A melting pot of influences, from John Zorn to the Middle Eastern tradition, bubbled up in an impressive example of jazz-rock made in Naples (Italy)
Da Napoli all'etichetta newyorkese Moonjune, con la quale pubblicano il loro secondo album e primo release su portata più ampia, la storia degli Slivovitz è quella di una band che porta nel mondo la tradizione del migliore jazz-rock italiano.
La loro musica parte dalle radici del jazz-rock e del progressive partenopeo, in cui brillarono nomi come quelli di Osanna e Napoli Centrale, per traghettarle verso contaminazioni nuove, etniche, mediorientali.
Nati a Napoli nel 2001, sono una band tutta italiana di sette elementi con Domenico Angarano al basso, Stefano Costanzo alla batteria, Marcello Giannini alla chitarra, Ludovica Manzo alla voce, Derek Di Perri all'armonica, Pietro Santangelo al sassofono, Riccardo Villari al violino.
Con influenze che vanno dalle esplosioni rumorose alla John Zorn all'ironia Zappiana, dal jazz-rock di Canterbury al jazz più classico, Slivovitz caratterizzano parte della loro musica con l'incursione di elementi mediorientali, kletzmer, gitani (come nel bell'incipit Zorn a Surriento o in Dammi un Besh O).
Arrangiamenti garbati e gusto per la melodia distinguono alcuni dei loro temi migliori, come nella riuscita Né Pesce (legata dal punto di vista del titolo, con un ironico richiamo, alla precedente Né Carne).
Tutti brani originali e altri elementi in linea con la loro napolitanità (suoni caldi, esecuzioni espressive, l'incursione di testi in napoletano) completano il quadro di un ottimo album.
Giulia Nuti
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Zorn a Surriento
Caldo Bagno
Mangiare
Errore di Parallasse
Né Carne
Né Pesce
Dammi Un Besh O
CO2
Sono Tranquillo Eppure Spesso Strillo
Canguri in 5
Tilde
Sig. M. Rappito dal Vento
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