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Clap your hands say yeah clap your hands say yeah
Clap your hands say yeah Clap your hands say yeah
(V2)
www.clapyourhandssayyeah.com
Another punk-pop band from NYC, another great debut album
Davvero forte questo album di debutto da parte dei newyorkesi Clap Your Hand Say Heah, divertente e graffiante. Un sound personale, anche se figlio di molteplici influenze, che ha fatto scalpore nella scena underground americana. Power pop con amore per le canzoni, ma dall’approccio abbastanza aggressivo, con gran belle chitarre ruggenti ( come nella fortissima “In this home on ice”), spirito indie e rimandi post-punk. Il nome di intoccabili geni come i Talking Heads viene spesso scomodato nelle recensioni dei nuovi gruppi americani, eppure va detto - sono proprio in tanti a ringraziare David Byrne e soci per essere esistiti. Quando si ascolta un brano come “Upon This Tidal Wave of Young Blood”, oppure “Gimme some salt”, in cui il cantante Alec Ounsworth sembra rifarsi a Byrne anche per certe sfumature vocali interpretative, oltre che per il genere musicale, non si può proprio pensare altrimenti. Naturalmente regnano sovrani i cantanti strascicati , sbandati e, perché no, volutamente strani, sui quali si impone un’unica parola d’ordine: ascoltare ad alto volume ! Ciò che differenzia i Clap Your Hands Say Yeah dai colleghi contemporanei ( Arcade Fire, Fiery Furnaces, Architecture in Helsinki) sono arrangiamenti più semplici, più scanzonati. Sui brani più tirati si mette in risalto un approccio più (punk-)rock, più inebriato dalla voglia di suonare, per niente mentale o serioso. Nei brani lenti come “Details of the war”, specialmente sull’inizio, viene voglia di citare anche i Velvet Underground. Probabilmente questa loro ingenuità e naturalezza artistica deriva anche da una rapida apertura dei loro orizzonti, con un album che è nato come autoprodotto e underground e in breve tempo, vuoi il passaparola, vuoi l’arrivo di una distribuzione, si è notevolmente diffuso. Certo è che più si ascolta, nonostante qualcosa musicalmente sia un po’ già sentito, più a questo disco ci si affeziona. Gli alti voti della critica riscossi in America sono davvero meritati.
Giulia Nuti
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