciai a suonare l'organo.

Poi quando da radio Lussemburgo sentii per la prima volta la canzone “ Gimme some lovin' “ degli Spencer Davis Group , iniziai a sognare di suonare l' Hammond...ero già entrato nelle “ Orme “, e con i soldi ottenuti dal successo della canzone “ Senti l'estate che torna “, a forza di cambiali e debiti, potei comprare a Milano un organo Hammod con rispettivo altoparlante leslie, ma tutto rigorosamente usato...dovete sapere infatti che all'epoca, in Italia,  un organo Hammond costava quanto un appartamento...comunque a forza di cambiali potei averlo, e con quello strumento ” Le Orme ” hanno incrementato notevolmente il valore del loro sound, tant'è vero che lo abbiamo usato fino all'album “ Collage “


E D P – Dalle Orme forti del successo del disco dell'estate 1968 con Senti l'estate che torna a quelle di Collage del 1971 , c'è un notevole salto in avanti musicalmente parlando..come accadde questo repentino cambiamentoda gruppo beat da successo da classifica, ad un altro che in Collage del 1971 pone come brano di apertura addirittura un brano strumentale? 

T P  - Hai ragione Ernesto...i brani strumentali all'epoca furono proprio degli spartiacque fra generi...raramente capitava di sentirli in radio. Dopo un viaggio a Londra respirai il fermento che oltremanica si stava creando. Dissuasi i miei compagni nelle Orme ad abbandonare il retaggio della canzone beat, strofa-ritornello. Ricordo che per fargli capire bene cosa intendevo, decisi  che avremmo dovuto andare tutti al celebre concerto dell'Isola di Wight, dove suonavano Hendrix, Miles Davis, e per l'appunto il debutto di Emerson , Lake and Palmer.

Ispirato sopratutto da questi ultimi, decisi di cimentarmi nell' improvvisare all' Hammond...devo dire che però il vero strumento che ha permesso il passaggio al rock-progressivo è stato il sintetizzatore: a differenza dell' Hammond che fu sicuramente importantissimo, il sintetizzatore ti permetteva di spaziare in sonorità più psichedeliche, più sognanti...


E D P – Per chi non conoscesse la dinamica musicale delle Orme, è doveroso precisare che siete stati per molti anni un trio. Formazioni di questo tipo sono sempre un po' una scommessa, data la difficoltà di amalgamare bene il ritmo e tutto il resto con soli tre musicisti...è stato difficile comporre con una formazione del genere? Lo è stato sopratutto per i brani da classica forma canzone?

T P – Beh sicuramente scrivere e suonare musica strumentale è diverso da fare la stessa cosa , ma anche con le parole...le parole ti prendono per mano, mentre con l'ausilio solamente dei suoni devi riuscire a creare delle dinamiche che non stanchino...Una dei problemi dell'epoca era rappresentato per esempio dal missaggio dei suoni in studio:la sovraincisione era il metodo più usato per sopperire alla mancanza di mixer con più di 8 piste per esempio. Quindi quando arrivavi a suonare dal vivo, tutti questi stratagemmi non potevi usarli...ecco allora che cominciavano i problemi...

Fortunatamente noi avevamo come produttore Gianpiero Reverberi, uno dei più bravi e più grandi dell'epoca, quindi comunque il lavoro veniva bene lo stesso...


E D P – Come si verificò l'incontro con Reverberi,  uno delle figure chiave della musica italiana dell'epoca?

T P – Dopo il successo di Senti l'estate che torna , mi capitò di ascoltare i New Trolls...rimasi colpito dal loro sound che a differenza del nostro delle Orme mi pareva più bello, più completo. Lessi che la produzione musicale era di un certo Gianpiero Reverberi, cosi mi informai e lo contattai per telefono...era il periodo precedente alla pubblicazione di Collage. Gli dissi che eravamo un gruppo di Mestre, che volevamo fare un disco di rock moderno con assoli e tutto il resto...ci ascoltò attentamente , e ci fece i complimenti, dicendoci di fare questo e tagliare quest'altro...dopo un mese ci risentimmo ed era fatta...


E D P – La figura di Reverberi che ruolo ha rivestito durante il corso del vostro percorso musicale negli anni? Era un semplice produttore, oppure aveva un ruolo più complesso e diretto nella creatività del gruppo? Oppure era la classica figura quasi burocratica del tipico produttore musicale italiano?

