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Bill Rhoades & the Party Kings - Voodoo Lovin’
Bill Rhoades & the Party Kings - Voodoo Lovin’
(White Owl Records )
A no-frills sound reminiscent of garage Blues without retro-antics…Boisterous shuffles propelled by Rhoades harp work… a rock-solid rhythm section outlives mid-tempos fudged by blistering guitar solos… Haunting Blues done the way it ought to be
Se c’era qualche dubbio che il Blues tradizionale, quello senza etichette geografiche, fosse scomparso, l’armonicista-cantante Bill Rhoades e i suoi Re della Festa, fugano qualsiasi incertezza. Quartetto onusto di gloria ed esperienza, gl’altri sono Micheal Osborn alla chitarra, Ton Szell al basso e Johnny Moore alla batteria, danno vita ad un CD dove pezzi classici, ma non necessariamente straconosciuti s’alternano alle composizioni originali di Rhoades. Il risultato è un Blues classico, asciutto, senza connotazioni particolari se non le personalità dei musicisti qui presenti. Già l’iniziale “Waiting and worring” di Rhoades mette in luce un solido impianto sonoro sul quale l’armonica del leader giostra con perizia in un contesto che ricorda il sound sporco delle garage bands. Mentre i testi non si scostano di molto dalla normalità del Blues a base di problemi col sesso, l’alcool e i soldi in ordine sparso, pezzi come “I’m trying” sempre di Rhoades, “Now she’s gone” di J.B. Hutto, mostrano una preferenza per i mid-tempo, con una sezione ritmica rocciosa quanto basta e arrangiamenti pensati per lanciare assoli al calor bianco, come quello di Osborn in un altro eccellente pezzo di Rhoades “Voodoo lovin”.
Il chitarrista Terry Robb, qui anche in veste di produttore, imperversa alla slide in “She moves me” di Muddy Waters, altro mid-tempo, andatura che sembra esser particolarmente congeniale al gruppo. Finalmente una swingante “Kidney Stew” sembra suonata apposta per lasciare le briglie sciolte alla sezione ritmica dove si distingue il batterista Johnny Moore che ha decisamente familiarità con questo stile.
“Sixes and sevens” di Lofton, in un versione avveniristica chiude un disco ampiamente sopra la media, dove i talenti individuali si fondono bene pur mancando ancora qualcosa, forse un cantante vero perchè la voce di Rhoades non é niente di speciale, per sconfinare nell’eccellenza. Comunque un bel disco che vale i soldi spesi nell’acquisto.
Luca Lupoli
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