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The Derek Trucks Band:
live at the Georgia Theatre, Oct 23rd, 2003
(IRD)
www.derektrucksband.com
Internet-only released live album by youngest ABB’s member shows determination, tightness and consistency. The Derek Trucks Band never sounded so good before!
Nel precedente album solista il giovane Derek, nipote del più celebre Butch, co fondatore degli Allman Brothers Band, oggi anche lui membro della vivente istituzione musicale georgiana, ci indicò due strade: da una parte quella che animava un sincero amore per la vita negli Stati del Sud dell’Unione, e dall’altra un percorso più ardito e spirituale che rimandava a antichi e conosciuti segnali di ispirazione, cosa nota nel modo di pensare di quelli che vivono e hanno vissuto la musica in un certo modo.
In “Live at the Georgia Theatre “ apparentemente acquistabile solo presso il sito di Trucks ma regolarmente distribuito in Italia ed in Europa la band di Derek Trucks mette insieme gli sforzi compiuti fino ad oggi e offre ai suoi fan una visione d’insieme sul proprio stato delle cose.
Quando suona blues il giovane Derek è la cosa più vicina a Duane che vi potrà capitare ascoltare, come in “Leavin’ Trunk “, mentre quando suona musica che vola sulle ali della spiritualità si muove in territori non lontani da quelli di Carlos Santana ai tempi di “Welcome “, “Borboletta”, “Illuminations “ ma senza la “scoppiatura” mentale del messicano di San Francisco.
Il merito è da ascrivere a una buona gestione di gruppo in cui spicca Kofi Burbridge, tastierista, flautista e cantante, vero asso nella manica di Trucks, un secondo cantante, Mike Mattison, e il percussionista Count M’Butu che ben s’ incastra con la ritmica di Todd Smallie e Yonrico Scott, basso e batteria della formazione.
The Derek Trucks ci trascina quindi in questo concerto fiume che non annoia mai ed è sempre animato da un bello spirito di gruppo e da un ottimo groove come quando in coda al primo cd i nostri giocano con “Feel so bad “ con grazia e leggerezza.
Nel secondo dei due cd il gruppo si lascia andare a un suono più “acid “, ballabile, sempre però sostenuto con un certo vigore dagli strumenti. E’ qui che meglio viene fuori la differenza fra la band in studio e sul palco nonostante che la formazione tenti sempre di incidere dischi i più possibili rappresentabili dal vivo dove l’interplay si fa più concretamente sentire.
Si arriva perciò in fondo felici con “Freddie’s Dead “, dalla colonna sonora del film “superfly”, scritta da Curtis Mayfield, e si aspetta un dvd di un concerto dei nostri per gustarsi l’ enviroment generato dalla Derek Trucks Band.
Tredici in tutto i titoli del doppio cd (il secondo è formato da solo cinque tracce) per un totale di centoventi minuti e la sensazione che quello delle jam band sia più che mai un fenomeno a tutto tondo che ha già eletto dei vincitori. Gruppi come i Widespread Panic o la stessa band di Derek, che vive certo sull’onda lunga degli ABB ma sarebbe controproducente dare tutto per scontato!…, sono l’esempio di un marketing differente le cui regole furono dettate tanti anni fa dai Grateful Dead e che sembra alla lunga ripagare chi lo esercita.
Nel bel mezzo del secondo cd il chitarrista ricorda la figura di Sun Ra con “Joyful Noise “e nelle note cita le parole di quello: “…il caos su questo pianeta è dovuto alla musica che i musicisti suonano. Quella che essi sono forzati a suonare da coloro i quali pensano al denaro e non comprendono che la musica è un linguaggio spirituale e rappresenta la popolazione. (Ma) Quando i musicisti sono attratti dal desiderio di suonare qualsiasi genere, quel che suonano va dritto al trono del Creatore dell’Universo, e quello è il modo in cui lui ti guarderà, secondo ciò che suoni. Perché la musica è un linguaggio universale “( Sun Ra al regista Robert Mugge per il film “Sun Ra: a Joyful noise “,1980 ). Un pensiero semplice che rappresenta bene la personalità del geniale musicista che pensava di essere un extraterrestre e che Derek Trucks e il suo gruppo celebra nel modo migliore, interpretando un canto gioioso di speranza, comunione e partecipazione che ben si addice alla filosofia della formazione che mai si era espressa così bene prima.
Ernesto de Pascale
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