T P – Reverberi era una scienza in merito alla musica...nonostante questo non ci ha mai imposto imperativamente delle sue scelte musicali. Si limitava , dall'alto della sua esperienza, a guidarci,consigliarci, a filtrare attraverso la sua capacità e la sua sensibilità , le nostre idee creative.

Con questo tipo di approccio siamo andati avanti per molti anni...l'unico problema sorse intorno al 1976. Io in studio non riuscivo più a suonare libero da condizionamenti tecnici...era difficile accettare di suonare davanti ad una persona che musicalmente parlando era più navigata ed esperta di te in generale...Avevamo ed avevo bisogno di provare a fare qualcosa in maniera libera, autoproducendomi. Cosi ci recammo a Londra per registrare quello che poi sarebbe stato Verità Nascoste. Ti racconto un episodio divertente di quel capitolo della nostra storia: a Londra lo studio in cui avremmo dovuto registrare era il Nemo Studio del grandissimo Vangelis...lui possedeva praticamente tutte le tastiere disponibili dell'epoca...già da subito purtroppo il gruppo in blocco risenti di problemi creativi, quindi non solamente io...non avevamo mai creato senza l'aiuto di Reverberi...dopo una settimana di lavoro negli studi ,incominciavano già a farsi sentire dalla casa discografica a Milano, e per telefono ci chiedevano quanti pezzi avevamo già scritto...quando noi rispondevamo che in realtà “ stavamo ancora accordando gli strumenti “, loro inevitabilmente si preoccupavano...ricordo un episodio strano: un giorno mentre eravamo in studio, si presentò Vangelis  accompagnato da un signore basso...questi ci salutò, prese posizione al centro dello studio, e in silenzio incominciò a suonare una tromba, per circa 5 – 10 minuti...al termine , ci salutò e sene andò insieme a Vangelis...fra lo stupore generale per un avvenimento apparentemente inspiegabile, io capii che era un modo elegante per farci capire che dovevamo darci una mossa!!!

Un altro episodio curioso fu quando chiedemmo un consiglio a Vangelis su una nota da fare al basso: con il retaggio formale che ci veniva da Reverberi eravamo molto attenti a rispettare l'armonia e quant'altro...Vangelis invece, ci rispose che era assolutamente uguale,che non faceva alcuna differenza! Questo logicamente per farci capire di non formalizzarsi cosi su tali dettagli, di essere più aperti...dopo questo episodio ci siamo liberati, siamo partiti in quarta ed abbiamo fatto il disco in una settimana


E D P – Un disco tra l'altro Tony, piuttosto nuovo per “ Le Orme”, con diverse nuove sfumature...

T P – E' vero...ricordo che piacque molto agli Inglesi...


E D P – Ma facciamo un passo indietro: con Collage le Orme divennero un caso musicale in Italia...

Era il periodo dei primi raduni giovanili...riviste come Ciao 2001...all'estero nomi come  Emerson , Lake and Palmer , gli “ Yes ...da noi i pochi primi gruppi come voi, il  Banco, gli Osanna , i New Trolls...c' era molto fermento. Voi però foste immediatamente catapultati al centro dell'attenzione...l'unica altra band Italiana insieme alla P.F.M.  a fare una versione in Inglese di un disco...quindi il lavoro e l'amicizia con Peter Hammill...le prime  tournè in Inghilterra, a Londra...ecco Tony: come viveste quegl'anni? Vi sentivate spaventati dalla responsabilità per un taleimportanza? Oppure eravate entusiasti e felici?

T P – Ma noi sicuramente eravamo coscienti della nostra situazione, ci comportammo in modo serio. Aldilà di questo però fummo sereni durante tutto il nostro percorso negli anni 70'...il mondo della musica era tranquillo, anche se mi rendo conto che al di fuori di esso la situazione era diversa...I problemi maggiori si sono invece verificati a ridosso degli anni 80'...la nostra ricerca sulla musica classica si è amaramente vanificata,e questo non è stato un danno solo per noi, ma per tutta la musica italiana...


