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Mark Sandman: Sandbox, Mark Sandman original box
(Kufala/IRD)
www.hi-n-dry.com

I geni si dimenticano presto o almeno si fa di tutto perché, dopo la loro scomparsa, se ne parli il meno possibile. Pensate a Frank Zappa e dite voi se la sua grandezza è giustamente e adeguatamente tenuta in vita ? Questa riflessione vale per Mark Sandman, qui in Europa ed in Italia ricordato per la sua ultima band, i Morphine – la cui discografia era ad appannaggio della lungimirante Rykodisc – ma la cui carriera va ben indietro negli anni fino allo straordinario gruppo voodoo blues d’esordio, Treat Her Right.
Nella sua Boston Mark Sandman è, fortunatamente, ricordato in modo adeguato. Sulla lunga Massachussettess Avenue che unisce la grande città alla universitaria Cambridge si apre Central Square, oggi Mark Sandman Place, proprio lì dove i locali si ammassano gomito a gomito, The Plough & The Stars, The Middle East. Bar, caves e lounges dove Mark risiedeva regolarmente e si continuava a mettere in gioco ogni qual volta tornava in città da lunghe, estenuanti, indecorose e irrispettose tournée che lui sopportava solo perché rappresentavano per lui un preciso significato: la continua ricerca, quella che animò tutta la sua esperienza artistica.
Sandman, indossava a tracollo uno strano strumento, un basso a due corde che suonava come una chitarra slide ma era un musicista preparato che si alternava con competenza fra chitarre, pianoforti e batterie. I “suoi” Morphine erano una band speciale, oscura e profonda la cui eco blues ribatteva i demoni che vivevano nella psiche di Sandman. I Morphine erano e restano una delle migliori band degli anni novanta, unici e modernissimi nella loro minimale scelta ( batterista, baritonista e Mark ).
Questo doppio cd e dvd è la testimonianza della sua intensa vita artistica e del contributo che dette alla musica indipendente americana, un contributo che rischiamo di dimenticare troppo presto. Mark Sandman era un uomo che cercava un posto speciale, basta ascoltarlo nelle sue varie incarnazioni per rendersene conto, che aveva tante cose da raccontare. Tante cose o la stessa: la propria indipendenza, quella cui non rinunciò mai. In nome della quale morì, su un palcoscenico nella sconosciuta per lui Palestrina, Italia, a 48 anni, nel più grande atto d’amore che sapeva offrire agli altri: suonando dal vivo.

Ernesto de Pascale


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