Come scrive il curatore Rocco Pandiani nelle note di copertina, questo è un vero atto d'amore. Per parte nostra possiamo dire che ci voleva, questa A Journey to the Dawn, compilation a cui sono affidati l'onore e l'onere di tracciare l'epopea della Theresa Records, piccola etichetta di Oakland che ha contribuito a mantenere il jazz creativo durante un periodo apparentemente poco fertile come gli anni a cavallo fra i "70 e "80.
L'intento che sottende la raccolta è quello di recuperare una serie di brani che per vent'anni sono rimasti quasi ad esclusivo appannaggio di DJ, collezionisti e appassionati di jazz, operazione non da poco, vista la qualità del materiale, e contemporaneamente mostrare lÕenorme influenza che un suono cos peculiare ha gettato sulla scena dance ed elettronica dei giorni nostri. Ascoltando queste undici selezioni, appare subito chiaro che la Theresa, partendo dalla matrice sonora di un'etichetta come la Impulse, abbia contribuito in maniera determinante allo sviluppo dell'acid jazz, emerso in Inghilterra attorno alla seconda metà degli anni '80. Non è certo un caso se nientemeno che il DJ e conduttore radiofonico Gilles Peterson, uno dei nomi di punta della scena di ieri come di oggi, sia stato chiamato da Pandiani per contribuire alla scelta dei brani. Risultato? Solchi digitali che riportano alla luce un suono radicato sì nel jazz, ma anche rapido nel dirigersi in più direzioni, eterogenee ma mai antitetiche, dal soul alla samba. Si pensi alla rarefatta Soft Breezes, di Joe Bonner, vero epicentro emozionale del disco, o Heart is a Melody of Time di Pharoah Sanders, non difficile da immaginare nelle menti degli Zero 7 durante la scrittura del loro album di debutto, e alla loro perfetta coesistenza con i contraltari groove di Hip Funk, uscito dal sax di Norman Williams, o Pippin, di Ed Kelly & Friend. Ma è Sanders il protagonista, l'uomo da cui part il progetto della Theresa, qui rappresentato con cinque tracce, fra cui la storica You've Got to Have Freedom, vero jazz da ballo ricordato nelle note come il momento definitivo delle serate al Dingwalls, proprio il club londinese dove Peterson iniziò a forgiare la materia acid jazz. Il cerchio si chiude, con un artwork superbo, e ci consegna quella che indubbiamente sarà ricordata fra le migliori ristampe del 2003.
Bernardo Cioci