E D P – Certo Tony, ritorneremo su questo aspetto fra poco. Volevo però tornare al quel periodo cosi pieno di fermento che vi ha lanciato: ricordo che in quegl'anni foste fra i primi gruppi di questa nuova musica, a proporre cose nuove, come esibizioni in Licei e Scuole Superiori: fu una scelta deliberata? 

T P – Beh si certo...volevamo fortissimamente farci conoscere, far conoscere questa nuova musica, sopratutto consapevoli di quanto il mondo della musica Italiana fosse ancora chiuso nei nostri confronti e di quelli come noi...ricordo che non potevamo suonare in tutte le città o tutti i teatri che volevamo...quello fu appunto un modo per farci conoscere...


E D P – Ascoltando i dischi da Collage,passando per Uomo di Pezza, il disco dal vivo, Contrappunti , ho rilevato che tu sei il principale compositore dei brani...

T P – Vorrei precisare che per questo aspetto io mi occupavo sopratutto della cura delle parti strumentali, che poi andavano all'esame di Reverberi...Aldo Tagliapietra si occupava prevalentemente della voce,dato che era il cantante...io in più mi dovevo occupare anche dei testi, e all'inizio non rivestivamo di molta importanza quest'aspetto...ci tenevo quindi a precisare che in realtà era piuttosto un lavoro di sinergia...


E D P – Il sound progressive delle Orme aveva quindi in più la melodia, uno dei tratti che vi ha maggiormente contraddistinto rispetto ai vostri contemporanei,specialmente Inglesi...

Questo ha sempre diversificato il prog Italiano...ecco...eravate consapevoli che questo più vi avrebbe consentito maggior presa sul pubblico?

T P – Beh si sicuramente...siamo sempre stati consapevoli che la musica in se è composta da vari elementi...fra questi la melodia è uno di quelli più importanti...


E D P – Partendo proprio da questo elemento che vi ha caratterizzato da sempre, la melodia ,sapresti riconoscere una peculiarità che vi ha sempre caratterizzato? La cosa in più che vi ha permesso di essere quello che siete stati?

T P – Sicuramente lo spazio alla melodia, al ritmo...in definitiva cercavamo di dare la massima cura , precisione e importanza, a tutti gli elementi della nostra musica...


E D P – In questo frangente immagino le prove fossero importantissime...

T P – Si infatti...le prove e la serietà con cui si affrontano...capii subito che era importantissimo poter avere tempo , spazio e totale attenzione alla musica...infatti da subito convinsi il gruppo che era necessario provare tutti insieme senza assilli né  problemi. Cosi ci ritiravamo in un luogo riparato come una villa isolata, e infatti i nostri migliori dischi, Collage e Uomo di Pezza furono registrati in questo modo...


E D P – Ecco Tony...era difficile passare un mese di tempo a stretto contatto con “ altre due orme “ ?

T P – No no...erano tempi belli e si era tutti giovani...certo posso immaginare quale padre che sono oggi, con figli magari anche piccoli, che per Michi e Aldo che all'epoca erano già sposati con figli...ecco posso immaginare che per loro non fosse facile...ma furono coraggiosi e si fidarono di questa mia proposta. Tuttavia poi i successi cominciarono ad arrivare...eravamo richiestissimi dovunque per suonare, Uomo di Pezza vendette molto più degli altri album...


E D P – Ricordiamo per esempio che un disco d'oro dell'epoca valeva centomila copie, non trentacinquemila come oggi...

T P – Si infatti...in quel momento quella ventata di agiatezza faceva già serpeggiare la voglia di interrompere tale dedizione alla causa...simpaticamente parlando cominciavo a sentire negli altri voglia di casa, ecco!


E D P – Al variare dei tempi, si è mantenuta questa identità nel gruppo? Siete sempre riusciti a ad andare d'accordo?

T P – Beh...nel periodo più bello grossi problemi non ce ne furono...purtroppo però verificammo la nostra tenuta morale, come di norma, quando le cose cominciarono ad andare peggio...infatti con il grande passo della musica classica, le vendite un po' diminuirono...

Ritornando però sul discorso del ritiro, io sono consapevole che Michi e Aldo furono grandi ad accettare tali sacrifici, visto che io essendo scapolo ero libero da vincoli e mi divertivo come un matto...avemmo anche la fortuna di avere un tecnico del suono che era per giunta un ottimo cuoco...

