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Dempsey Broughton – Freehand
(Sae Records)
www.dempseybroughton.com



Joe Broughton from the Albion Band, virtuoso violin player, multi instrumentalist and a real talent in many different kinds of art, and Kevin Dempsey, guitarist, singer and producer (he played with Dando Shaft and Dave Swarbrick) are two masters of English folk music. Il Popolo del Blues publishes the exclusive review of their brand new album , “Freehand”, an eclectic and intriguing work capable to mix together many different influences and styles, from songwriting to English traditional music, wishing to the band to impress the Italian audience with the quality of their music.


Il duo Dempsey – Broughton si è costituito nel 2000 ed ha due dischi all’attivo, ma il beckground dei due singoli musicisti, se pur diverso, ha in entrambi i casi radici ben più profonde.
Joe Broughton, virtuoso violinista, pluristrumentista ed artista nei più diversi campi, ha iniziato giovanissimo la sua carriera. Nato nel 1976, all’età di undici anni ha iniziato a lavorare al circo e nei più diversi spettacoli, e prima del 1992 aveva già sue poesie pubblicate in due libri. Nel 1990 la BBC ha realizzato per la tv per ragazzi un documentario su di lui e sul suo poliedrico talento. Oggi suona con la Albion Band guidata da Ashley Hutchings, e con la sua energia e vitalità è uno dei più promettenti strumentisti della scena folk inglese. Kevin Dempsey, talentuoso chitarrista, cantante e produttore, ha avuto l’onore di suonare con i più prestigiosi musicisti della scena folk inglese, dai Dando Shaft a Dave Swarbrick ( a lungo violinista dei Fairport Convention) , vantando poi collaborazioni con musicisti come Alice Coltrane e Percy Sledge.
Freehand è un eclettico mix di stili e influenze diverse, dai brani più cantautorali come “So Long” e “The Lion” fino a strumentali sia nuovi che tradizionali ( Fen Spring ), che spesso si ispirano al folklore inglese ma lo ricontestualizzano in chiave più moderna e internazionale.
Quasi disorientante la versatilità con cui si passa da un genere all’altro, ma a far da filo conduttore per tutta la durata del disco c’è la vitalità con cui, specialmente nei virtuosi strumentali, i due musicisti affrontano il repertorio. Le parentesi riflessive sono invece riservate in maggioranza ai brani cantati. Il piglio gioioso dei due musicisti si rivela, oltre che dalla loro foto, dal curioso e divertente layout del booklet, un misto fra montaggio digitale e vero e proprio “freehand” (ovvero “a mano libera”) vecchio stile. Per tutti gli appassionati di folk l’invito è quello di cercare questo disco, perché nonostante la specificità e l’ecletticità della proposta, un po’ lontana dai canoni classici, sarà un lavoro capace di impressionare positivamente, specialmente per l’incredibile abilità tecnica di questi due musicisti.

Giulia Nuti


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