Ecco questi sono aneddoti che mi piace raccontare in un mio recente spettacolo: vengo intervistato da un fantomatico giornalista, ed il colloquio è interamente in dialetto veneto...racconto appunto l' episodio di un pollo che, il nostro fonico-cuoco, ci cucinò e ci sfamò per due interi giorni...insomma ci si divertiva!Parafrasando la sigla , “ Sex Drugs and Rock'n'roll “, io dico che per noi invece era “ Sole, Frigo e Cabernet”


E D P – Il periodo inglese successivo alla collaborazione con Hammil, con la versione in inglese di “Felona e Solona” vi ha fortemente influenzato...dopo c'è però un cambiamento di percorso...con “Contrappunti “, mi pare siate andati oltre il progressive...tornati dall' Inghilterra , cosa vi siete detti?

T P – Prima di tutto ti faccio i complimenti per la lettura che hai fatto di “ Contrappunti”...


E D P – Beh molte grazie...

T P – Davvero sei riuscito a capire questo nostro cambiamento, che già portava verso la musica classica...sia dal titolo, sia per l'impegno...non a caso Reverberi rientrò fortemente in questo disco...eravamo convinti di questo percorso, io più di tutti: dovevamo studiare ed impegnarci perchè    la musica strumentale richiede molto più impegno...l'elettronica da questo punto di vista, ti aiuta, perché ti dà la possibilità di creare sempre nuove sonorità ...ma è altrettanto ingannevole...


E D P – Dopo tre dischi fatti nel giro di poco meno di 36 mesi...il successo inglese...dopo tre dischi d'oro...dopo questo, fra la pubblicazione di Contrappunti, e il disco successivo passano ben due anni: un disco molto americano...registrato a Los Angeles, con un chitarrista statunitense...ecco, prima dell'uscita di Smogmagica, cosa accadde quindi in questi due anni, a parte le tournè di routine in giro un po' dovunque?

T P – Beh ci furono dei cambiamenti, come sempre del resto nella storia artistica delle Orme...il fatto appunto, fu però che con Contrappunti ci sorprese la delusione per il calo delle vendite...

Io avevo messo in conto un tale fatto, e personalmente ero anche pronto lo stesso ad andare avanti su tale indirizzo artistico...

Sfortunatamente ci fu chi all'interno del gruppo si preoccupò che tale inversione di tendenza per la band fosse pericolosa...

E D P – Scusa se ti interrompo un attimo Tony...potresti descriverci l'ambiente della tipica casa discografica degli anni 70'?

T P – A beh bellissimo...ampi uffici, tutti sorridenti...era bello ed elettrizante!


E D P – c'era la consapevolezza di avere a che fare con persone che realmente capivano di musica? Ti chiedo questo perché oggi non sia ha più molto questa sensazione...

T P – Mah... finché le cose andavano bene a livello di riscontri generali, la casa discografica verso di noi era ben disposta e ci veniva incontro senza problemi...ricordo addirittura che alcuni album li approvavano a busta chiusa senza neanche ascoltarli. Certo quando decidemmo di cambiare rotta musicale, non solo i problemi si crearono fra di noi nelle Orme, ma anche da parte della casa discografica...


E D P – Se è vero infatti che i problemi all'interno del gruppo si riferivano ai risultati, è  pur vero che comunque il sodalizio con la vostra casa discografica,al di là di questi problemi, si è protratto molto in avanti nel tempo, e sopratutto vi è sempre stata data libera scelta sul da farsi circa il lato artistico...

T P – Si infatti...quindi fino al disco Florian la compagnia ci era rimasta accanto, ma era stata esplicita circa il disaccordo sulle future scelte acustiche...il contratto era quindi in scadenza.

Di conseguenza , viste tutte queste incognite e problemi, Aldo non era più convinto della validità dei progetti futuri, e ci creò numerosi problemi...di fatto possiamo dire che la carriera artistica delle orme terminò li...


E D P – Al di là di questo Tony, nel giro di dieci mesi riusciste lo stesso a pubblicare ben due dischi di seguito...Florian e Piccola Rapsodia dell'Ape...eravate quindi lo stesso molto fecondi, quantitativamente parlando...a cosa fu dovuto questo essere ancora cosi prolifici?

T P – Mah, in realtà questa situazione fu più che altro frutto di coincidenze...

Florian era il disco che avrebbe dovuto formalmente chiudere la nostra storia con la casa discografica...Rapsodia invece fu quasi esclusivamente parto artistico del nostro chitarrista e violinista Germano Serafin...comunque sia eravamo giunti alla fine del nostro percorso, e il clima all'interno della band non era più bello come un tempo...


E D P – Nel frattempo però era cambiato un po' tutto: l'Italia era cambiata, la musica lo stesso...si affacciava il punk e la new wave...la musica si era industrializzata...i sintetizzatori da monofonici , diventarono prima bifonici, poi addirittura polifonici...

Tu invece nel frattempo ti metti a suonare il piano, il glockenspiel, la chitarra acustica , la marimba , il bouzuki...ecco, questo cambiamento si verifico perché avevate colto qualcosa, perché avevate inteso un cambiamento nell'aria?

T P – L'aria di Parigi fu determinante...ci ispirò molto...nell'album Storia o Leggenda , che registrammo appunto nella capitale francese, c'è un brano chiamato “ Il Musicista “, che di fatto è il  testamento artistico della band...nelle parole del testo riflettiamo sulla condizione del musicista girovago, che per inseguire gloria e sogni rinuncia alla tranquillità, e alle proprie radici...il paese di origine, gli affetti, la famiglia...queste furono le riflessioni successive alle esperienze fatte prima in Inghilterra, e poi dopo in America...sogni che ritenevamo quindi già vissuti,e ormai passati...

C'era quindi il bisogno di tornare a casa, di fare qualcosa che fosse davvero nostro...questo ritorno a casa per me era il piano, il clavicembalo, il violino...


E D P – Ecco Tony...che cosa accadde a Los Angeles? Il disco ha un' impronta decisamente positiva...

T P – Iniziò benissimo, perlomeno all' inizio appunto..poi purtroppo anche stavolta la nostalgia per casa si fece forte in tutti noi...dopo la terza volta a Los Angeles venne anche a me tale nostalgia...era tutto troppo diverso, mi sembrava di stare su di un altro pianeta...


E D P – Questo nonostante la presenza di Armando Gallo, vostro “ Oste “ durante il soggiorno americano...

T P – Si beh un po' monotono come oste!!! Fatto sta che comunque quando mi accorsi che la situazione era compromessa da questa nostalgia, fu davvero un brutto momento...questo anche e sopratutto in relazione allo sforzo logistico e organizzativo precedente all'esperienza americana concreta...Portare “Le Orme “ e tutto il resto in America , a quei tempi fu davvero un gran lavoro...devi sapere infatti che per esempio per andare negli Stati Uniti dell'epoca , era necessario fare il visto,che si faceva a Milano. Partivo da Mestre in treno, per poi arrivare a Milano all'ambasciata ,dove tra le altre cose, per ottenere questo permesso, dovevi dichiarare di non essere comunista...questa era la situazione: poi andare in aereo fin laggiù , con tutti gli strumenti...4 italiani, un trevigiano, uno di Murano, uno di Burano, un pescarese...insomma era una bella avventura! Puoi immaginarti quindi che, dopo tutte queste traversie, arrivare laggiù, e dover comporre combattendo con la nostalgia di casa,ecco...fu un grosso problema...non ero me stesso, non potevo dare il meglio...


E D P – Ecco...aveste l'occasione di stringere dei rapporti artistici significativi con la scena musicale di Los Angeles?

T P – No, purtroppo no...eravamo tutti troppo provinciali e chiusi in noi stessi...cercai anche di aprire un po' la creatività all'interno della band, per esempio con l'ingresso di Tolo Marton. A quanto pare questa operazione non dette i frutti sperati...chi salvò la situazione fu senz'altro Reverberi, che dopo un mese ci raggiunse in America e riusci a sistemare la situazione al meglio che poteva...altrimenti sarebbe stato un fallimento...


E D P – Beh comunque un fallimento dorato, no?

T P – Si , perché la canzone “ Amico di Ieri “ è stato uno dei brani più riusciti della intera carriera delle Orme...infatti scelsi proprio Tolo Marton, che oltre ad essere un gran chitarrista, era anche molto bravo a suonare l'armonica...si può dire che  valse la pena di andare in America proprio per registrare “Amico Di Ieri”...


E D P – Si può dire quindi che questo richiudervi in voi stessi, sia stato l'errore più grande di quel momento?

T P – Si infatti...ricordo che il direttore della nostra casa discografica ci disse che ci “ eravamo rinchiusi nella nostra torre d' avorio”...quindi credo di si, compimmo questo sbaglio...


E D P – Hai qualche rimpianto di quelle esperienze internazionali? Credi che avreste potuto fare diversamente e meglio?

T P – Ma credo di no...non eravamo maturi...d'altronde dobbiamo anche accontentarci di quello che abbiamo raccolto, che aldilà di tutto, non mi pare certo poco!


E D P – Torniamo ad oggi: dopo la fine della storia delle “Orme “ , tu hai comunque proseguito nella tua carriera, nella tua ricerca artistica...hai fatto cose molto interessanti ed importanti,come per esempio poco tempo fa un disco con David Jackson...dopo l'esperienza di gruppo, ti saresti aspettato qualcosa di diverso dal mondo della musica?

T P – No, in realtà quello che ho fatto in questi anni è stato assecondare e far crescere i miei desideri creativi, che poi col tempo sono logicamente cresciuti e maturati...spesso è molto meglio avere pazienza ed aspettare che le cose facciano il suo corso...


E D P – Col passare del tempo hai visto avvicinarsi i tuoi traguardi, oppure l'esperienza ti ha portato ad essere più flessibile e meno frenetico?

T P – Mah ti dirò che ormai ho capito che  c'è sempre qualcosa da imparare e da scoprire tutti i giorni...


E D P – Senti...invece dell'esperienza delle Orme, cosa hai conservato?

T P – Ma , innanzitutto la musica delle Orme, che a tutt'oggi suono e apprezzo ancora moltissimo...

Mi piacerebbe invece ristringere la mano di Tagliapietra, rispetto a Michi Dei Rossi col quale dopo vent'anni sono riuscito a scambiare qualche parola...


E D P – Ecco, rispetto a questa questione, volevo proprio porti un quesito: è probabile che l'indole del musicista possa portare a questi contrasti, proprio per il fatto di non voler scendere a compromessi con le proprie idee musicali? Mi ispiro per questo enigma, proprio ad un intervista che ho fatto poco tempo fa con Peter Hammill...

Lui mi ha detto esattamente che per larga parte della sua carriera, fino addirittura ai sessant'anni, ha visto la musica sempre in bianco e nero. E' riuscito a capire che potevano esistere anche delle sfumature solo molto tardi. Ma ormai il rapporto con David Jackson nei Van Der Graaf Generator era ormai compromesso...cosa ne pensi?

T P – Beh...queste sono cose che hanno a che fare con l'interiorità di una persona...io per esempio non giudico Tagliapietra, ma credo che dentro di lui soffra un po' di questa situazione di chiusura, o di alcuni dissapori nati durante il nostro rapporto creativo e di amicizia all'interno del gruppo...

Ecco a me piacerebbe dargli una sincera stretta di mano, non sono assolutamente un tipo che serba rancori...


E D P – Conosci delle storie simili nel mondo della musica?

T P – Mah, leggendo la biografia di Lennon e McCartney ho saputo che quest'ultimo si reco a casa del primo, busso alla porta e , con la chitarra in mano, li propose di suonare...Lennon rimase piuttosto stranito...ecco, io conosco molte persone che quando nella vita decidono di chiudere un rapporto, lo chiudono per sempre...ecco a me questo non piace assolutamente...


E D P – Ecco facciamo proprio un appello a Aldo Tagliapietra...un segno di avvicinamento che spero vorrà raccogliere, sulla base dei valori della musica... Pensi che manchi nel mondo della musica di oggi quella atmosfera di condivisione che viveste negli anni 70'? Per esempio anche il confronto diretto,la discussione con gli stessi fan?

T P – Beh si...sarebbe utile ai giovani di oggi...sopratutto perché hanno tanta confusione in testa, e queste cose potrebbero chiarire loro le idee...


E D P: il Mini Moog e l'organo Hammond che fine hanno fatto?

T P – L'Hammond ce l'ho ancora...è la mia ancora di salvataggio. I Moog invece li ho venduti perché  avevo bisogno di soldi per comprare il pianoforte!


Ernesto De Pascale


(Trascrizione di Lorenzo Davani)

 

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